Per caso, qualche giorno fa, mi è
capitato di riflettere riguardo agli pseudonimi usati dagli autori. Trovo che
l’utilizzo di un nom de plume sia
accattivante, per l’autore e per il lettore, ma solo con le giuste ragioni
rimane una scelta apprezzabile.
Oggi capita molto spesso di vedere in
libreria romanzi in cui sia lo pseudonimo che il nome dell’autore campeggiano sulla
copertina, e in quel caso mi chiedo: perché? Se un autore vuole pubblicare con
uno pseudonimo la casa editrice dovrebbe mantenere sulla copertina il nome
scelto dall’autore, non scrivere sotto in piccolo il più conosciuto ‘J. K.
Rowling’ o ‘Sophie Kinsella’.
Trovo che sia corretto che autori con
una certa notorietà abbiano la possibilità di pubblicare sotto pseudonimo, per
capire se il loro lavoro viene apprezzato perché è buono o perché proviene da
un nome famoso. Il motivo per cui la sopracitata J. K. Rowling scrive sotto lo
pseudonimo di Robert Galbraith, o per il quale Stephen King ha scritto
‘nascondendosi’ dietro Richard Bachman, è che i loro nomi fanno troppo caos.
Non a caso le critiche a “Il seggio vacante”, firmato dalla Rowling con il
proprio nome, furono tante, e tutte diverse e confuse. La capisco se ha
preferito usare un pen name per
riceve critiche più costruttive e meno estremiste, perché scommetto
che la critica si è divisa fra “confermato il talento da Nobel” e “non va bene
nemmeno come carta igienica”.
Anche dopo le rivelazioni sul vero
autore di un romanzo, tuttavia, penso che sarebbe meglio non scrivere il vero
nome di chi l’ha scritto, se non altro per quella fetta di lettori che magari,
non aggiornati sulle notizie, hanno voglia di leggere un bel libro di un tipo
che si chiama Richard Bachman, o di una che si chiama Madeleine Wickham (anche
se in questo caso il più noto è lo pseudonimo Sophie Kinsella).
In passato il nom de plum si basava su motivazioni più interessanti, che
io preferisco per una maggiore poeticità. Sono tutti motivi che oggi non
avrebbero senso, perché se alcuni pregiudizi sono del tutto scomparsi altri si
sono attenuati, ma non richiedono comunque più un uso obbligato
dello pseudonimo.
Forse la maggior parte della gente non conosce Ricardo
Eliezer Neftalì Reyes Basoalto, ma tutti conoscono Pablo Neruda. Il vero nome
era stato cambiato perché, oltre a causare uno scompenso al povero addetto alle
stampe per quanto era lungo, il poeta voleva evitare il malcontento del padre,
che non vedeva di buon occhio che il figlio vivesse di poesia.
Agatha Christie, maestra del giallo, ha
scritto diversi libri sotto il falso nome di Mary Westmacott. Romanzi che ho
sentito definire «di carattere sentimentale», ma diciamocelo: erano romanzi
rosa.
Più ci addentriamo nel passato e più
troviamo esempi come quello delle sorelle Brontë, che pubblicavano con nomi
maschili per vincere i pregiudizi della società.
Forse non molti lo sanno, ma
anche oggi molte autrici fanno lo stesso. “City of Dark Magic”, romanzo
d’esordio di Magnus Flyte, altro non è che un thriller firmato da Christina
Lynch e Meg Howrey. Hanno deciso di pubblicare sotto un nome maschile per
arrivare a tutti i lettori.
A questo punto si entra in un tema più
ampio, che ho intenzione di trattare con calma in qualche altro post.
Da alcuni
studi emerge chiaramente che gli uomini preferiscono leggere romanzi scritti da
uomini, piuttosto che da donne. Invece le donne, seppur molte leggano
preferibilmente romanzi scritti dal gentil sesso, hanno una visione più ampia,
e non si fanno problemi a leggere libri di autori uomini.
Lungi da me adesso uscirmene con frasi
femministe del tipo «noi donne siamo più avanti» o «i maschi pensano sempre di
saper fare tutto meglio», ma devo ammettere che leggere i dati di questo studio
mi ha fatto pensare. E non è stato un pensiero felice.
Tratterò l’argomento in maniera più approfondita
in seguito – merita un post tutto suo, non trovate? – perché per me è
importante.
In
conclusione, mi piace leggere un autore e scoprire dopo che si nascondeva
dietro ad uno pseudonimo, soprattutto se era per non farsi scoprire, per
ragioni familiari, o per non destare scandalo. Che posso farci? Il mio cuore
palpita quando percepisce una storia drammatica e teatrale!
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