martedì 13 giugno 2017

Carta straccia #3: Il ristorante degli amori ritrovati – Ito Ogawa

Era da parecchio, per fortuna, che non incappavo in un libro da inserire in questa rubrica. Questo romanzo ha riportato in auge Carta straccia nel modo peggiore possibile: avevo grandi aspettative per “Il ristorante degli amori ritrovati”, pensavo davvero che sarebbe stata un’ottima lettura, una di quelle che ti scaldano l’animo e ti fanno venire voglia di rimanere a casa, con la coperta addosso (o un ventilatore, che in questo momento sarebbe più gradito), un tè caldo in una mano (coca cola ghiacciata) e un libro nell’altra.
Ma mi sbagliavo. Non è quel tipo di libro. Ma almeno c’è una nota positiva, lo cancellerò dal Kindle e sarò libera di dimenticarmene.

Ringo è appassionata di cucina e conosce tutto sia della cucina tradizionale giapponese, perché la nonna le ha insegnato tutto quello che sa, che di quella etnica, perché ha lavorato in diversi ristoranti e fatto esperienza.
Il giorno in cui il suo fidanzato scompare, portandosi via tutte le loro cose, a Ringo non resta altro da fare se non tornare nel piccolo paese di montagna dal quale proviene. Peccato che lì abiti ancora sua madre, con la quale non è mai andata d’accordo.
Dopo qualche momento di indecisione Ringo pensa di mettere a frutto le sue conoscenze in cucina e ristuttura il granaio della madre per farne un ristorante. Realizzato con materiali di recupero e deciso a utilizzare i prodotti che la terra può offrire, il ristorante prende vita e, con il suo menù peculiare, attira molti clienti. Infatti Ringo decide che Il ristorante lumaca servirà solo un gruppo, una coppia o un cliente alla volta, per il quale il menù sarà personalizzato a seconda dell’occasione.
Sembra una coincidenza ma, dopo aver mangiato al Ristorante lumaca, gli avventori trovano l’amore, riprendono contatti con qualcuno che credevano di aver perduto, o rimettono in sesto la loro vita riuscendo infine a lasciarsi alle spalle i dolori passati.
Proprio questo accade alla madre di Ringo, che ritrova il suo grande amore di quando era ragazza. Scopre però allo stesso tempo di essere malata e che le restano pochi mesi di vita. Dopo aver conosciuto meglio sua madre, Ringo si rimbocca le maniche e prepara il menù per il giorno del suo matrimonio.
La madre di Ringo muore poco dopo e la ragazza, che serberà nel cuore il suo ricordo, si getta a capofitto nel suo lavoro al ristorante. Cucinare la rende felice e mangiare ciò che prepara rende felici gli altri, decide quindi che essere una cuoca sarà il suo futuro.

Meh…
Che dire? Avevo accennato al fatto di aver avuto un sacco di speranze per questo romanzo, e infatti è così. È molto strano perché sono state deluse al massimo ma, allo stesso tempo, non lo sono state. La storia ha tutte le caratteristiche per essere un gran bella storia, ma è riuscita a rovinare tutto con un solo elemento: lo stile.
Ito Ogawa
Non mi sono informata sull’autrice ma forse si tratta di un’esordiente. Il fatto è che sembra di leggere un esordiente, si capisce che è un esordiente e, se non lo è, allora è nei guai. Ogni cosa si svolge troppo in fretta e con troppa facilità. Non c’è una vera e propria trama, non ci sono problematiche che i protagonisti affrontano, il pettine non giunge mai al fantomatico nodo (forse alla fine, con la notiza della morte imminente della madre, ma il tutto nelle ultime venti o trenta pagine). Sembra un resoconto dei fatti, per di più stilato da una persona rancorosa e superba.
Ringo passa quattro quinti di libro a detestare sua madre e, quando scopre che lei è malata, ogni risentimento passa come per magia. Invece di cogliere questo momento come un’opportunità per affrontarsi, capirsi, spiegarsi, le due donne non fanno che guardarsi da lontano e sperare di essere più vicine, cosa che non accade, ma si comportano come se avessero risolto i problemi che le separano da sempre.
Ho voluto leggere questo libro perché parlava di cucinare, di cibo, della bellezza di preparare un buon pasto per le persone che amiamo, di come il cibo e la cucina siano parte fondamentale di ciò che siamo. Peccato sembrasse il menù di un ristorante. Volevo immergermi per qualche attimo nell’atmosfera tranquilla di quando fai lievitare una focaccia e intanto la casa si riempie dell’odore della pasta, o il vapore della verdura che si alza quando togli il coperchio e avverti tutto il profumo degli ingredienti freschi, o ancora il rumore della carne che sfrigola quando la metti sull’olio bollente e comincia a rilasciare i succhi. Questo intendo io per romanzo che parla di cucina, l'atmosfera magica che si crea quando si cucina con passione e si assaggia (incuranti delle calorie!) un piatto preparato con amore.
L’unica nota positiva sta nell’ambientazione. Siamo in un piccolo paese di montagna perso in mezzo al Giappone. La vita segue il ritmo della natura e tutto è più tranquillo, silenzioso, lontano dal caos e dalla fretta irrazionale della città. Le persone sono più semplici, cortesi, e il paesaggio di cui si può godere ogni giorno è un regalo.

Conclusione? Non leggetelo.
Davvero, mi capita raramente di dirlo ma questa è una di quelle volte. Non leggetelo, perché vedere un romanzo pieno di possibilità rovinato così è ancora peggio di trovarne uno che ne è completamente privo.

Nonostante le mie critiche pare che in Giappone abbia avuto successo,
tanto che ne è stato tratto un film.

2 commenti:

  1. Accidenti, che peccato! Ho adocchiato questo romanzo diverse volte, sarebbe stato uno di quelli che forse avrei preso se l'avessi trovato a pochi euro alle bancarelle. Non è il tipo di storia che prediligo, però poteva essere una di quelle letture più rilassanti per quando si ha voglia di un libro meno impegnativo. E poi adoro la cucina orientale, se l'autrice avesse saputo infonderci quel calore che in poche righe hai saputo trasmettere tu parlando di cucina, poteva essere un bel libro... peccato per l'occasione sprecata e mi dispiace per le tue aspettative deluse!

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    1. Infatti, è un vero peccato!
      Purtroppo ci sono molti romanzi che hanno delle ottime idee di base ma, nella pratica, sono pessimi. Forse dipende dal fatto che si pubblicano molti più libri di una volta, e ovviamente se si predilige la quantità non tutti possono essere curati alla perfezione. Ma qui ci addentriamo in un terreno poco solido: gli oscuri misteri dell'editoria! xD

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