martedì 5 aprile 2011

Giù in piazza

Finito un altro libro per l'università, sono ancora qui a dare la mia opinione.
A dire la verità ho saltato una lettura (L'Orlando furioso di Ariosto) perchè per me leggerla è stato piacevole ma terribilmente estenuante, quindi ho relegato nell'oblio quel libro -oltretutto devo ancora finire di leggere qualche canto che mi ero riservata per ultimo-.

Dal trecento più dantesco che mai faccio un enorme salto fino al settecento, e passiamo ad un genere che avevo letto solo una volta prima nella vita: il teatro.
Teatro. Settecento. Di chi potremo mai parlare? Ovviamente di Carlo Goldoni. Siccome La locandiera e la sua protagonista, Mirandolina, non mi sono mai state particolarmente simpatiche, ho scelto di leggere La bottega del caffè, e non mi sono affatto pentita della mia scelta.
E' stato bella immaginare come poteva essere interpretata da un attore sul palco ogni frase, immagino che se fossi stata sola in casa avrei provato a leggere ad alta voce e con intonazioni che avrebbero fatto ridere i polli, ma siccome ho letto il libro durante il viaggio Roma-Milano in compagnia di altre tre persone, stretti in una panda, ho pensato che non era il caso di disturbarli.
L'ambientazione dell'opera mi è piaciuta molto, immaginare che tutto si concentrasse in una piccola piazza Veneziana con tre botteghe una affianco all'altra è molto bello, dà un'idea di movimento in città, di fermento.
La trama, che all'inizio sembrava semplicemente la volontà di Ridolfo a redimere il mercante Eugenio, solo alla fine si fa più complicata e c'è molta azione (per quanto ora mi sembri strano parlare di azione in una commedia di centinaia di anni fa). Solo alla fine la storia prende una svolta decisiva e aumenta il ritmo e, fra tanti piccoli messaggi che vuole dare l'autore, il più importante si coglie solo alla fine. C'è quasi una sorta di soddisfazione nel vedere il signore Napoletano, Don Marzio, che finalmente la paga per la sua lingua lunga.
Credo che in questa commedia le donne abbiano un ruolo diverso dal solito, influiscono molto sulla trama e sono personaggi positivi, sebbene di loro gli uomini facciamo sempre qualche battuta che può essere sgradita per noi oggi.
Leggere in quella lingua che si riconosce come italiano ma che fa uso di certe parole particolari che oggi sono mutate è stato molto diverente. Oltretutto non è difficile capire il significato delle parole e il senso delle frasi, anche per chi non avesse molta esperienza in classici del teatro dell'epoca.
Insomma è una lettura scorrevole, apparentemente solo per chi vuole prendersi una pausa di un paio d'ore, ma chi è attento riesce a cogliere velate polemiche alla società dell'epoca e aperti insegnamenti morali universali.


Nessun commento:

Posta un commento

Ogni commento sarà bene accetto!
Grazie dell'attenzione e del tempo dedicatovi.