domenica 30 ottobre 2011

Sbrodolina

Buonasera.
Ad essere sincera non so nemmeno come iniziare questo post. Insomma, “What a bored Shinigami can do” è finito. E anche se il risultato che si può facilmente leggere sulla data di pubblicazione indica che sta su EFP da soli tre mesi, in realtà la sua elaborazione è stata molto più ampia. Ho iniziato a scrivere la fanfiction nel Giugno del 2010, e l’ho terminata in Ottobre (di solito non posto fanfiction se non sono già terminate). Poi per vari motivi, più che altro legati al fatto che non mi sentivo in vena di pubblicare né di rivedere la storia, non ho iniziato a pubblicarla se non un anno dopo. Quindi, a ben pensarci, in realtà c’è dietro un lavoro che dura più di un anno! Ma come diavolo ho fatto?
Be’, a parte questo…
“What a bored Shinigami can do” mi ha dato molte soddisfazioni e mi ci sono affezionata. Non perché sia stata una fanfiction particolarmente seguita nel sito o simili (infatti non lo è), ma perché è stata la prima storia che ho fatto leggere a qualcuno che mi conosceva – non un beta reader, non qualche altra persona ‘virtuale’, ma persone con cui entro in contatto tutti i giorni. In particolare il più entusiasta di questa storia è stato mio padre. Ebbene sì, alla veneranda età di quarantasette anni ha scoperto Death Note (tramite me ovviamente) e ha guardato l'anime! Quando gli ho detto che stavo scrivendo una fanfiction sul manga è impazzito e ha cominciato a lamentarsi del fatto che non gli facevo mai leggere niente. Poi la sua follia ha contagiato anche il mio ragazzo e tutti e due mi hanno esasperato talmente tanto che, per non sentirli più blaterare, ho fatto loro leggere la fanfiction. Mi stavo per pentire della mia decisione, perché mio padre – da bravo genitore – non faceva altro che dire quanto fosse spettacolare e mi idolatrava come se fossi Dante, il mi ragazzo al contrario trovava un sacco di errori grammaticali, e io stavo impazzendo. Alla fine, dopo un’iniziale euforia da parte di entrambi, si sono dati una regolata, e hanno iniziato a dare consigli e impressioni meno estremi.
Questa esperienza mi ha aiutato moltissimo a reggere il confronto con una critica che non è come quella del web, per quanto le recensioni degli utenti di EFP mi rendano sempre felicissima e infatti rispondo sempre volentieri a tutti, ma è una critica faccia a faccia, che è diversa, perché leggere le critiche è diverso dal sentirsele spappolare sulla faccia senza preavviso. Sono stata messa di fronte a tante cose riguardo il mio stile, la trama, la storia, le sfaccettature dei personaggi, le situazioni, ho riconosciuto che qualcosa poteva essere migliorato, quindi mi sono rimboccata le maniche e ho ricominciato a scrivere con ancora più decisione.
L’unica nota negativa del tutto è che adesso quei due uomini pare si siano messi d’accordo per tormentarmi con una frase ricorrente: «Oh! Ma quando lo scrivi il primo best seller?».
A parte questo vorrei ringraziare moltissimo tutte le persone che su EFP mi hanno seguita ogni giorno, hanno espresso il loro parere sulla fanfiction o semplicemente hanno letto. Anche voi mi avete spronata a migliorare sempre di più e le vostre parole entusiaste sono quelle che ricordavo ogni volta che rileggevo fino allo sfinimento i capitoli per trovare errori, per rendere la scena ancor più emozionante, e mi chiedevo che cosa ne avreste pensato, se vi sarebbe piaciuto, e non vedevo l'ora di pubblicare!
In definitiva, per terminare l’ennesima pappardella sbrodolante zuccheri come è mio solito, un grazie a tutti, tutti voi che mi avete fatta emozionare solo leggendo la mia storia. Con la speranza di avervi emozionati anch’io, vi saluto per l’ultima volta,
Patrizia

domenica 23 ottobre 2011

What a bored Shinigami can do - Spoiler 17

Spoiler: Capitolo diciassette - Cheers

Alla fine di ogni caso L Lawliet sentiva un senso di spossatezza e smarrimento invaderlo. La spossatezza poteva forse spiegarla come un effetto collaterale dovuto alla mole di lavoro che lo aveva appena investito con la stessa forza di un camion, e alle ore di sonno che anche lui a volte necessitava di recuperare. Quello poteva risolverlo. Ma non lo smarrimento; era un problema del suo cervello, che si perdeva terribilmente nella semplicità della vita quotidiana. [...]
La fine del secondo caso Kira tuttavia fu diverso. Non c’era stanchezza, non c’era perdita ad invaderlo. Più che altro… fremeva. Fremeva di curiosità, di ansia, di voglia di cominciare. Cominciare a scrivere naturalmente.

sabato 22 ottobre 2011

Oh! Oh! Oh!

Ho appena finito di leggere/guardare Kuroshituji, o The Black Butler, come si voglia, si Yana Toboso. Ora, considerando la mia passione per i personaggi cattivi e carismatici, considerando il fatto che mi piacciano i manga un po’ diversi che non parlano solo di scuola o di combattimenti, considerando la figaggine di Sebastian… come possono non essere stata conquistata?! Anzi, rapita. No, se vogliamo essere proprio precisi, rapita e segregata da questo manga! Possibilmente segregata a casa di Ciel Phantomhive, ovvio.

Allora, per prima cosa, per coloro che non hanno letto questo manga, ve lo consiglio caldamente, è divertente ma soprattutto interessantissimo! Iniziando a leggere la storia di fondo, quella del contratto fra Ciel e Sebastian, anche se mi aspettavo che non succedesse tutto subito, certo non mi sarei mai e poi mai immaginata che, mentre aspettiamo di scoprire chi sono gli assassini dei coniugi Phantomhive, le vicende sarebbero state dei gialli. Insomma, tutto, a partire dal caso di Jack lo Squartatore, passando per il Noah’s Ark e l’assassino a Casa Phantomhive, per finire nell’attuale nave da crociera infestata, è assolutamente, assurdamente, irrimediabilmente magnifico!
Sono davvero contentissima di avere iniziato a leggere Kuroshituji perché mi piace un sacco, è innovativo e i personaggi sono molto fascinosi.

Parliamo dei personaggi, che, dopo la storia, sono la cosa più interessante che esiste. Ma ci credete che li adoro tutti? Davvero, non ce n’è uno che non mi piaccia, che mi annoi, che io trovi esagerato, come mi capita invece in molti manga che leggo.
Insomma, alcuni in certi manga sono talmente esagerati da risultare… pacchiani, non saprei come altro definirli. Comunque, più o meno in ordine di preferenza, eccovi una bella scarrellata di immagini:


Sebastian Michaelis. Personalmente, se me lo ritrovassi davanti, farei un contratto con lui solo per tenermelo affianco. Il fatto poi che debba divorare la mia anima… hm, ci penserò a tempo debito.
Comunque Sebastian è il migliore perché è malvagio e carismatico, anche se personalmente a volte credo che l’autrice esageri a farlo essere così perfetto, qualche debolezza anche in lui lo farebbe molto più interessante.
Credo che Ciel cominci a piacergli (non in senso yaoi, non emozioniamoci troppo!), a volte rimane stupito da quello che il suo bocchan dice, lo protegge, lo aiuta anche in compiti che vanno oltre a quelli di demone e di maggiordomo. Indi per cui sono molto curiosa di vedere se fra i due si svilupperà un rapporto più profondo (eventuali yaoiste, vi prego di non leggere qualche doppio sens in questa frase! xD).


Passiamo oltre, a voi Grell Sutcliffe! Non per essere ripetitiva, ma adoro anche lui. Insomma, ve l’ho detto che li amo tutti, sono tutti favolosi. Grell e Sebastian, in particolare, si contendevano il primo posto, ma alla fine ha vinto Sebastian perché è più cattivo, ah ah!
Comunque, mi piace Grell perché è divertente, fa sempre un sacco di scena e mi fa ridere da matti quando ci prova con Sebastian e lui, puntualmente, fa la faccia schifata. Leggendo qua e là ho trovato scritto che Yana Toboso diceva che nonostante l’infatuazione per Sebastian il vero amore di Grell è sempre stato William. Se così fosse mi piacerebbe un sacco, mi vengono in mente un mucchio di fanfiction, ormai il mio cervello ragiona a fanfiction! Si ciba di fanfiction! Oddio, sono malata!


Terzo nella scala delle preferenze c’è, ovviamente, Ciel Phantomhive. Mi piace soprattutto per il suo carattere: generoso, tenero, gentile, magnanimo, e il fatto che tenti di nascondere tutte queste qualità dietro ad una maschera di odiosa e saccente arroganza mi fa impazzire. Anche il suo rapporto con Lizzy mi piace, per quanto lui tenti di nasconderlo in realtà lei gli piace molto, e le vuole bene.



Metto assieme, perché sono inseparabili, il principe Soma e l’adorabile Agni. Divertentissimi e, sinceramente, non mi spiacerebbe fingermi una fanciulla in pericolo per farmi salvare da loro così da doverli opoi spitare! Ancora una volta, la mia mente malefica e geniale colpisce! Seh, come no! xD Comunque, mi piacciono parecchio, soprattutto Soma perché ha paura di Sebastian, ah ah!


In quinta posizione stazionano fermamente, in un blocco unito, tre dei fedeli servi Phantomhive: Meirin, Baldroy e Finny. Sono tutti quanti divertentissimi, terrorizzati da Sebastian e veramente disastrosi, ma nascondono un passato oscuro e abilità incredibili.


Mi ritrovo a parlare di Tanaka in seguito, isolato, perché lui è fortissimo! Cioè… No, non posso descriverlo. Il titolo del post dice già tutto.
Silenzio solenne.


Ora basta silenzio però! Perché il prossimo è Undertaker, il becchino che si nutre di risate. Uh uh uh… Che dire su di lui? Be’, mi piace e basta. Tutto qui, davvero. Mi piace il fatto che si faccia pagare in risate!

Ce ne sono anche altri che mi piacciono, ma meglio non strafare per oggi. Insomma, piuttosto: ho visto l’anime, entrambe le stagioni, e mi hanno fatto veramente schifo. Forse ne parlerò prossimamente, goodbye!
Oh! Oh! Oh!

giovedì 20 ottobre 2011

Nella gabbia dei matti!

Ogni volta che finisco di leggere una fanfiction mi sento irragionevolmente allegra. Come quando si finisce un libro. C’è un po’ di nostalgia e un po’ di allegria, allegria perché ho letto una bella storia, che mi ha appassionata e che ho seguito con emozione, nostalgia perché una volta per tutte dovrò uscire dal quel mondo abilmente costruito che è stato per parecchio tempo nei miei pensieri.
E’ ciò che mi è successo leggendo The Wammy's Hospital, di Luce Lawliet. Come si evince dal titolo, fandom Death Note.

Solitamente non leggo AU, com’è questa fanfiction, perché non sono il mio genere. Tuttavia ho aperto la pagina perché le storie che parlano di sinistri ospedali (soprattutto se psichiatrici come ci anticipa l’introduzione), di misteri e tensioni sono assolutamente il mio genere!
La storia parla di una normalissima ragazza, Lyanne Stoinich, che, per qualche motivo a lei e a noi ignoto, finisce in un ospedale psichiatrico, appunto il Wammy’s Hospital. I personaggi di Death Note compaiono un po’ alla volta, e i ruoli a loro assegnati all’interno della fanfiction calzano a pennello. Già in partenza abbiamo un mistero: chi è Lyanne Stoinich? Qual è la sua storia, perché si è ritrovata in quell’ospedale? Un ospedale, fra l’altro, che sembra avere molti segreti, segreti che qualcuno tenta di celare, ma invece Lyanne, riportandoli a galla, potrebbe riuscire a riscoprire sé stessa e anche cosa succede in quel luogo fuori dal comune.

L’autrice ha uno stile sobrio, niente fronzoli e tutto verità, molto crudo e anche parecchio inquietante delle volte. Questo stile ci accompagna in maniera omogena sino alla fine della storia, narrando i fatti in modo incredibilmente distaccato, nonostante la prima persona, con descrizioni accurate (tanto che in alcuni casi le definirei addirittura splatter) scritte molto bene. Uno stile fondamentale per le sensazioni che l’autrice vuole – e riesce – farci provare.
Con l’andare avanti della lettura c’è solo un crescendo di tensione, le domande diventano sempre di più e sempre più opprimenti, la trama si snoda fino ad un punto critico, un punto che tutti possono percepire come di non ritorno, e la sensazione è quella di essere rinchiusi in una stanza di quesiti che non riescono ad essere risolti, che ci opprimono da tutti i lati. E la voglia di andare avanti a leggere per sapere che succedere cresce di capitolo in capitolo.

Un'altra cosa assolutamente a favore dell'autrice è che si è informata sulla materia da lei trattata, ossia gli ospedali e le malattie psichiche, senza lasciare nulla al caso e senza essere superficiale. In questo modo la storia acquista ancor più senso, più realtà e più dinamicità.

Consiglio vivamente a tutti gli appassionati di Death Note e di storie horror e misteriose, di leggere The Wammy’s Hospital, perché è una storia avvincente, piena di colpi di scena inaspettati, che ti fa rimanere con il fiato sospeso ad ogni nuova, allucinante rivelazione.

domenica 16 ottobre 2011

What a bored Shinigami can do - Spoiler 16

Spoiler: Capitolo sedici - Put out the fire

Ad un tratto un pensiero terribile -un pensiero orrendo- invase Mello, e lo fece tremare di paura. Near non è mai riuscito a dimenticare la sua vecchia vita.
Il dolore alla gola di Mello si era fatto più forte, quello al petto era diventato come un tamburellare sordo, che sarebbe continuato assieme al suo cuore finché non avesse smesso di battere.
Non voleva farsi vedere da Near, sarebbe stata come dargliela vinta ancora una volta… Per questo motivo, quando una lacrima sfuggì agli occhi di Mello, il ragazzo si voltò infastidito per non farsi vedere.





Capitolo decisamente triste il prossimo, sarà dedicato tutto a Near e ad una certa interminabile introspezione che spero non vi annoi ^^

lunedì 10 ottobre 2011

L'arte di sperare

Rispolverando vecchi classici ho trovato un film che avevo visto tempo fa, e che per questo motivo non avevano mai capito a fondo: avevo sì e no tredici anni, capitemi. Il film in questione è “Le ali della libertà” (o, il titolo originale: “The Shawshank redemption”), regia di Frank Darabont, del 1994. A dirla così sembra vecchissimo, ma io già c'ero nel '94 quindi è inutile tirarsela troppo.
Allora, io ricordavo di aver già visto questo film, e sapevo che era molto triste ma aveva un finale parecchio soddisfacente, perciò quando mi hanno proposto di rivederlo mi andava bene. Il problema era che non sapevo veramente che cosa aspettarmi perché non ricordavo assolutamente niente del film, e quel poco che ricordavo era la fine, in particolare la gloriosa scena della fuga, molto, molto bella e che mi riempie di emozioni. Quando avevo visto il film un po’ di anni fa (ed era già considerato abbastanza vecchio in quest’epoca che considera fuori moda un vestito dell’anno prima) non lo avevo capito del tutto. Certi meccanismi, certe scene, certe frasi, e così riguardarlo a distanza di anni, in un’età più consapevole di molte cose, è stato come vederlo per la prima volta.
Oggi non vi risparmierò nemmeno un pezzttino di trama, sia perché questo film l’hanno visto in molti e magari anche qualche lettore l’ha già visto (nel caso contrario guardalo se vuoi sentirti spiritualmente elevato, a me fa questo strano effetto), ma anche perché voglio parlarne.

Siamo negli anni ’40 del 1900 e Andy Dufresne (Tim Robbins), un giovane banchiere, viene accusato di aver assassinato la moglie e il suo amante, con il quale era fuggita. Forse la cosa potrebbe darci meno fastidio se per caso lui fosse davvero colpevole, anche se personalmente credo che una situazione come quella a cui andrà incontro sia orribile a prescindere della colpevolezza di un uomo (che poi uno se lo meriti o meno è un discorso diverso sul quale non mi dilungherò e sul quale non basterebbe scrivere un libro), ma il problema è che noi sappiamo bene che Andy non è affatto colpevole. Sebbene ci siano momenti di tensione nella scena nella quale lui impugna la pistola fuori dalla casa nella quale si trovano moglie e relativo amante, ma poi ci ripensa e noi ci chiediamo come diavolo lo abbiano incastrato.
Il pensiero che quell’uomo innocente, e all’apparenza così fragile – ha un viso che sembra quello di un bambino sgridato dalla mamma, al suo arrivo in carcere – fa venire il magone. Nonostante questo sembra quasi che la prigionia non lo tocchi, ha quella strana aurea di fredda intoccabilità che per un attimo ci fa dubitare che soffra, ma con l’andare avanti dei minuti Andy non può fare a meno di starci simpatico, perché con il suo modo di fare gentile, i suoi sorrisi sinceri e le parole di speranza che ha sempre sulle labbra, be’, non si può non adorarlo. Lui è un uomo di fede, non nel senso religioso, ma nel senso che lui crede che qualcosa cambierà, lui crede nella vita e nella speranza di poter ancora assaporare la libertà. Nonostante tutto quello che ha vissuto, quel che potrebbe accadere da un momento all'altro, nonostante la vita - e la morte - siano sempre dietro l'angolo per lui, Andy è ancora capace di sperare.
Tim Robbins, nel ruolo di Andy Dufresne
Un personaggio che adoro è Red (Morgan Freeman). Lui semplicemente è “i grandi magazzini” di Shawshank. Divertente, realista, amichevole, si definisce l’unico colpevole di quella prigione, e infatti in trent’anni che è lì dentro ha provato più volte a convincere una giuria di periti, avvocati e psicologi che lui è pentito, sempre con la stessa frase: “In tutta onestà, adesso, mi sento un altro uomo”. E probabilmente è vero, in un certo senso, ma è una frase fatta di quelle che le persone che non sanno cosa dire spiattellano fuori senza pensare, e così fa lui ogni dieci anni. Il colmo è che proprio quando dirà esattamente ciò che pensa lo lasceranno andare, ed è una cosa che mi fa impazzire!
Bene, torniamo ad Andy, che era appena entrato nella prigione di Shawshank e subito era stato preso di mira da ‘Le sorelle’, un gruppo di violentatori che prendevano con la forza qualunque persona che rispondesse a chissà quali strani requisiti che avevano nella loro mente psicopatica. Per due anni va avanti così, Andy, con qualche occasionale cazzotto sul quale non dice una parola al riguardo, e che le guardie lasciano tranquillamente correre. Fino a che non succede qualcosa...
Da esperto banchiere che conosce tutti procedimenti burocratici alla perfezione, Andy aiuta una delle guardie a tenersi alcuni soldi che gli sarebbero stati sottratti dallo stato tramite una legalissima scappatoia. Da allora diviene il carcerato che fa la dichiarazione dei redditi a tutti i secondini della prigione, e anche al direttore (Bob Gunton), un uomo avido che lo userà da ora in avanti per truffare la società e guadagnare milioni di dollari. Gli conviene talmente tanto avere Andy Dufresne a fargli i documenti che, quando si presenta l’opportunità per questi di uscire di prigione, il direttore fa uccidere l’unico testimone che avrebbe potuto salvarlo. Andy capisce che non uscirà mai di lì, se non dentro ad una bara o quando ormai sarà un vecchio abituato alle rassicuranti mura della prigione.
Il giorno in cui esce da due mesi in totale isolamento tutto lascia supporre che Andy voglia suicidarsi. Il giorno dopo, quando viene fatto l’appello, Andy è letteralmente scomparso.
Sono passati diciannove anni da quando è arrivato alla prigione, e ci viene rivelato che da allora lui non fa altro che scavare, di notte, un tunnel che lo porta alle tubature delle fogne della prigione. In una notte tempestosa, con una busta di plastica legata alla caviglia, attraversa il tunnel, spacca una delle tubature con una roccia e striscia per 500 metri. Quando esce dalla merda è un uomo libero.
Nessuno lo troverà mai più, ma lui è ricco, grazie ai documenti che ha rubato al direttore e dei quali si è servito per ritirare una grossa somma di denaro. Ha coronato il suo sogno di noleggiare barche in Messico.
L’unico da cui vuole farsi trovare è il suo amico, Red, che dopo anni otterrà di uscire di prigione, e smetterà di avere paura del mondo di fuori, al quale non è più abituato dopo quarant’anni passati dietro le alte mura che lo proteggevano e lo rinchiudevano. E rimarranno loro due, assieme: due uomini liberi.

Morgan Freeman, nel ruolo di Red

Una cosa che sicuramente si nota molto nel film è il dettaglio riguardo agli anni che passano: il trucco è perfetto, gli anni scorrono con naturalezza minuto dopo minuto, e prima che riusciamo a rendercene veramente conto un paio di capelli bianchi sono spuntati non solo al protagonista, ma anche ai secondini.
Altra caratteristica senza la quale questo film non sarebbe stato quel che è, ovviamente la recitazione degli attori. Sapevo già che Morgan Freeman era un maledetto genio, io lo adoro, i suoi ruoli sono sempre divertenti e lui ha uno sguardo diverso per ogni volto che deve far nascere davanti a schermi differenti. Ma non avevo mai visto Tim Robbins prima d'ora e, inutile dire che... ho adorato anche lui. Forse più che lui il suo personaggio, Andy. Per tutto ciò che ho detto prima, e per tutto quel che riusciva a farmi sentire quando faceva quell'espressione da bimbo speranzoso, un po' birichino.
Questo è un film davvero meraviglioso. Credo che tutta la nuda crudeltà alla quale ci sottopone sia, alla fine, necessaria per renderci finalmente più speranzosi poi, con un finale crudo anch’esso, pieno di tensione e risvolti amari, ma bellissimo e indimenticabile.





Per concludere vi allego un video, la mia parte preferita del film (purtroppo l'ho trovata solo in inglese): la fuga di Andy.
Inoltre vi lascio una delle citazioni più belle (ed è stata dura sceglierla, perché ci sono frasi di pura poesia qui dentro, così come cose che fanno sganasciare dalle risate!, anche se è incredibile, lo so):

Sono così eccitato che non riesco a stare seduto, ne a concentrarmi su qualcosa. Credo sia l'emozione che solo un uomo libero può provare. Un uomo libero all'inizio di un lungo viaggio la cui conclusione è incerta.
Spero di farcela ad attraversare il confine. Spero di incontrare il mio amico e stringergli la mano. Spero che il Pacifico sia azzurro come nei miei sogni. Spero. (Red)

domenica 9 ottobre 2011

What a bored Shinigami can do - Spoiler 15

Spoiler : Capitolo quindici - Night is too long

“Noodle?”
“Sì?”
“Se fosse l’ultima notte della tua vita… Noi assieme. Che cosa faresti?” Mello, lo sguardo fisso al soffitto, inghiottì la saliva, temendo di aver osato troppo.
Noodle rimase un attimo in silenzio, poi disse: “La passerei con te”. Si allungò, spense la luce della lampada e cercò le labbra di Mello nel buio.





Spoiler corto oggi, perché il prossimo capitolo parlerà di tutti i personaggi e di come passeranno la notte più lunga della loro vita, per questo non riuscivo a scegliere quale parte mettere sotto spoiler! Da un lato vorrei dirvi tutto subito, dall'altro vorrei lasciarvi in sospeso fino al prossimo capitolo. Miss Indecisione è qui -.-''
Comunque anche il prossimo è un capitolo molto importante, che vede come tutti i personaggi sono cambiati, soprattutto nelle loro azioni. Probabilmente quello che è cambiato più di tutti è Near, e infatti i prossimi capitoli sono incentrati su di lui, così come quello che avete appena letto, Time is precious.
Bah, non so più che dire... non indugiamo oltre, dunque,
addio!

martedì 4 ottobre 2011

Cleptomani, assassini e imbecilli


In un impeto di passione per Rupert Grint sono andata a cercare la sua filmografia, e ho trovato qualcosa di curioso che sembrava divertente, “Wild Target”.
Il primo punto a favore del film è stato di sicuro il cast: oltre a Grint c’erano Bill Nighy, che ho adorato fin da quando ho visto “Love Actually”, Emily Blunt ("Il diavolo veste Prada"), Rupert Everett e Martin Freeman, fra i principali. Insomma, che altro si può chiedere dalla vita? Tutti gli attori principali li adori!, che altro c’è da fare? E' come servire a un affamato un pollo arrosto.

La trama, senza troppe anticipazioni, parla di un assassino cinquantaquattrenne, Victor Maynard (Nighy), che vive da solo, ha delle abitudini rigorose e una madre davvero troppo orgogliosa di lui e anche troppo ficcanaso. L’ultimo dei suoi incarichi è una ragazza di nome Rose (Blunt), che ha truffato un ricco collezionista al mercato nero. Rose è furba, disordinata, agitata, è possibile che soffra di cleptomania -o forse è solo fatta così-, ed è l’opposto di Victor. Fin qui, diciamo che il film è abbastanza prevedibile: due personaggi contrastanti. La ragazza gli sfugge una volta e il cliente decide di chiamare un altro assassino. Per non vedersi scappare l’incarico Victor lo uccide a sangue freddo e con grande precisione ma, dopo una serie di equivoci, si ritroverà guardia del corpo di Rose, si ritroverà un giovane apprendista di nome Tony (Grint) e si ritroverà a dover fare finta di essere un detective privato. Si ritroverà molte gatte da pelare, in pratica, compresa quella rosa che c'è sulla locandina.


Io, sul serio, quando ho visto il trailer mi aspettavo che fosse divertente, ero già preparata a quello che avrei visto. Ma è impossibile prepararsi a qualche cosa del genere! Ho riso fino a spanciarmi per metà film, le battute, le situazioni imbarazzanti, i personaggi! Per l’altra metà sono rimasta abbastanza in tensione. Di tutto il cast metà muore, una parte finisce all’ospedale, e solo una piccola parte sopravvive. Con quel numero di morti incredibile mi stava assalendo il dubbio di un finale triste; morti tutti, sangue ovunque, ultimo poetico sguardo dei due innamorati… Ah!
Non vi dico come finisce.


C’è da dire che una buona parte del film, a parte le risate e la tensione finale, è anche tenero. Ecco, questo non me lo aspettavo.
Forse perché c’è di mezzo una strana storia d’amore, per nulla convenzionale, fatta tutta di litigi (ma quale bella storia non lo è?) e massaggi ai piedi, di gesti gentili non voluti e male interpretati.
O forse per il povero Tony, che delle volte nel suo modo di fare ingenuo e super-impacciato è tenero, e non scontato come molti altri personaggi costruiti su questo modello. E’ molto ben calibrato in quel senso, perché anche se è un personaggio fatto apposta per far ridere e fare tenerezza allo stesso tempo, ha anche il suo, come dire?, lato oscuro. Insomma non è solo quello, c’è dell’altro al di là della sua faccia da pollo, qualcosa che delinea la storia del personaggio e gli dona più di una sfaccettatura sola.
Così come si intende il passato di Viktor, con una famiglia come la sua ci si chiede: questo poveretto che altro avrebbe potuto fare nella vita? Era destinato! E in un certo senso anche costretto, secondo me, a diventare killer professionista (a partire dalle figurine di pistole attaccate sopra la culla). Forse è proprio Viktor l’unico per cui mi dispiace.
Riguardo al personaggio di Emily non ho molto da dire, sembra la solita ragazza un po’ fuori di testa e con una grande voglia di essere libera, che usa per i suoi scopi metodi assolutamente non convenzionali.


L’unica cosa che forse, ad un’analisi più attenta, ho notato e non mi fa impazzire, è che il personaggio di Tony, anche se per molti versi è dissimile da quello ‘canonico’ di Ron Weasley interpretato da Grint, diciamo che un po’ lo ricorda: impacciato, un po’ sciocco delle volte, credulone, fa ridere, dice sempre la cosa giusta per sdrammatizzare. Hmmm… be’ alla fine non è un grosso problema, e il film è piacevolissimo –no, okay, è una figata.

In sintesi, Wild Target è da vedere assolutamente, adatto a tutti (ecco, magari un pubblico maggiore di dodici anni per morti e questioni di sesso) è leggero, non troppo impegnativo ma, vi assicuro, ve lo ricorderete per un po’!

What a bored Shinigami can do - Spoiler 14

Spoiler: Capitolo quattordici - Time is precious

Light sorrise. “Non c’è bisogno di tutta questa formalità. Chiamami pure per nome. Piuttosto, vorrei sapere dove si trova Georgie Jonsson. Il nostro patto diceva che doveva essere qui.”
“In questo momento ci aspetta in macchina.” Mello fece un impercettibile movimento con la mano, tendendo i muscoli e stringendo il pugno destro.
Light alzò le sopracciglia, sorpreso. “Davvero? Non è sano e nemmeno responsabile lasciare un bambino in una macchina da solo per lungo tempo.”
“Veramente non credevamo di metterci molto”, disse Noodle a denti stretti. Non lo dava a vedere, ma fremeva di paura e di rabbia. Se per caso qualche intuizione del detective non fosse stata corretta, allora avrebbe significato la loro morte. Erano stranamente lucidi, pur sapendolo. Ma Mello, Matt e Near si fidavano ciecamente del detective, e tutti e tre lo avevano dimostrato largamente, qualcuno più di qualcun altro. Noodle sperò con tutte le sue forze che L avesse ragione, per poter finalmente vendicare suo padre.
Light sorrise, abbassando lo sguardo. “Infatti”, disse guardando il suo orologio da polso. “Non ci metterete molto, morirete tutti fra sedici minuti esatti.”