Ci sono molti lettori che amano le sfide
di lettura. Ad esempio leggere cento libri in un anno, o leggere almeno un
classico al mese, cose così. Io ogni tanto vengo tentata dalle sfide più
originali, come leggere libri i cui titoli inizino ognuno con una lettera
diversa dell’alfabeto, oppure con copertine colorate a formare poi, impilati, l’arcobaleno.
Alla fine però non lo faccio mai.
Perché?
Alcune di queste sfide sono senza dubbio
carine e sono, alla fin fine, un pretesto per leggere e basta. Ho deciso che
non mi piacciono perché, di nome e di fatto, trasformano la lettura in una
gara. Sappiamo tutti che non succede nulla se ‘perdiamo’, al massimo
riproveremo in seguito, ma la sola idea di trasformare qualcosa di così
personale in una gara che prevede vincitrice la quantità e non la qualità
mi disturba profondamente.
Spero di non tirarmi addosso l’odio
degli amanti delle sfide, perché questa è solamente un’opinione personale e non
tutte le challenges letterarie sono dello stesso tipo. So bene che la sfida è
con sé stessi e non serve a dimostrare agli altri che leggiamo tantissimo. O
almeno dovrebbe essere così.
Quando la sfida diventa meramente
numerica, tuttavia, credo che prenda una piega negativa. Quando un libro viene
terminato e messo da parte pensando, “Ecco, meno uno alla meta”, allora mi
infastidisce. Perché non dovrebbe essere una gara, se lo consideriamo una gara
mettiamo tutti i libri sullo stesso piano, sia quelli leggeri che si leggono in
un pomeriggio che quelli che ci fanno riflettere o ci lasciano qualcosa.
Va bene che esistano libri leggeri, lo
sostengo ora e l’ho sempre sostenuto, ma devono essere considerati per quello
che sono e non usati come ennesimo mattoncino per la nostra sfida di lettura. C’è
una sorta di buonismo, spesso, che ci fa mettere tutto alla pari, sulla stessa
linea – per rispettare tutti, eh! –, quando invece fare delle differenze in
questo caso è giusto. Se non lo facciamo alla fine ci ritroveremo un muro
enorme fatto di libri che abbiamo letto e subito dimenticato, ma un muro così
traballa, si rompe e cade. Un lettore che legge meno in maniera mirata avrà un
muro molto più piccolo, ma resistente e fatto di solide pietre ben posate fra
loro, e di ognuna di quelle pietre il lettore conoscerà a memoria la forma, la
storia, e sarà un tassello importante nel suo muro perché è stato messo lì per
uno scopo preciso, non come uno fra i tanti.
Penso
che sia questo il lato negativo delle sfide. Ci si affanna a portarle a termine
e in quella si dimentica la cosa più importante: il libro che abbiamo letto ci
è piaciuto? Ci ha trasmesso qualcosa? È un libro che consiglierei, è ben
scritto e di buona qualità? O è un libro senza pretese, semplice, che chiede
solo di essere leggiucchiato in un momento di noia? Vale la pena averlo letto
per la sua bellezza, o ci piace averlo letto perché diventa “uno in più”?
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