Ci sono autori che mi incutono
soggezione, al punto da essere dubbiosa se leggerli o meno. Penso che siano
difficili, che serva una particolare conoscenza per capirli e apprezzarli, e
ogni volta che inizio un loro libro ho paura di non essere all’altezza.
Probabilmente sono intimidita dalle critiche positive ricche di paroloni, o dal
fatto che abbiano vinto premi importanti, o anche dai temi trattati nei loro
romanzi e mi dico, «Sì, adoro leggere, ma lo faccio per svago».
In questo modo ho affrontato Don
DeLillo, con “Zero k”, e ne sono rimasta perplessa e un po’ delusa. Questo era
lo stato d’animo con cui mi sono avvicinata a Ian McEwan, scegliendo un romanzo
la cui trama trovavo interessante, ossia “La ballata di Adam Henry”, credendo
che in questo modo avrei avuto meno difficoltà. Ho cominciato a leggere piena
di dubbi e, in poco tempo, mi sono scoperta totalmente assorbita da questo
libricino sottile.
A voi la trama (completa, quindi
se non volete spoiler non leggete oltre, sciocchi!
Il giudice Fiona Maye lavora alla
Sezione Famiglia dell’Alta Corte Britannica e, per arrivare dov’è adesso, ha
dato tutto. Assieme al marito Jack, docente di lettere all’università, ha
raggiunto una vita stabile e tranquilla, fatta di piccoli riti quotidiani,
tenerezze, una bella cerchia di amici e parenti. Unico cruccio è stato non aver
avuto figli, né essersi decisi per l’adozione, ma per Fiona è ormai un capitolo
sorpassato che torna ogni tanto a farsi sentire, ma mai con decisione.
La narrazione si apre una sera,
nell’appartamento della coppia. La protagonista sorseggia uno scotch, senza
sapere come reagire alla confessione del marito, che le ha appena rivelato di
averla tradita con una donna più giovane. Nel bel mezzo della litigata con
Jack, che le rinfaccia di essersi allontanata e di essere diventata fredda con
lui, Fiona riceve un’urgente telefonata di lavoro.
Il giorno dopo, ancora turbata dalla
situazione a casa, incontra i signori Henry, contro i quali l’ospedale che ha
ricoverato il figlio ha intentato una causa. Adam Henry è malato di leucemia e
solo una trasfusione può salvarlo, tuttavia i genitori la rifiutano in quanto
testimoni di Geova. Fiona ascolta le deposizioni dei genitori, dei membri della
loro chiesa e degli specialisti che hanno in cura il ragazzo, infine decide di
andare a parlare con Adam.
Il giovane che si trova davanti è
fermamente convinto dei precetti della propria fede ed è d’accordo con i
genitori nel non procedere con la trasfusione. Fiona lo ascolta attentamente,
cercando di decidere quanto il ragazzo sia padrone di sé stesso, quanto sia
influenzato dai genitori e dalla propria religione. Adam ha quasi diciotto anni
e il confine fra la sua volontà e la legge che protegge i minori è più labile.
Fiona scorge nel ragazzo un grande entusiasmo per la vita, è intelligente,
brillante, divertente e ha un vero talento per suonare il violino. Si pronuncia
in favore dell’ospedale e Adam Henry ha salva la vita.
Passano i mesi e la situazione di
Jack e Fiona diventa stabile, seppur tesa. Lui ha lasciato l’amante ma non
smette di essere adirato con la moglie per essersi allontanata, mentre la
situazione rende lei ancora più caustica nei suoi confronti. Nel frattempo
Fiona viene a sapere da una lettera di Henry stesso che il ragazzo si è
ripreso, inoltre chiede più volte di incontrarla e le parla dei dubbi che ha
sulla propria fede. Una sera, mentre Fiona partecipa ad una trasferta per
lavoro, il giovane la bracca e la costringe a parlargli, riuscendo a rubarle un
bacio a fior di labbra. Fiona lo carica su un taxi e lo rimanda a casa,
cercando di dimenticare il prima possibile la faccenda.
Qualche mese dopo viene a sapere
che Adam è morto. Ripresentatasi la leucemia il ragazzo ha rifiutato la
trasfusione e non è sopravvissuto. È allora che Fiona si rende conto della
leggerezza che ha usato con lui, rifiutando l’aiuto che egli chiedeva. Confessa
tutto a suo marito Jack, in una serata che li riappacifica e distende
finalmente i loro rapporti, permettendo a entrambi di tornare a capirsi.
Questo libro ha l’onore di essere
l’eccezione che conferma la regola. Invece di fare come mio solito infatti, e
lasciare la trama a metà per farla scoprire ai lettori, l’ho raccontata tutta
senza tralasciare dettagli. Era come se avessi bisogno di farlo per poter
analizzare il romanzo, e quindi ecco qui! Il fatto è che per parlare di “La
ballata di Adam Henry” non si può lasciare la trama a metà, perché è pieno di
emozione dalla prima all’ultima pagina.
Intanto cominciamo con il dire
una cosa, ho trovato angoscioso come Fiona si accorga alla fine, quando è ormai
troppo tardi, di aver rifiutato aiuto al ragazzo. Senza rendersene neanche
conto, ha pensato che Adam si fosse preso una sorta di cotta adolescenziale, ha
messo subito da parte i suoi dubbi riguardo alla religione, senza capire che
quello che lui cercava era un guida, e la stava cercando in lei. I rimpianti di
Fiona sono comprensibili e smuoverebbero un cuore di pietra: se fosse stata più
attenta, se si fosse confidata con
qualcuno e avesse chiesto consiglio, se avesse incontrato il ragazzo o i suoi
genitori, forse lui sarebbe vivo. Invece ha tenuto tutto nascosto e Adam è morto
in quello che sembra un suicidio mascherato dietro convinzioni religiose –
convinzioni che il ragazzo non condivideva più.
E il personaggio di Adam… non ci
sono altre parole, è meraviglioso! McEwan ha dipinto l’età più bella, più
luminosa, in maniera vivida e potente. L’entusiasmo, la scontrosità, le
disperazioni e le gioie che sembrano non avere mai fine durante l’adolescenza,
come se non ci fosse un domani e i ragazzi dovessero rimanere ragazzi per
sempre. Ho adorato Adam Henry, mi ha commossa e mi ha fatto tenerezza, come
pochi personaggi letterari hanno saputo fare.
Oltre a questo il tema della
religione mi ha fatta riflettere molto, ma come al solito non sono arrivata a
nessuna conclusione! Tuttavia mi ha colpita l’immagine dei coniugi Henry, che
combattono per tener fede alle loro convinzioni, d’accordo con loro figlio, ma
piangono di gioia quando il verdetto del giudice lo salva da una morte certa.
Piangono perché non verranno espulsi dalla loro comunità per aver optato per la
trasfusione, ma allo stesso tempo avranno il loro figliolo salvo perché non
possono opporsi alla decisione del tribunale e Adam vivrà. Hanno, come si suol
dire, la botte piena e la moglie ubriaca.
L’immagine della coppia devota
che, pur costretta ad andare contro i suoi principi, ne è felice, mi ha
lasciato destabilizzata. Comprensibilissimo certo, con me poi, che non sono mai
stata credente, si sfonda una porta aperta. Tuttavia mi ha colpita come la fede
e l’amore per i propri cari entri in conflitto, e come esistano persone che
mettono avanti il proprio credo anche alla vita, e non so dire se sia bene o
male.
Per concludere, questo
romanzo da un centinaio di pagine mi ha tirato fuori considerazioni che libri
ben più lunghi non hanno saputo nemmeno stuzzicare! Alla luce di ciò, l’unico
modo in cui mi sento di concludere è dicendo: lo consiglio proprio a tutti.
Sembra una di quelle storie che strizzano lo stomaco... bella, però, e per niente banale. :)
RispondiEliminaSì in effetti mi ha un po' angosciata ad un certo punto, soffrivo per i protagonisti! Però alla fine mi è piaciuta :)
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