venerdì 18 agosto 2017

Penna alla mano #5: Scrivere di getto o pianificare?

Da un po’ volevo scrivere questo post, solo che non ero sicura se affrontare l’argomento. Oltre ad essere dibattuto è anche molto comune e non volevo scrivere l’ennesimo post sullo stesso argomento.
Ho letto spesso articoli che si chiedevano quale fosse il metodo migliore per ideare la trama di un romanzo, se progettarla tutta prima o andare avanti a ispirazione senza un progetto. Ogni autore ha un’opinione diversa in merito, ma penso che tutti ci possiamo trovare d’accordo nel dire che questa è una di quelle cose che cambia di persona in persona. Il metodo che per me è perfetto per qualcun altro può essere un totale fallimento, e viceversa.
Con i racconti brevi è semplice, la trama è poca ed è logico conoscere sin dall’inizio la fine della storia. Un romanzo richiede qualche riflessione in più sulla trama.
Quando ho scritto la mia prima storia lunga sono andata un po’ a tentoni, ma in seguito ho provato altri metodi. Mi sono resa conto che il primo, che avevo adottato per pura inesperienza, era quello che più si confaceva al mio modo di scrivere, anche se necessitava di qualche aggiustatina.

Le mie storie nascono sempre da un’idea che, molto spesso, si può riassumere in una domanda. Ad esempio mi chiedo cose come: “Che succederebbe se le nostre ombre prendessero vita?” o “E se in realtà oltre questa nebbia fittissima non ci fosse nulla? Se scendessi dall’auto e mi ritrovassi su un baratro nello spazio?”. Non penso mai che vorrei scrivere una storia di fantascienza o d’amore, o con uno stile predefinito, l’idea è sempre ridotta all’osso ed è un punto di partenza vago, da cui potrebbe nascere qualsiasi cosa.
Con queste premesse l’inizio della trama è facile da scrivere, è la necessità di ricreare un mondo o una situazione in particolare, mettere in gioco dei personaggi che possano sviluppare la problematica che mi ha interessato. In principio so che cosa deve succedere e come voglio che succeda, la maggior parte sono scene atte a inserire il lettore nella storia, a fargli conoscere i protagonisti, quindi ciò che accade non è ancora lo svolgimento centrale ma un preludio ad esso, un cominciare a intrecciare i fili, con una trama che si scorge appena.
Programmo la trama, infatti inizio a scrivere solo dopo aver messo giù qualche riga a mano su cosa voglio che accada, come voglio i personaggi e i punti fermi del romanzo, quelli su cui la storia poggia le sue basi (ossia la fatidica domanda che mi pongo prima di iniziare a scrivere). In questa fase non ho una fine del romanzo, se è per questo neanche una metà, ho ben delineato l’inizio.
Da qui inizia il lavoro più difficile, ma anche il più divertente.
Scrivo questa prima parte e so che più andrò avanti più le cose si complicheranno. Cominciano ad esserci dei vincoli nella storia, i personaggi hanno delle leve che li fanno muovere in questa o in quell’altra direzione. Devo inventare la trama in base a tutto ciò e ho dei punti fermi che ho bisogno mantenere. In questo lasso di tempo, mentre scrivo la prima parte di storia, di solito mi sono già venute in mente nuove idee su come farla continuare. A volte è un processo naturale, i personaggi hanno fatto delle scelte e ciò che segue sono le conseguenze di queste, oppure mi viene in mente qualcosa da aggiungere alla storia che darà una svolta alla trama, altre volte devo cercare la soluzione pensando a varie alternative, cercando un modo per cavare i protagonisti dallo stallo.
Dopo aver scritto l’inizio scorgo la continuazione ben chiara, ma solo a breve termine, mentre ho una vaga idea della direzione. In effetti è un po’ come guidare con la nebbia, vedi la strada subito davanti a te e sai che a cinque metri c’è un dosso, intravedi un semaforo, ma dopo? Lo scopri andando avanti.
Quando scrivo da un po’ capisco di che tipo di storia si tratta, se deve avere un finale felice, o triste, o amaro (spoiler: con me felice del tutto quasi mai, se non ci scappa il morto c’è almeno qualcosa di brutto con cui i protagonisti devono imparare a convivere, e comunque di morti ce ne sono già stati in precedenza). Il finale nel dettaglio lo scopro come il resto della trama, scrivendo, ma sapevo già di voler arrivare a quel punto. Ancora una volta mi viene utile il paragone della nebbia: conosco la meta, ma non la strada.


Ora, a voi: come scrivete la trama dei vostri romanzi? La programmate tutta in anticipo e dopo iniziate a scrivere? Oppure vi lasciate ispirare dalle sensazioni del momento? Siete un po’ simili a me, e la programmate poco alla volta? O avete ancora un altro metodo?

3 commenti:

  1. Per scrivere ho bisogno di pianificare, questo è sicuro. Di solito faccio una scaletta di massima, che poi aggiorno per la via, quando i personaggi suggeriscono altri sviluppi; però mantengo la direzione, perché il finale ce l'ho sempre in mente dall'inizio. Non saprei come far finire la palla in buca, sennò. ;) Però adesso pianifico meno che in passato. Credo che ognuno abbia non solo un metodo giusto per lui, ma diverse varianti di quel metodo che si adattano a momenti diversi. Questo non è male, perché aiuta a sperimentare.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Beata te che il finale lo sai già!
      Io so la direzione ma il finale solo vagamente, man mano che vado avanti vedo che cosa mi suggerisce il tono che ha preso la storia e anche i personaggi che vanno formandosi possono influire moltissimo sugli sviluppi :)

      Elimina
    2. Non è mica detto che sia un vantaggio conoscere il finale; bene o male sono briglie alla storia. Certe volte però non è questione di seguire un metodo, quanto di trovarsene uno addosso e cercare di individuare la logica. Il finale mi viene in mente subito, e dopo proprio non riesco a scrollarmelo di dosso, come i nomi dei personaggi (salvo rare eccezioni).

      Elimina

Ogni commento sarà bene accetto!
Grazie dell'attenzione e del tempo dedicatovi.