Il mondo delle geishe giapponesi ha sempre suscitato in me grande fascino e grande curiosità. Ma, data la mia proverbiale pigrizia, non mi sono mai informata più di tanto. E’ un argomento affascinante, ma diciamo che non ci penso per l'intera giornata. Quando ho acquistato “Memorie di una geisha”, di Arthur Golden, ero quindi molto curiosa di leggerlo e, nonostante sapessi che era di una tristezza infinta, mi sono lanciata nella lettura. Avevo visto il film diretto da Rob Marshall tratto da questo libro, quando uscì nel 2005, ma non lo ricordo affatto (mi sono quindi ripromessa di riguardarlo il più presto possibile, aspettatvi un post con commento al film). Devo ammettere però di essere stata abbastanza contenta di questo, perché così almeno ho avuto il famigerato effetto sorpresa e mi sono goduta il libro in tutto e per tutto!
La trama è semplice ed è quel che c'è di contorno che affascina: nei primi anni del 1900 una bambina giapponese, Chiyo, nata a Yoroido, un povero villaggio di pescatori, viene venduta dai genitori e portata con la sorella maggiore, Satzu, a Kyoto, nel quartiere delle geishe di Gion. Lì viene separata dalla sorella e venduta all'okiya (casa delle geishe) Nitta. Vittima delle angherie della geisha che abita l'okiya, Hatsumomo, dopo un periodo in cui farà la domestica riesce a diventare una delle più richieste Gheishe di Kyoto sotto il nome non più di Chiyo Sakmoto ma di Sayuri Nitta e s'innamora di un suo cliente, semplicemente chiamato il Presidente. Dopo molti sforzi, rischi, dopo il passaggio della Seconda Guerra Mondiale -dalla quale, fra l'altro, il Giappone esce sconfitto- e la chiusura dei quartieri delle geishe, confessa al suo cliente di essere innamorato di lui e i due rimangono uniti per il resto della vita.
Una delle cose inaspettate del romanzo è che, verso la fine, la protagonista smette di essere una geisha, a causa della guerra che porta radicali cambiamenti in Giappone, per diventare simile alle povere donne contadine. Il lento inoltrarsi nel racconto dei disagi che la guerra causa alla popolazione civile è quasi invisibile all'inizio, qualcosa di cui non si tiene poi troppo in conto date le altre incombenze che assalgono Sayuri. Pian piano questi disagi diventano più pressanti, più insistenti, e scoppia all'improvviso la guerra anche fra le pagine del libro, nella vita di tutti i personaggi e nella consapevolezza del lettore, che prima l’aveva relegata a questione di poca o scarsa importanza. Lo scorcio del Giappone sotto la Seconda Guerra Mondiale è molto interessante, sia dal punto di vista storico che da quello del romanzo, poiché sembra che tutto venga rimandato, che ogni cosa rimanga sospesa per un dopo. E al momento dei bombardamenti ci si chiede: ma, ci sarà poi un dopo?
Per gli occidentali, geisha è sinonimo di prostituta. Non è così, e questo libro lo spiega bene: le geishe sono donne che imparano a maneggiare arti come la musica, il canto, la danza e soprattutto, l'intrattenimento degli uomini. Intrattenimento non è ciò che potete pensare, vuol dire semplicemente passare una serata con un uomo a bere tè o sakè, a conversare e magari ad allietare la compagnia con una danza o un canto. Fra lo scrittore Arthur Golden e la ex-geisha Mineko Iwasaki, che gli ha fornito molte delle informazioni che lui ha utilizzato per il romanzo, c’è stata una controversia: la donna sostiene che Golden abbia dipinto le geishe come prostitute, per il rapporto che si creava con i loro danna (uomini ricchi che si accollavano le dispendiose attività di una geisha, e in cambio avevano la precedenza sugli altri impegni della stessa). Se lo dice lei, probabilmente è così, e non era certo obbligatorio per una geisha avere rapporti sessuali con il proprio danna come invece il libro lascia intendere, quindi a maggior ragione le geishe non dovrebbero essere considerate prostitute d’élite. Dalle geishe non ci si aspettavano favori sessuali, e se si sposavano dovevano ritirarsi dalla loro professione. Credo che ancora oggi sia così, sebbene il numero di geishe sia molto diminuito.
Stampa giapponese, Hokusai
Ma torniamo al romanzo!
Una delle cose che mi sono piaciute di più sono i personaggi. Anche se devo ammettere che proprio la protagonista, Sayuri, è secondo me la peggio riuscita (sarà un'ossessione per i personaggi secondari, ma io preferisco sempre loro ai protagonisti... mah, avrò qualche complesso freudiano). Appare molto più complessa nel presente, quando racconta la sua storia da anziana, piuttosto che da giovane, quando non fa che struggersi per il Presidente e sembra non avere altro pensiero né altra occupazione della mente. Anche il suo essere sempre triste e mai allegra, nemmeno quando accade qualcosa di effettivamente bello, mi ha dato noia. Comunque sia, mi è piaciuta invece (come al solito passo sempre al lato oscuro –“Come to the dark side... we have cookies!”) Hatsumomo. Sebbene sia la persona che mette i bastoni fra le ruote a Sayuri per più di metà libro e in alcuni momenti sia odiosa e ti venga voglia di strangolarla, il suo personaggio è affascinante. Una di quelle persone che, se incontri, è meglio tenere alla larga, ma un personaggio molto complesso. E', semplicemente, cattiva. Ha qualcosa di perverso in sé, nel voler far dal male a tutti costi ed essere felice quando lo fa, e tuttavia attira. Come quando si guarda un film horror ed esce per la prima volta il pazzo assassino con la faccia sciolta che nessuno ha mai visto: fa davvero schifo, ma non puoi fare a meno di guardarlo -con gli occhi di fuori e la bocca spalancata. Ecco, un'attrazione del genere mi ha suscitato Hatsumomo, e si è piazzata fra i miei personaggi preferiti. Anche Nobu, con il suo braccio mancante e la facci ustionata, mi è subito stato molto simpatico, probabilmente per il suo carattere burbero la schiettezza, e anche perché si era realmente innamorato di Sayuri. Mi è dispiaciuto molto il fatto che alla fine non sia riuscito ad averla, né nella giovinezza né nell'età matura perché forse lei era l'unica donna di cui si era mai innamorato e che avrebbe mai potuto apprezzare... era uno dai gusti difficili, e anche difficile da sopportare immagino.
Dal film di Rob Marshall "Memorie di una geisha", 2005
Il fatto che in mezzo al racconto vi siano informazioni riguardo alla vita nel Giappone dell'inizio del secolo scorso, e della vita e usanze delle geishe, è davvero molto interessante. Inoltre Golden è stato molto abile nell'inserirle nel punto giusto, quando abbiamo bisogno di un chiarimento, e in giusta quantità, perché di una cultura immagino che ci sia da dire molto più di qual che ho letto. Il mondo della Kyoto di inizio '900 è riportato a galla in modo naturale, e le informazioni si mescolano in modo armonico con il racconto.
La prima sensazione che ho provato leggendo il romanzo è stata la tensione. Lungo tutte le cinquecento e passa pagine se ne sta acquattata in un angolo, a margine, di modo che noi la vediamo e non possiamo fare altro che tenerla d'occhio. Ci tiene sempre all'erta, nervi tesi, e, quando ormai stiamo abbassando la guardia, ecco che succede qualcosa di terribile, che sconvolge il romanzo e la vita della nostra protagonista!
Per quanto riguarda lo stile, non è molto elaborato e non ha bisogno di esserlo, giacché l'ambientazione fa tutto da sola per rendere il romanzo affascinante. Le cose che mi sono più piaciute sono le descrizioni fisiche dei personaggi, che Golden fornisce in maniera impeccabile tanto che immaginarseli (persino Nobu) non è affatto complicato. Poi ci sono, in ogni pagina forse, paragoni. Pargoni di qua e di là, paragoni a non finire. Ovunque questi ‘come’ spuntano nella narrazione a più non posso e riescono perfettamente nel loro intento di rendere l'oggetto della nostra attenzione un po' più poetico o un po' più alla nostra portata.
Quando ho terminato di leggere il libro, infine, nello scoprire che il romanzo era tutta un'invenzione, sono rimasta un po' delusa. A dir la verità l'avevo già intuito all'inizio, qualche capitolo dopo il primo, ma speravo che invece esistessero davvero Sayuri e Hatsumomo, il Presidente e la Madre, Nobu e Zietta, Zucca, e perfino l'orribile Nonna. Purtroppo non è così, e dico purtroppo perché se la storia fosse stata vera, avrebbe significato un lieto fine vero. Ma vero non solo nel senso che era effettivamente esistito, ma anche nel senso che sarebbe stato credibile. Perché ci sono anche risvolti amari nella fine di questa storia. Guardiamo dal punto di vista di Nobu, dal punto di vista di Zucca, dal punto di vista della stessa Sayuri, che ha dovuto abbandonare il suo paese per la comodità del Presidente (e chissà se l'ha fatto con piacere, in fondo).
Insomma, in fin dei conti mi è piaciuto molto “Memorie di una geisha” e consiglio caldamente questo libro, sia a chi è interessato alla vita e agli usi delle geishe giapponesi, sia a chi vuole godere di una bella storia.
P.S. Da quando ho iniziato il libro voglio truccarmi come una geisha, soprattutto mettere il rossetto per farmi le labbra a canottino.
P.S. Da quando ho iniziato il libro voglio truccarmi come una geisha, soprattutto mettere il rossetto per farmi le labbra a canottino.
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