lunedì 24 gennaio 2011

Decameron, di Giovanni Boccaccio

Come per la volta prima, so benissimo che eminenti studiosi hanno più diritto di me a commentare un'opera di tal portata. Tuttavia questa volta non mi sprecherò in lodi come per il caro Dante Alighieri.
Ebbene sì, a questo romanzo ho qualche critica da fare. Io, direte, io!... che non so un beneamato nulla riguardo a Giovanni Boccaccio tranne le informazioni ricevute a scuola più di tre anni fa, mi permetto di dire che l'opera non mi piace. Che barbara! Diciamo che vi sono fattori positivi e negativi.

Fattori positivi: come tutte le brave maniache dell'ordine (non in senso stretto: se vedeste camera mia capireste di cosa parlo) adoro, e letteralmente bacierei quell'uomo -nonostante l'espetto un po' cadaverico- per aver fatto confluire tutto sul numero 10. Ah! Dieci, anche la parola mi piace. Probabilmente sarà per un qualche trauma psicologico infantile, ma adoro tutti i numeri che finiscono con cifre quali 0 e 5. Il 10, il 50 e il 100 sono poi da me letteralmente adorati. Ho scoperto che esitono studi per ogni dannata disciplina di questo mondo, quindi se qualcuno di voi lettori è un numerologo o qualcosa del genere, mi dica il perchè di questa mia strana mania. Ma lasciamo stare le mie turbe mentali: parliamo di Boccaccio. Francamente 10 personaggi, 10 giorni e 10 novelle al giorni -indi per cui 1 a testa- in tutto 100 novelle mi spirgiona una gioia che mi fa quasi saltare di allegria! E' uno schema che mi piace moltissimo, e non saprei dire nemmeno io il perchè.
E questo è ovviamente il lato positivo, il lato negativo per il quale non ho apprezzato questa storia, devo ammetterlo, non è per nulla colpa dell'autore. Insomma, si tratta solo di calarsi nello spazio-tempo storico. Purtroppo per quanto io sia razionale nel dirlo la mia mente da personcina del XXI secolo non riesce minimamente a concepire e a giustificare il comportamento degli uomini verso le donne (dire che alla categoria viene gettato del fango addosso è dir poco), e anche un certo numero di quelle che Boccaccio vede come burle che, a parer mio, sono solo scherzi di cattivo gusto. Mi rendo conto tuttavia che questo non può essere colpa del povero autore, che pensava che le sue burle fossero le più divertenti per l'epoca, e probabilmente lo erano.



Bene lettori -quasi inesistenti- che popolano il blog, ho detto la mia e posso dirmi soddisfatta.
Pensavo di cominciare a scrivere recensioni anche sulle fanfiction che leggo, e presto tornerò con una nuova storia. Evviva! ^^
Tutto questo dopo aver finito gli esami... Ohhh! T.T

domenica 23 gennaio 2011

L'inferno - Dante Aligheri

So benissimo che esistono studiosi molto più informati di me per scrivere recensioni su questo classico, ma siccome mi è tanto piaciuto proverò a scrivere qualcosina.

Prima di tutto ho notato che la concezione che l'alunno medio ha della Divina Commedia di Dante Alighieri è quanto di più errato e pieno di pregiudizi ci possa essere: per tutti gli studenti della scuola superiore è solamente qualcosa in più da dover apprendere a memoria, e la maggior parte -per quanto possa essere preparata per le interrogazioni di lettere- non credo capisca fino in fondo che cosa racconta la storia. Non lo dico per dimostrare superiore a qualcuno, anche perchè prima di leggerla io stessa ero esattamente così. Ma dopo aver letto l'Inferno ho capito ciò che la mia professoressa non era riuscita a spiegarmi: non è un semplice viaggio per la salvezza dell'uomo e dello stesso Dante-personaggio, è un'avventura.
Forse chi l'ha già letto penserà che sono un'idiota a scoprire questa cosa solo adesso. Ma non avendo mai letto interamente nemmeno una cantica (ovvero avendone lette solo la maggior parte ma con l'ausilio della professoressa e saltando diversi canti) non mi ero resa conto di questa caratteristica. Sono rimasta affascinata da questa avventura che, adesso, pare così scontata, ma che nel '200 doveva essere qualcosa di innovativo, qualcosa di strabiliante.
Trovo terribile che adesso Dante si sia ridotto ad un misero prendere appunti e ripetere a stile pappagallo quello che il professore ha detto, senza capire veramente fino in fondo cosa voleva dire l'autore.
Non mi sprecherò a parlare dell'endecasillabo o del settenario, non voglio scrivere un saggio e non sono al persona più adatta, ma piuttosto quello che mi ha colpito (e anche questo è risaputo dagli studiosi) è il linguaggio. Avendo letto per ora solo l'Inferno conosco solo il linguaggio utilizzato per quello, ma il modo in cui Dante parla mi ha stupita perchè, come diremmo oggi, è senza peli sulla lingua. Dante, certo può peccare di presunzione in questo, ma non si faceva remore a condannare chi lo meritava. Nonostante provasse simpatia per quei personaggi: prendiamo ad esempio Francesca o Ulisse, quest'ultimo in particolare ha una significato molto importante per Dante, tanto che per lui utilizza un linguaggio aulico, ma lo mette all'inferno perchè è giusto così. Perchè Ulisse ha peccato, e non importa quanto a Dante può risultare un grande eroe: è sempre un peccatore.

Be', è meglio che la smetta ora o potrei dilungarmi per pagine e pagine... Mi piacerebbe solo far sapere a tutti coloro che detestano La Divina Commedia, perchè costretti a studiarla, che lo stanno guardando nell'ottica sbagliata. Poi, be', ci sono gusti e gusti ovviamente, ma credo che la maggior parte del ribrezzo degli alunni per Dante Alighieri sia dovuto all'ignoranza.

Questa è l'immagine di un quadro di Eugene Delacroix che ritrae Dante e Virgilio all'inferno. E' un dipinto molto bello a mio parere, e l'ho messo perchè è uno dei miei preferiti (assieme al pittore).