domenica 11 settembre 2011

Il sogno ricorrente

Non sto scrivendo questo post perché lo sento come dovere, perché sembra la cosa giusta da fare o per sembrare una persona che tiene a queste cose. Voglio solo raccontare come fu per me l'11 Settembre del 2001.

Avevo dieci anni quando caddero le torri gemelle.
Ricordo che da noi qua in Italia era pomeriggio e io ero al piano di sopra, probabilmente a fare qualche gioco da bambini. Mio padre stava guardando la tv -conoscendolo, programmi a casaccio o qualche film d'azione- quando interruppero tutti i programmi per mandare in onda la notizia straordinaria del crollo delle Twin Towers. Udii la voce di mio papà che chiamava mamma, e diceva qualcosa come: "Gloria! Gloria vieni a vedere, c'è stato un incidente aereo in America!". La notizia sembrava importante anche a me, solo perché tutta la nostra piccola famiglia si riuniva nel salotto. Se tutti stanno a guardare la tv, allora significa che è successo qualcosa di veramente, veramente grande, mi dicevo, come quando è morta la princpessa un po' di anni fa. E quindi scesi velocemente le scale per andare a vedere anch'io.
Inutile dire che al momento non ci capii un accidenti, perché ero troppo piccola e non è che mi interessasse poi così tanto. Capivo solo che i miei genitori erano rimasti parecchio stupiti, capivo che era successo qualcosa di grande, e capivo anche vagamente che erano morte delle persone. Ma, a dieci anni, lontana da tutti i pericoli, la morte era solo una parola per me. Una di quelle parole tristi.
Non ci volle poi molto, però, perché capissi che era un avvenimento importante. Prima di tutto in famiglia non si parlò d'altro per parecchio tempo; io non guardavo il telegiornale, certo, ma immagino che gli argomenti di discussione non mancassero, rimpinguati sempre di più dalle notizie continue. Anche a scuola affrontammo l'argomento, a ripensarci bene probabilmente nella maniera più sbagliata che ci poteva essere. Le insegnanti continuavano a parlare di tragedia, di morti, di paura, di pericolo. Per rendere la cosa alla portata di noi bambini avevano ideato l'antico piano: farci disegnare. Ad un tratto i corridoi della scuola erano pieni di cartelloni con disegni a pastello di fuoco e fiamme, di persone che si lanciavano fuori dalle finestre e di persone con i capelli infiammati.
...probabilmente non fu il modo migliore di affrontare la questione.
L'unico messaggio che mi arrivò, alla veneranda età di dieci anni, era che quella faccenda delle torri era stata proprio una tragedia, e che era nostro dovere compiangerla. Perché? Be', ma perché era una tragedia! Sì, ma perché era una tragedia? Questo me lo devono ancora dire.

Oggi riesco a capire in maniera più razionale perché l'11 Settembre è stata un tragedia. Io non sono informatissima sui risvolti politici dell'atto terroristico, anche perché ce ne sono stati talmente tanti da allora che ho perso il conto, ma ciò che ha causato la tragedia è stato certamente il numero di perdite.
Anche ridurre tutti ad un numero mi sembra una cosa strana. A pensarli solo come un numero, cavolo!, mi sembra quasi crudele da parte nostra. Ma se tento di immaginare le persone mi viene addosso una certa angoscia qando realizzo che non esistono più.
Spazzate via.
Scomparse.
Dentro quella palla di vetro, cemento e ferro.

Di certo l'emozione più forte che provai, però, la provai da bambina, anche se non capivo niente di tutto quello che era accaduto intorno al fatto (il terrorismo, l'America attaccata, i milioni di morti) e forse proprio perché non ci capivo niente.
Immaginavo di trovarmi lì anche io, e mi chiedevo che cosa avrei fatto in quel caso.
Per un bel po' ebbi una fantsticheria ricorrente, una di quelle cose da bambini: immaginavo di essere lì con tutte quelle persone, e che da sola sarei riuscita a spegnere l'incendio che dilagava, a rimettere a posto tutti i mattoni di entrambe le torri e far risalire tutte le persone che erano scese giù, così potevano ricominciare a fare quel che stavano facendo come se niente fosse. E poi avrei detto qualcosa come: "Ecco fatto! E' tutto a posto!".
Desideravo ardentemente che tutto quello non fosse mai avvenuto, e quando guardavo le immagini in tv volevo essere come Superman, o Sailor Moon.

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