Non ricordo esattamente quando decisi di
comprare “Le tredici vite e mezzo del Capitano Orso Blu”, di Walter Moers. Mi
sembra di conoscerlo da sempre ma, dato che la prima pubblicazione risale al
1999, non posso averlo conosciuto prima.
Ricordo bene, però, dove lo comprai.
Una volta, nella piazza principale della
mia città, c’era una piccola libreria seminascosta, alla quale si accedeva da
sotto i portici che sorgono tutto intorno al perimetro della piazza, scendendo
delle scale di ferro battuto. Era una libreria bellissima. Piccola, stipata di
scaffali di legno traboccanti libri e con i muri in pietra. Purtroppo ha chiuso
diversi anni fa, ma ricordo ancora la bella sensazione che si provava entrando
in quella libreria.
Non fraintendetemi, io adoro perdermi in
qualsiasi libreria, ma non è più bello scovare un piccolo negozietto che passa
quasi inosservato? Non è più divertente entrare, accompagnati dal suono del
campanello, e incrociare un sorriso e un cenno con il libraio? Magari un
signore anziano, d’altri tempi, che ci saluta con una gentilezza differente. E
non è più magico venire attratti da una copertina che non è né più né meno in
vista delle altre, tornare a casa con il proprio libro sottobraccio, e poi
scoprire che si tratta di un libro così perfetto per noi, così importante?
Di certo non è come entrare in una
Mondadori o Feltrinelli qualsiasi, dal soffitto alto, gli scaffali tutti
uguali, e gli stessi titoli messi per bene in bella vista in ogni singolo punto
vendita.
Non so perché parlo di questo, dato che
quella che vado a fare è una recensione e basta. Sapete già, tuttavia, che i
mie post vanno un po’ dove gli pare. Inizio con un’idea precisa e poi vado alla
deriva.
Meglio passare alla recensione.
Walter Moers |
Nato apparentemente dalla spuma del
mare, il Capitano Orso Blu è appunto questo: un orso, di colore blu. Dovete
sapere che ogni orso colorato che si rispetti, nel continente di Zamonia, è
destinato a vivere ventisette vite. Il Capitano in persona ce ne racconta la
metà, perché è giusto che ognuno abbia i suoi piccoli segreti.
Il primo ricordo di Orso Blu è quello di
una grande nave, nera e gigantesca, che incute terrore nel piccolo orso, così
piccolo da entrare nel guscio di una noce. Talmente piccolo, in effetti, da
poter essere tranquillamente salvato dai mini pirati e portato a bordo della
loro minuscola nave. Lì Orso Blu impara ad essere un perfetto marinaio ma,
crescendo, i mini pirati sono costretti ad abbandonarlo – non senza tristezza e
rammarico – sull’isola degli spiriti Coboldi.
Passiamo così da un’avventura all’altra
in compagnia del Capitano, e queste avventure sono talmente diverse fra loro
che sono considerate come vite differenti. In un susseguirsi di personaggi
improbabili e situazioni ancor più assurde, esploriamo «il continente di
Zamonia, dove tutto è possibile tranne la noia.»
Certo non ci si può annoiare con il
caleidoscopio di invenzioni di Moers. Fra i più memorabili non posso non citare
Deus Ex Machina, un sauro da salvataggio che salva il prossimo solo all’ultimo
minuto, e come dimenticare il Dottor Abdul Noctambulotti, il teorico del buio
con sette cervelli? Per non parlare della testa del gigante Babbaleo, così
grande che Orso Blu dovrà attraversarla passando da un orecchio all’altro –
peccato che la testa sia ancora perfettamente funzionante!
Sorge comunque una domanda sin
dall’inizio del libro: da dove viene Orso Blu? Non esistono altri orsi come lui
nel mondo, non ne ha mai incontrati, ma come mai si trovava all’interno di una
noce? Abbandonato in mezzo all’acqua?
Non ho intenzione di dirvi altro,
sappiate solo che sono domande legittime da porsi, e che forse, fra una vita e
l’altra, il Capitano potrebbe scoprirlo.
Una delle cose più belle di questo libro
sono i disegni e la particolare grafica. Vi ho riportato apposta alcune pagine perché possiate vederli.
Sono stati realizzati dall’autore stesso, e so che esistono edizioni
a colori, anche se la mia è in bianco e
nero.
Oltre ai disegni, senza preavviso
possiamo trovarci davanti ad una pagina tutta nera, con le parole stampate in
bianco. Oppure metà e metà. Oppure possiamo trovare una pagina interamente
occupata da una sola, gigantesca lettera.
Vi posso assicurare che l’autore aveva i
suoi buoni motivi per inserire un grosso BOOM all’interno del libro. Un BOOM
che doveva occupare un bello spazio, altrimenti come facevamo a renderci conto
del rumore assordante a cui Orso Blu andava incontro?
Il perché poi ci andasse incontro lo
lascio scoprire a voi. Potrebbe avere a che fare con la gigantesca nave Moloch,
che solca le acque senza approdare mai in nessun porto. O magari con il buco
dimensionale che si trova nel mezzo della Grande Foresta. Oppure… be’, è
ragionevole pensare che se c’è una testa senza gigante, da qualche parte ci
sarà anche un gigante senza testa.
Ma
chi può dirlo, in fondo siamo a Zamonia.
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