lunedì 25 settembre 2017

Igiene dell'assassino - Amélie Nothomb

Ogni tanto decido di cambiare la citazione di inizio colonna, a sinistra del blog. Perlopiù sono frasi che hanno a che vedere con l’argomento principale del blog, quindi scrittura, libri, lettura e tutto ciò che vi ruota attorno.
Non appena ho iniziato a leggere questo libricino di poche pagine, qualche settimana fa, ho pensato subito che avrei trovato delle citazioni che potevo utilizzare, e in effetti non si è smentito. “Igiene dell’assassino”, di Amélie Nothomb, regala perle che valgono la citazione, e inoltre ve ne sono parecchie collegate all’argomento del blog, essendo uno dei protagonisti uno scrittore. Ma a inizio lettura non potevo indovinare quanto sgomento e malessere avrei provato leggendolo. E nemmeno quante risate mi sarei fatta, almeno fino ad un certo punto.

 L’autore premio nobel Pretextat Tach ha ancora un mese di vita e, in barba all’odio che prova per il mondo e il genere umano, ha deciso di concedere la sua prima intervista in una carriera durata almeno sessant’anni.
Il vecchio intimidisce già prima di incontrarlo, si tratta infatti di uno scrittore di grande fama e di una figura tanto lontana dai riflettori, tanto peculiare, che nessuno sa cosa aspettarsi. A prima vista si rimane sconvolti. Pretextat Tach è talmente obeso che per muoversi ha bisogno di una sedia a rotelle, è calvo, ma ha la pelle liscia, luminosa e morbida come quella di un neonato. L’incanto si spezza quando apre bocca.
Il divertimento unico dell’autore sembra essere quello di ridicolizzare i giornalisti che vogliono intervistarlo. Li sciocca con descrizioni dettagliate della sua dieta malsana e rivoltante, ribalta le loro stesse parole ingannandoli con la sua dialettica raffinata, allenata da anni di scrittura, li deride sottilmente e rende vano ogni tentativo di avere una conversazione logica. Almeno fino a che non arriva l’ultimo giornalista.
La giovane donna che comincia l’intervista a Tach prende in mano la situazione immediatamente, avendo intuito che il vecchio non ha la minima intenzione di essere intervistato, piuttosto desidera un passatempo crudele. Una volta messo in chiaro che lei non è lì per intervistarlo la giornalista gli svela il vero motivo per cui ha voluto incontrarlo: ha scoperto il suo segreto più grande, rivelato al mondo intero e quindi automaticamente celato nel migliore dei modi, e ha intenzione di farglielo confessare.

Mentre stavo scrivendo la trama ragionavo sul fatto di raccontarvi o meno svolgimento e finale ma poi, per rimanere fedele al mio principio di far scoprire i bei libri ai lettori, ho deciso di tacere. Per la prima volta ammetto che è stato difficile, perché vorrei parlarvi di molti degli aspetti di questo romanzo, che mi ha stupita e a tratti angustiata.
Il romanzo è quasi del tutto dialogato. Pochissime descrizioni, quasi tutte per inframmezzare il discorso e descrivere i movimenti dei protagonisti, o il loro tono di voce. Non c’è introspezione dei personaggi, ma questi si descrivono da soli, parlando. Così sembra proprio di conoscerli come si conosce una persona nella realtà: parlandole. Una persona ci può nascondere i suoi veri pensieri, si può tradire con certe espressioni, che valutiamo in base a cosa dice e come lo dice, e qui sta la forza del dialogo. Da questo punto di vista trovo che la Nothomb abbia fatto un lavoro eccellente. Non è facile far intendere la natura di un personaggio lasciando allo stesso la propria descrizione e solo con dei dialoghi, soprattutto se è un personaggio eclettico, ma lei ce l’ha fatta.
Ciò che ho preferito del romanzo è stato il lessico. Alto, ricercato, oscuro. Mi è capitato persino di dover usare il dizionario qualche volta, e ho l’impressione che l’autrice abbia scelto apposta vocaboli desueti o molto precisi, un po’ per caratterizzare il personaggio, un po’ per arricchire la storia e costringere il lettore all’attenti. Infatti si deve seguire con attenzione ogni passaggio per poterlo comprendere, ogni frase è un capolavoro di complessità grammaticale. Leggere questo libro è stato un piacere anche perché ogni singola virgola sembrava ponderata, ogni parola soppesata e ogni frase piena, ricca, essenziale in ogni sua particella. Mi viene in mente una citazione di “L’eleganza del riccio” di Muriel Barbery, che mi è sempre piaciuta:
Io credo che la grammatica sia una via d’accesso alla bellezza. Quando parliamo, quando leggiamo o quando scriviamo, ci rendiamo conto se abbiamo scritto o stiamo leggendo una bella frase. Siamo capaci di riconoscere una bella espressione o uno stile elegante. Ma quando si fa grammatica, si accede a un’altra dimensione della bellezza della lingua. Fare grammatica serve a sezionarla, guardare come è fatta, vederla nuda, in un certo senso. Ed è una cosa meravigliosa, perché pensiamo: “Ma guarda un po’ che roba, guarda un po’ com’è fatta bene! Quanto è solida, ingegnosa, acuta!”
Questo è, grossomodo, quello che ho pensato lungo tutta la lettura di “Igiene dell’assassino”.
 
L'autrice, Amélie Nothomb

Ma non c’è solo forma in questo libro, c’è anche una storia agghiacciante dietro. Il protagonista narra di una situazione inverosimile, quasi fantastica tanto è irreale, che suscita disgusto e quella morbosa curiosità di cui, chi più chi meno, tutti siamo dotati e che forse è insita nel genere umano. Il finale lascia interdetti, personalmente non l’ho apprezzato perché mi è parso cinico. Tuttavia ammetto che è d’effetto, coglie impreparati e lascia di stucco.
Altra cosa che mi ha stupita è che questo è il primo romanzo della Nothomb, pubblicato nel 1992 quando aveva solo ventisei anni.


Che altro dire di “Igiene dell’assassino”? Solo che vale la pena leggerlo, perché nessuna descrizione, recensione, riassunto, commento, potrebbe mai spiegare l’ingegnosa astuzia di questo libro, che cattura sin dalle prime pagine e non molla neanche una volta finito.

4 commenti:

  1. Risposte
    1. Sono contenta!
      In effetti credo sia da un po' che non scrivevo una recensione così appassionata xD

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  2. Amelie Nothomb deve essere folle! Dico "deve" perché è un'autrice che mi è sempre stata consigliata – soprattutto per il suo legame con il Giappone –, che da tempo immemore ho in wishlist, ma che non sono ancora riuscita a leggere. Con la tua recensione però mi hai ancora di più incuriosita, quasi quasi alla prossima capatina dal Libraccio ci faccio un pensierino...

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    1. Dopo aver letto questo libro credo che la tua idea riguardo alla sua follia sarà ancor più precisa xD
      A parte questo, anche io ne avevo sempre sentito parlare, e alla fine sono contenta di aver deciso di leggerla, ne è valsa la pena. Penso proprio che non sarà l'ultima volta!

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