lunedì 31 marzo 2014

Notre Dame de Paris - Victor Hugo

   Questa enigmatica quando brutta immagine di apertura serve per fare presente una cosa ai lettori. Io detesto “Il gobbo di Notre Dame”. E credo che si capisca il perché.
   Sin da bambina, quando ho visto per la prima volta il cartone animato, ho avuto paura di Quasimodo (e vi prego di non ridere, mi facevo intere nottate di incubi con lui). Nel profondo del vostro cuore, potete biasimarmi? Ve la sentite davvero di condannare una povera bimba che, anche se aveva capito il significato intrinseco del cartone animato – la classica storia della “bellezza interiore” – pensava che forse questa volta la Disney aveva un tantino esagerato? Insomma, avevano già stravolto il libro per adattarlo ad un pubblico di bambini, perché non togliere anche quelle braccia da scimmia a Quasimodo? Perché non diminuire un po’ la sua gobba? Perché non fargli un semplice brufolo sull’occhio, piuttosto che quell’affare deforme che glielo copre tutto?
   Be’, a causa di questa terribile fedeltà della Disney all’unico personaggio cui potevano fare del bene, migliorando un pochino il suo aspetto, io sono rimasta traumatizzata. Talmente tanto, in effetti, che quando mi è capitato di trovarmi di fronte ad una vecchia edizione di “Notre Dame de Paris” di Victor Hugo, alla ‘veneranda’ età di ventidue anni, ho pensato che era giunto il momento di esorcizzare i miei demoni.
   C’è chi ha paura dell’altezza, e si mette a fare bungee jumping. Chi soffre di aracnofobia, e si guarda i documentari sugli insetti. Io leggo “Notre Dame de Paris”.
   Se devo essere del tutto sincera, non mi aspettavo che questo libro mi piacesse. In realtà quando l’ho incominciato ho pensato soltanto: «Vediamo che cosa aveva in mente il decerebrato [Hugo] quando ha dato inizio a tutto questo.» Maledicevo Hugo in tutte le lingue a me conosciute, lui e Walt Disney. Poi ho letto il libro.
   E l’ho maledetto più forte. Ma con lo stesso mix di amore e odio con cui si maledice George R. R. Martin.
George Martin, sadico ideatore del "Trono di Spade".
In effetti, vedo somiglianze fisiche fra lui e Hugo.
 
   Una persona che, come me, ricorda il cartone animato e, senza sapere nulla di Hugo e della sua chiara tendenza al cinismo e al tragico, legge il libro, rimane sconvolto. Non giustifichiamolo dicendo che all’epoca era di moda scrivere libri tristi! Vi ricordo che nello stesso periodo Charles Dickens scriveva “Oliver Twist” e “Canto di Natale”, che finiscono a chili di tarallucci e litri di vino!
   Comunque sia, il prologo del libro ci informa che la storia venne ispirata da una parola che l’autore trovò incisa in una delle torri di Notre Dame. Ananke. In greco “necessità” o, più poeticamente – come immagino lo abbia detto Hugo – “destino”, “fato”. Per più di metà libro ci si chiede quando mai Quasimodo, preso dallo sconforto, inciderà quelle lettere nella pietra, ma dopo tanta attesa veniamo smentiti.
   Una delle prime cose che si notano è che il protagonista non è Quasimodo, come vogliono farci credere le migliaia di trasposizioni, bensì Claude Frollo.
   Il personaggio di Frollo è molto diverso da quello che abbiamo oggi nella nostra testa. Tanto per cominciare non è un giudice ma un diacono. Per di più è l’unico che si occupa di Quasimodo, che lo salva da neonato quando questi viene abbandonato dagli zingari suoi genitori, e che gli vuole bene. Quasimodo per parte sua gli è affezionato a sua volta. Le uniche cose che ama sono Claude Frollo e la chiesa di Notre Dame.
   Quasimodo, purtroppo, è ancora più sfigato di come potremmo immaginarlo. Non solo è gobbo e guercio, ma anche storpio (ha una gamba più corta dell’altra) e, a forza di suonar campane, sordo. Per non farci mancare nulla, inoltre, Quasimodo è anche stupido. Oggi diremmo che ha un handicap mentale ma, nel medioevo, si diceva solo che fosse stupido. Quasimodo viene descritto più come un animale che come un uomo. Nonostante Frollo lo abbia accudito, amato, educato, lui rimane preda dei suoi istinti, i suoi ragionamenti sono apparentemente molto semplici e la sua psicologia, come i suoi sentimenti, elementari. L’aggettivo adatto è, appunto, animalesco.
   Per contrapposizione abbiamo Claude Frollo. Un uomo colto, serio, estremamente razionale. Da giovane, entusiasta studente, che però ha dovuto iniziare la sua carriera di diacono alla morte dei genitori per assicurare un futuro al fratello minore – che fra l’altro è per lui una delusione, sia accademica che umana.
   Entrambi questi personaggi si vedono crollare addosso il proprio mondo e le proprie convinzioni. Sono costretti a mettersi in discussione, a rivalutare tutto ciò su cui si sono basati fino a quel momento per vivere. Tutto a causa di Esmeralda. Il più tormentato dei due è, chiaramente, Frollo. Preso da passione irrazionale, incontrollabile, animale, per Esmeralda, è costretto a cedere a questa voglia e tenta più volte di convincere la donna a sposarlo – una volta anche con la forza – per poter giacere con lei. Assieme a questa passione che lui vede come negativa, essendo quella insistente e insaziabile, lo tormentano anche la gelosia e l’invidia. Scorgendo questo cambiamento nel suo maestro Quasimodo si sente confuso, non lo riconosce e inizia a chiedersi se egli sia davvero un uomo buono, come buono è sempre stato con lui.
 
Victor Hugo
 
   Entrambi i personaggi, a modo loro e nella realtà del loro carattere e modo di essere, scoprono di avere diverse sfaccettature. Questa è una delle cose che mi piace di più vedere, nei libri: il grigio. Sono fermamente convinta che le cose non siano bianche o nere, e poterne avere prova anche leggendo è sempre bello. Proprio quando pensiamo di aver inquadrato qualche personaggio ecco che succede qualcosa che ribalta completamente l’immagine che abbiamo di lui!
   Prendendo atto di queste informazioni ci accorgiamo di star entrando in un romanzo molto diverso da quel che ci aspettavamo. E non ho ancora finito con i personaggi principali. Per chi ama Esmeralda e Phoebus, be’… fuggite, sciocchi!
   Esmeralda di per sé non è un personaggio tanto negativo. Diciamo che è solo irrimediabilmente sciocca, e si comporta di conseguenza. Cieca di fronte al fatto che l’unica cosa che Phoebus vuole da lei è la sua verginità, si strugge per lui, gli perdona tutto, lo adula e nemmeno quando scopre che sta per sposarsi con un'altra donna la prende un po’ di stizza. Phoebus è un soldato rozzo, ubriacone, sesso-dipendente e bugiardo. Si capisce subito che questi personaggi non mi piacciono, data la descrizione poco poetica che ne do – a differenza di come mi sono dilungata in sviolinate nella descrizione di Frollo e Quasimodo.
 
   La trama principale è semplice, ma viene arricchita da sottotrame interessanti e avvincenti. Tuttavia, per chi desidera leggere il libro (e ve lo consiglio), non la racconterò qui. Inoltre la forza di questo romanzo, oltre alla capacità narrativa dell’autore, sono i personaggi.
   Non pensavo di potermi affezionare ad un cattivo, ma è così. Mi stavo innamorando di Claude Frollo, e maledicevo Esmeralda perché preferiva lo stupido anche se affascinante Phoebus all’acuto e (quasi sempre) gentile Frollo.

giovedì 13 marzo 2014

Playlist #5

   Ho in serbo ben due recensioni, una di un libro e un’altra di una fanfiction, ma dato che in questi giorni il tempo per mettermi a scrivere scarseggia, ho deciso che intanto posterò un altro piccolo suggerimento per una canzone.
 
   L’altro giorno avevo lasciato la televisione accesa su Coming Soon television (che è qualcosa come il canale 70 o giù di lì) e stavano passando tutti i video dei Queen. Ho lasciato lì per ascoltare un po’ di musica mentre sfaccendavo, e ho scoperto una perla rara.
   Bohemian Rhapsody.
   Lo so, non è una perla rara. Nel senso che è famosissima. Forse una delle canzoni più famose dei Queen. Personalmente, la prima che ascoltai e, inutile dirlo, dal primo ascolto l'ho adorata. Un po' come ho sempre amato Kermit la Rana. Quindi questa versione della canzone, come posso non amarla?
   A voi, Bohemiam Rhapsody coverizzata dai Muppets:
 

giovedì 6 marzo 2014

Daccapo

   Orbene, dato che questo blog si è un po’ arenato e vorrei riprenderlo, meglio ricominciare tutto daccapo, no? No, non nel senso che aprirò un altro blog, ma nel senso che ricomincerò questa nuova epoca con un post simile al primo, quello con il quale ho incominciato.
   Forse questo mi aiuterà a riprenderlo, e mi aiuterà a rimettere ordine nel mio cervellino.
 
   Era tutto iniziato a Luglio del 2009, e le mie paturnie all’epoca erano la separazione dei miei genitori, il relativo trasloco e l’inizio dell’università.
   All’alba poi dell’Agosto, o giù di lì, del 2012 avevo postato le mie nuove paturnie, che si erano trasformate in: ho lasciato l’università, ho trovato un lavoro e ho rotto con il mio fidanzato.
   Ora le paturnie sono ben diverse, non per questo meno importanti o meno tragicomiche.
 
   Be’, intanto vi devo piccoli ragguagli sulla mia vita privata che, se non vi dessi, non ci capireste nulla (tanto lo so che questo buco di blog non lo legge nessuno, ma mi aiuta pensare di avere un pubblico, mi fa sforzare di fare ordine nella mia testa).
   Il lavoro continua, e speriamo che diventi a tempo indeterminato e che con tutta ‘sta maledetta crisi l’azienda non decida di chiudere battenti o che so io. Sto con il mio nuovo fidanzato da più di un anno e – rullo di tamburi (no, non sono incinta, per chi se lo sta chiedendo) –  conviviamo. Da circa sei mesi.
   Che dire? Sono passati volando!
   Mi sono dovuta abituare a nuovi ritmi e, vi dirò, per me che ho sempre pensato che per le faccende di casa, per cucinare, per le cose burocratiche e per tutto quello che non c’entra nulla con il mio piccolo mondo fatato, “tanto c’è la mamma”, è stata una rivelazione.
   Una rivelazione e una bella botta in testa, ammettiamolo.
   Rivelazione perché ho scoperto che, in fondo, non sono poi tanto male a cucinare e a prendermi cura della casa – anche se come mio solito lo faccio a tempi di bradipo, i miei tempi. Botta in testa perché sono passata da “No, non ho voglia di rimettere a posto la mia cameretta, mammina!” a “Devo assolutamente spolverare prima che il boogie-man di pelucchi sotto il letto ci mangi.”
   Insomma, devo dire di essere però abbastanza soddisfatta di come mi sto comportando, riguardo a questo faccenda dell’“uscire di casa”. Inoltre sono felice di averlo fatto in tempi accettabili e presto per gli standard dell’Italia di oggi.
 
   Passiamo ora alle faccende amorose, quelle per le quali ho veramente iniziato questo post.
   Forse dovrei darmi una vera botta in testa a questo punto, perché mi vengono in mente un sacco di idee contrastanti fra loro e senza un filo logico.
   Proverò ad esporle come in un brainstorming. Le elencherò tutte in ordine sparso.
 
   Ho paura che vivendo assieme io e il mio ragazzo diventeremo una di quelle coppie ‘di vecchietti’ per i quali il massimo del brivido è mischiare pop corn e cioccolatini al cinema.
 
Comincio a sentire un certo inquietante interesse per la maternità – e qui il discorso ha diritto di essere sviscerato con più attenzione, ma in un altro post magari, quando mi sentirò più in vena.
 
   Dato quello che ho costruito fin ora ho paura che fra me e il mio fidanzato finisca male. Non so perché, è una paura irrazionale dopotutto, bisticciamo appena e quando succede comunque riusciamo a risolvere la questione.
 
   Ho pensato ad altre cose che mi inquietano in questo senso, ma non ce ne sono. Quindi direi tutto qui. Fra parentesi avevo ragione a pensare che scriverlo mi avrebbe aiutato, in effetti mi fa analizzare le varie questioni in maniera più chiara!