Lessi “La passione di Artemisia”, di
Susan Vreeland, come lettura estiva per la scuola. Era il terzo anno di liceo e
il primo nell’indirizzo di beni culturali, quindi comprai zelantemente il libro
e iniziai a leggerlo cercando di vederne il lato pedagogico, che peraltro persi
subito di vista: la storia mi aveva appassionata sin dalle prima pagine.
Non conoscevo bene Artemisia
Gentileschi, avevo visto i suoi dipinti e li avevo studiati solo
superficialmente, perché non rientravano nel programma.
So che detto da una persona che si dice
appassionata di arte e ha frequentato il liceo artistico (e se ne vanta) può
sembrare strano, ma l’arte di quegli anni non mi ha mai colpita molto, se non
per la precisione dei dipinti e delle sculture.
Il fatto è che gli artisti, all’epoca,
dipingevano soprattutto su commissione e non sempre avevano tutta la libertà
che desideravano – pur lasciando ognuno il suo tocco personale. Inoltre non dimentichiamo
che la religione aveva una grandissima importanza, e i soggetti delle opere
erano perlopiù religiosi. Questo è, soprattutto, il motivo per cui l’arte prima
del 1700 non è una delle mie preferite.
L’apprezzo, in diversi artisti, per la
precisione del tocco e l’originalità di alcuni dipinti o statue che, pur
rispettando i canoni e regole morali e sociali dell’epoca, hanno qualcosa di
diverso. I temi, però, alla lunga sono sempre gli stessi. La mia non è una
critica, solo una constatazione.
Anche dopo aver letto il libro,
Artemisia Gentileschi non riesce ad essere una delle mie pittrici preferite, sia
per lo stile, caravaggista senza mai raggiungere il modello di Caravaggio, sia
per le tematiche, che sono sempre le stesse e alla lunga stancano. Non mi
dispiace vedere una sua mostra, ma ammetto che non è la mia prima scelta.
Susan Vreeland |
Leggendo il libro della Vreeland ho
capito come mai certi temi sono così ricorrenti nella produzione della
Gentileschi, ho scoperto moltissime cose sulla vita della pittrice e anche
fatto un bel salto nel passato, nell’Italia a cavallo fra il 1500 e il 1600, a
Roma, Napoli e Firenze.
Una delle prime cose che saltano all’occhio,
leggendo il libro, è quanto l’autrice si sia documentata, sia sulla protagonista
che sull’arte, la storia e i personaggi – tutti realmente esistiti – che
compaiono nel libro. Vedere che un autore si documenta su qualcosa mi fa sempre
piacere, indica vero impegno e non superficialità.
Veniamo a sapere molto della vita di
Artemisia. In primis lo stupro che subì da Agostino Tassi, un collaboratore del
padre di lei, anch’esso pittore. Questo la portò ad avere rapporti freddi con il
padre in quanto questi, per motivi economici, non volle interrompere il suo
rapporto lavorativo con Tassi. Poi il matrimonio con un pittore e la nascita
della figlia che, se inizialmente le dà soddisfazione, inizia ad un certo punto
a sfaldarsi con i tradimenti del marito.
Scopriamo così, e ci viene confermato
con uno sguardo alle opere pittoriche, che Artemisia fu una pittrice di
talento, ricettiva degli stili e alle mode del tempo, ma con uno sguardo
differente e personale sul mondo dell’arte. I suoi dipinti rispecchiano la sua
vita. Sono la conseguenza dell’essere donna in un mondo in cui la donna deve
sempre lottare, lottare ancora più delle altre, se pensiamo che l’arte è sempre
stata un campo di battaglia già per gli uomini.
Se siete interessati di arte, dopo aver
letto questo libro guarderete ai dipinti della Gentileschi con occhi diversi.
Seppur ad un certo punto ripetitivi, i quadri come “Anna e i vecchioni”,
“Giuditta e Oloferne” e “Cleopatra”, avranno un senso nuovo. Io personalmente
li ho interpretati come lo sfogo di un’artista che, consapevole di essere
sottostimata a causa del suo sesso, ha dato il meglio proprio eleggendo come
suo principale tema la donna.
Lo stile della Vreeland è scorrevole, e
penso che questo sia indice di grande capacità perché l’autrice si ritrova
spesso a parlare di arte con termini tecnici, o magari a spiegare concetti e
abitudini che per noi, oggi, sono del tutto estranei. La storia rimane
realistica grazie a questi dettagli, ma non ne è appesantita. Il romanzo non è
mai noioso, troppo complesso o simile ad un libro di storia o di tecniche
pittoriche.
Non
posso che concludere consigliando questo libro a tutti. Certo è una lettura che
troverà maggior successo in un pubblico femminile, ma penso che anche gli
uomini possano apprezzarla. In più chiunque ami l’arte o la storia può trovarla
una lettura interessante, oltre che un romanzo appassionante.
Artemisia Gentileschi |
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