Era da parecchio, per fortuna, che non
incappavo in un libro da inserire in questa rubrica. Questo romanzo ha
riportato in auge Carta straccia nel
modo peggiore possibile: avevo grandi aspettative per “Il ristorante degli
amori ritrovati”, pensavo davvero che sarebbe stata un’ottima lettura, una di
quelle che ti scaldano l’animo e ti fanno venire voglia di rimanere a casa, con
la coperta addosso (o un ventilatore, che in questo momento sarebbe più
gradito), un tè caldo in una mano (coca cola ghiacciata) e un libro nell’altra.
Ma mi sbagliavo. Non è quel tipo di
libro. Ma almeno c’è una nota positiva, lo cancellerò dal Kindle e sarò libera
di dimenticarmene.
Ringo è appassionata di cucina e conosce
tutto sia della cucina tradizionale giapponese, perché la nonna le ha insegnato
tutto quello che sa, che di quella etnica, perché ha lavorato in diversi
ristoranti e fatto esperienza.
Il giorno in cui il suo fidanzato scompare,
portandosi via tutte le loro cose, a Ringo non resta altro da fare se non
tornare nel piccolo paese di montagna dal quale proviene. Peccato che lì abiti
ancora sua madre, con la quale non è mai andata d’accordo.
Dopo qualche momento di indecisione
Ringo pensa di mettere a frutto le sue conoscenze in cucina e ristuttura il
granaio della madre per farne un ristorante. Realizzato con materiali di
recupero e deciso a utilizzare i prodotti che la terra può offrire, il
ristorante prende vita e, con il suo menù peculiare, attira molti clienti.
Infatti Ringo decide che Il ristorante lumaca servirà solo un gruppo, una
coppia o un cliente alla volta, per il quale il menù sarà personalizzato a
seconda dell’occasione.
Sembra una coincidenza ma, dopo aver
mangiato al Ristorante lumaca, gli avventori trovano l’amore, riprendono
contatti con qualcuno che credevano di aver perduto, o rimettono in sesto la loro
vita riuscendo infine a lasciarsi alle spalle i dolori passati.
Proprio questo accade alla madre di
Ringo, che ritrova il suo grande amore di quando era ragazza. Scopre però allo
stesso tempo di essere malata e che le restano pochi mesi di vita. Dopo aver
conosciuto meglio sua madre, Ringo si rimbocca le maniche e prepara il menù per
il giorno del suo matrimonio.
La madre di Ringo muore poco dopo e la
ragazza, che serberà nel cuore il suo ricordo, si getta
a capofitto nel suo lavoro al ristorante. Cucinare la rende felice e mangiare
ciò che prepara rende felici gli altri, decide quindi che essere una cuoca sarà
il suo futuro.
Meh…
Che dire? Avevo accennato al fatto di
aver avuto un sacco di speranze per questo romanzo, e infatti è così. È molto
strano perché sono state deluse al massimo ma, allo stesso tempo, non lo sono
state. La storia ha tutte le caratteristiche per essere un gran bella storia,
ma è riuscita a rovinare tutto con un solo elemento: lo stile.
Ito Ogawa |
Ringo passa quattro quinti di libro a
detestare sua madre e, quando scopre che lei è malata, ogni
risentimento passa come per magia. Invece di cogliere
questo momento come un’opportunità per affrontarsi, capirsi, spiegarsi, le due
donne non fanno che guardarsi da lontano e sperare di essere più vicine, cosa
che non accade, ma si comportano come se avessero risolto i problemi che le
separano da sempre.
Ho voluto leggere questo libro perché
parlava di cucinare, di cibo, della bellezza di preparare un buon pasto per le
persone che amiamo, di come il cibo e la cucina siano parte fondamentale di ciò
che siamo. Peccato sembrasse il menù di un ristorante. Volevo immergermi per
qualche attimo nell’atmosfera tranquilla di quando fai lievitare una focaccia e
intanto la casa si riempie dell’odore della pasta, o il vapore della verdura
che si alza quando togli il coperchio e avverti tutto il profumo degli ingredienti freschi,
o ancora il rumore della carne che sfrigola quando la metti sull’olio bollente
e comincia a rilasciare i succhi. Questo intendo io per romanzo che parla di cucina, l'atmosfera magica che si crea quando si cucina con passione e si assaggia (incuranti delle calorie!) un piatto preparato con amore.
L’unica nota positiva sta nell’ambientazione. Siamo in un piccolo paese di montagna perso in
mezzo al Giappone. La vita segue il ritmo della natura e tutto è più
tranquillo, silenzioso, lontano dal caos e dalla fretta irrazionale della
città. Le persone sono più semplici, cortesi, e il paesaggio di cui si può
godere ogni giorno è un regalo.
Conclusione? Non leggetelo.
Davvero,
mi capita raramente di dirlo ma questa è una di quelle volte. Non leggetelo,
perché vedere un romanzo pieno di possibilità rovinato così è ancora peggio di
trovarne uno che ne è completamente privo.
Nonostante le mie critiche pare che in Giappone abbia avuto successo, tanto che ne è stato tratto un film. |
Accidenti, che peccato! Ho adocchiato questo romanzo diverse volte, sarebbe stato uno di quelli che forse avrei preso se l'avessi trovato a pochi euro alle bancarelle. Non è il tipo di storia che prediligo, però poteva essere una di quelle letture più rilassanti per quando si ha voglia di un libro meno impegnativo. E poi adoro la cucina orientale, se l'autrice avesse saputo infonderci quel calore che in poche righe hai saputo trasmettere tu parlando di cucina, poteva essere un bel libro... peccato per l'occasione sprecata e mi dispiace per le tue aspettative deluse!
RispondiEliminaInfatti, è un vero peccato!
EliminaPurtroppo ci sono molti romanzi che hanno delle ottime idee di base ma, nella pratica, sono pessimi. Forse dipende dal fatto che si pubblicano molti più libri di una volta, e ovviamente se si predilige la quantità non tutti possono essere curati alla perfezione. Ma qui ci addentriamo in un terreno poco solido: gli oscuri misteri dell'editoria! xD