Sono passati parecchi anni da quando ho
letto questo libro ma poco tempo fa ho avuto modo di riprenderlo fra le mani.
Non ricordo nemmeno da dove lo presi, ma di certo non lo comprai io perché di
sicuro avrei attirato le domande scomode di mia madre, un po’ come quando
leggevo “Noi, i ragazzi della zoo di Berlino”, lei mi guardava con gli occhi
tondi e cercava di psicanalizzarmi, ottenendo reazioni del genere:
Autobiografia dello stesso Leroy, la
vicenda racconta della sua infanzia assieme alla madre, una prostituta
tossicodipendente, Sarah.
A cinque anni Jeremiah viene portato via
alla famiglia adottiva e la sua custodia torna alla madre naturale, che appena
pochi mesi dopo averlo riavuto lo carica in macchina e comincia con lui una
vita da vagabondi, fra alcol, droga e i diversi fidanzati della donna.
Il rapporto che hanno Sarah e Jeremiah è
sin dall’inizio conflittuale. Il bambino vorrebbe tornare dai genitori
adottivi, quindi Sarah per impedirgli di fare capricci gli racconta bugie
crudeli, ad esempio che i suoi genitori adottivi non gli vogliono bene perché è
un bimbo cattivo, oppure che se non fa il bravo la polizia andrà a prenderlo per
portarlo in prigione.
Jeremiah viene più volte picchiato dai
compagni della donna senza che lei muova un dito – e anzi, incitandoli a
“dargli una bella lezione” – e, quando si ritrova da solo con l’ex marito di
lei, viene violentato.
Una volta sottoposto a cure mediche e
psichiatriche il bambino viene mandato dai nonni, fondamentalisti cristiani che
gli fanno studiare la bibbia e, se non la studia bene, lo picchiano. Rimane
assieme a loro per qualche anno, finché Sarah non torna a riprenderselo.
Ricomincia la vita di droga e prostituzione per la donna, maltrattamenti fisici
e psicologici per il protagonista.
Il libro si chiude quando Jeremiah è
ormai adolescente ed ancora assieme alla madre. Dati i continui maltrattamenti
ha sviluppato delle tendenze omosessuali e sadomasochistiche.
Tristi e preoccupati per il povero
Jeremiah “Terminator” Leroy? Ma tranquilli, non dovete! Perché è tutta una
farsa.
Se qualcuno ha già sentito parlare di
questo libro forse lo sapeva. Quando l’ho letto mi aveva colpito molto perché
pensavo a questo povero bambino sballottato fra una violenza e l’altra, e avevo
quasi preso la faccenda a cuore! Poi, la scoperta: J. T. Leroy non esiste, è un invenzione della scrittrice Laura Albert.
Ma vaff…! Si può dire? Io dico che si
può.
A quanto pare Laura Albert stava
cercando di vendere il suo manoscritto “Sarah”, primo pubblicato dal
fantomatico J. T. Leroy, ma credeva che essendo lei una sottospecie di desperate housewife nessuno l’avrebbe
presa sul serio se avesse presentato romanzi di quel genere. Quindi si inventò
un soprannome, Terminator, e un nome Jeremiah Leory, per dare più pathos e
interesse ai suoi libri.
Quando lo scoprii ci rimasi malissimo.
Ora che rispolvero questa cosa non
riesco a fare una recensione più lunga. Avrei voluto parlare del libro in
maniera più approfondita perché in fin dei conti non posso dire che non mi
fosse piaciuto. Stile diretto, crudo, di sicuro non per stomaci delicati, ma
tutto sommato un libro che fa riflettere (a questo punto poco importa che sia
vero o no, la sostanza c’è). Ma, giuro, non ce la faccio, mi dà troppo
fastidio!
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