lunedì 16 dicembre 2013

Cinquanta sfumature di Grigio - E.L. James

   So bene che non aggiorno il blog da mesi – forse da circa un anno – ma non mi sono dimenticata di lui. Ho solo deciso che scrivere fanfiction non fa più per me. Notare bene che ho detto “scrivere fanfiction”, questo significa che qualcos’altro lo sto scrivendo, lentamente e con parecchie difficoltà, ma proseguo.
   Il periodo non è dei migliori, per la mia ispirazione. Sono cambiate moltissime cose nell’ultimo anno e mezzo e, onestamente, anche se il tempo per scrivere lo avrei (non tanto come quello che avevo in precedenza, ma ce l’ho) non ne ho molta voglia. Recentemente, però, mi manca scrivere. Mi manca la sensazione che provavo quando scrivevo, sensazione che non riuscirei nemmeno a riportare alla memoria con precisione – il che è triste. Indi per cui ho deciso di “aiutarmi” in qualche modo. Ho ricominciato a cercare storie da leggere su EFP, nella sezione delle fanficion ma anche degli Originali. Leggo sempre libri (credo che si possa addirittura considerare una dipendenza, la mia: se non ho niente da leggere mi sento persa), ma per qualche motivo leggere le fanfiction mi fa proprio venire voglia di scrivere. Inoltre può darsi che scrivere una recensione mi aiuterà a trovare l’ispirazione che, no, non è andata in vacanza, nemmeno in aspettiva, sembra proprio aver dato le dimissioni.
   Mio profondo desiderio è quello di riassumerla a tempo indeterminato (come vorrei essere assunta io), e farle avere una lunga carriera (come quella che vorrei avere io). Magari non ai vertici dell’azienda, e magari senza produrre risultati eclatanti, ma ci tengo ad averla fra il mio personale.
   Scrivere dava un senso alle mie giornate, una volta. Adesso ci sono molte più cose che danno un senso alle mie giornate, ma voglio trovare un equilibrio fra queste, e ridare alla scrittura la parte che si merita. Quando scrivevo mi sentivo felice, quando finivo di scrivere, soddisfatta. Che fossero storie mie o fanfiction, non importava. Dietro ogni storia ci sono state emozione e dedizione, e non è mai stato così per nessun’altra attività. È qualcosa di mio, che mi fa sentire orgogliosa e speciale. Non vi rinuncerò.
 
   Per ricominciare è meglio qualcosa di leggero, e che c’è di meglio della recensione di un best seller?
   Vi avverto che da questo punto in poi la recensione ha un Explicit Content.
 
   A parte la parentesi di cui sopra, sono qui per recensire “Cinquanta sfumature di grigio”. Una mia amica lo ha letto e ha detto che era fantastico. Non mi fidavo del suo commento solo perché ne avevo già sentito parlare sino allo sfinimento, ma dato che lei ne era così affascinata ho pensato che farmelo prestare non poteva essere un errore così grosso, o no?
   Mi sbagliavo.
   Come tutte le volte in cui penso che, se un libro ha venduto così tanto, allora qualcosina di buono deve pur averlo.
   Mi sbagliavo.
   Come quando credo che i film tratti dai miei libri preferiti saranno all’altezza.
   Mi sbagliavo.
   Come quando apro una fanfiction su Twilight e mi sembra che abbia una trama interessante.
   Mi sbagliavo.
   Di grosso.
   E come la maggior parte delle fanfiction su Twilight, anche “Cinquanta sfumature di grigio” è pessima.
 
   Ora, probabilmente è già notizia risaputa ma il libro in questione era una fanfiction su Twilight. Non l’ho detto alla mia amica perché lei odia Twilight e potrebbe rimanere profondamente turbata da questo fatto, e io non lo voglio. Essendo stata io una famelica consumatrice e scrittrice di fanfiction (lo ammetto, anche su Twilight, ma che volete farci? L’età!) riconosco alla perfezione i sintomi fanfictiosi di questa storia.
   Un giudizio personale e soggettivo: chi scrive una fanfiction e la trasforma in una storia vera cambiando i nomi dei personaggi non ha la mia stima. Io, come aspirante scrittrice, desidero tanto tanto tanto scrivere una storia e pubblicarla, ma voglio che sia mia, personale, non che sia un ramake di qualcosa già esistente, rimaneggiato perché sembri originale! Lo trovo, francamente, un po’ patetico. Non credo che E.L. James sia una persona con una vera passione per la scrittura. Trovo che abbia una grande passione per Twilight.
   Ma cominciamo ad esaminare questa brutta malattia, la fanficcite (che contagia le storie scritte senza reale interesse per la scrittura e si sta allargando anche ai libri veri).
   Il primo sintomo è che succede tutto molto velocemente. L’autrice ha speso decine e decine di pagine a descrivere come Christian Gray la lecca ad Anastasia Steele, ma evidentemente non poteva spenderne altrettante per raccontare come loro si conoscono. Tanto per dirne una, questi due vanno a letto insieme dopo essersi visti per un totale di cinque ore circa. Capisco che qualcuno potrebbe dubitare della moralità dei giovani d’oggi, ma nemmeno la più tamarra di Jersey Shore darebbe la sua verginità a uno che conosce da quattro ore! (Soprattutto perché le protagoniste di Jersey Shore non sono vergini.) Insomma, diciamocelo, quando mai una tizia che non ha mai avuto un fidanzato accetta di fare sesso con uno sconosciuto che pratica sadomasochismo? Se capitasse nella realtà la ragazza fuggirebbe via sconvolta!
   Una cosa che ho odiato, nella narrazione: Anastasia Steele non fa che ripetere “Oddio”. Ma quante volte può pensare “Oddio”, una persona?!
   Parlando sempre della narrazione, che è in prima persona (perché la narrazione di Twilight è in prima persona, non che sia una scelta stilistica così ragionata), ho trovato che fosse frammentaria e, nelle parti che dovrebbero essere scritte meglio, ossia quelle di sesso, precisa fino al comico. Inoltre, sempre riguardo ad erezioni ed atti sessuali, le descrizioni sono assurde! Francamente, mi veniva da ridere.
   A voi vari esempi:
   I miei seni si gonfiano, e i capezzoli si induriscono sotto il suo sguardo insistente. Si gonfiano? Cosa sono, palloncini? Inoltre, qui scopriamo che Christian Gray ha il superpotere di far indurire i capezzoli con lo sguardo.
   Dopo una notte di sesso selvaggio i due decidono di fare il bagno insieme e prima che entrino nella vasca succede questo: Afferra un lembo della camicia, me la solleva sopra la testa e la getta sul pavimento. Fa un passo indietro per contemplarmi. “Oddio, sono nuda.” Cioè, l’uomo con cui ai fatto sesso appena sei ore prima ti vede nuda e tu ti vergogni?
   “È così grosso e continua a crescere. […] Quel coso era dentro di me!” Non sembra possibile. Vuole che lo tocchi. Ma voi ditemi, è questo è quello che migliaia di donne al mondo trovano pazzamente erotico e sensuale? Una ragazza che pensa:
   Lui geme ancora. “Ah!” La mia dea interiore è euforica. Ci sto riuscendo. Riesco a scoparlo con la bocca!
   Un'altra cosa. Sparsi lungo la narrazione ci sono parole e frasi inequivocabili, ad esempio “fottere”, “voglio scoparti in bocca” e altre varie ed eventuali, ma Anastasia ogni volta che deve parlare delle sue parti intime dice semplicemente “lì”. Be’, intanto “lì” è un insieme di cose, non lesinare sulla precisione proprio quando ce n’è bisogno. Inoltre, prima dice di tutto e poi è troppo pudica per dire “vagina”?
   Be’, se questo fantomatico super-sesso doveva essere il fulcro della narrazione, mi spiace ma ha fallito miseramente.
Ora che la vedo, mi sembra proprio una tipa che si metterebbe a scrivere fanfiction porcellose su Bella e Edward.
 
   Passiamo ai personaggi. Be’, potrei prendere una qualsiasi recensione su Twilight e trascrivere quello che hanno detto riguardo a Bella ed Edward. Perché, insomma, sono letteralmente loro con nomi diversi. Ma non sono così pigra.
   Bella- pardon!, Anastasia non ha particolari interessi… Non so che altro dire sul suo personaggio, il che è molto deprimente. Non ha nessun lato interessante, nessuna peculiarità. Tranne forse quella di essere una rompipalle bella e buona. Ad un certo punto della narrazione continua a sfinire Christian chiedendogli di continuo di una delle sue ex fidanzate, e pensa che questa sia una pedofila perché lo ha sedotto quando aveva quindici anni. Capisco che la differenza di età sia molta, e francamente la cosa turberebbe anche me, ma il fatto è che Christian continua ad assicurarle che lui era consenziente e felice quando stavano insieme. Ovviamente Anastasia è come se non lo sentisse, e continua a torturarlo, chiedendogli anche di poterlo toccare, cosa che lui non vuole e che evidentemente lo turba. Ma se questo povero cristiano con palesi disturbi non vuole essere toccato lascialo stare, no?!
   Christian Gray è appena più complesso, ma solo perché gli si appioppa questa turba mentale che lo porta al sadomasochismo, e che gli dona affascinanti comportamenti da stronzo ossessivo. Comunque, come mai una persona, per essere masochista, deve aver avuto turbe mentali in giovane età? Mi sento offesa per chi fa pratiche sadomaso! Questo libro, in pratica, dice che certe preferenze sessuali sono la naturale conseguenza di molestie. Il che è assurdo. Inoltre in questo modo il personaggio diventa veramente scontato e banale, buono solo per gli Harmony.
   Vorrei inoltre sottolineare che il rapporto fra i due non è per nulla sano. Non per motivi di scelte sessuali, ma perché diventano la classica coppia in cui lui è gelosissimo e lei un tappetino. Christian, praticamente, se Anastasia non gli che ha scorreggiato alle 9.40 a.m. si arrabbia, perché «non sei stata sincera, Ana». Inoltre lui rintraccia le sue chiamate telefoniche (il che è illegale e porterebbe alla denuncia ma, ehi!, siamo in una fanfiction, che ci importa della veridicità?!) e la segue ovunque vada.
 
   All’inizio, questo libro era spassoso – anche se involontariamente. Poi, è diventato odioso. Christian Gray è odioso! Come si fa ad apprezzare un uomo che tratta una donna come qualcosa a metà fra una bambina e una casalinga degli anni cinquanta? Se c’è una cosa che non sopporto è un uomo che nella coppia pretende di controllare la donna (e anche il contrario, il che a volte accade). Per favore, non tiriamo fuori la storia del Dominatore e della Sottomessa, perché avere il controllo di una persona per farle provare piacere è una cosa, voler sapere cosa fa in ogni momento della giornata e pretendere di decidere che auto guiderà, che pc userà e che vestiti indosserà è stalking. Inoltre Christian si arrabbia quando Anastasia beve con i suoi amici per festeggiare la laurea (che maledetta ribelle, come potuto voler festeggiare un traguardo così importante bevendo alcol?!) lui la sgrida dicendo: «Ti sei messa in pericolo!» Onestamente… ti prego!
   Non posso credere che questo libro sia diventato così famoso, sul serio. Penso che il modello di uomo e di coppia che propone non andrebbe giù alla metà delle sue fans, se si trovassero costrette a viverlo.
   La prossima volta che sento la mia amica dire «Christian Gray, l’uomo perfetto», le faccio un pippone tale che non me lo nominerà mai più!

giovedì 4 aprile 2013

L'insostenibile certezza del se - Spoiler 9

Capitolo 9: Il ritorno del figliol prodigo
 
La città respira.
La gente si agita.
La conversazione.
Il prezzo è- Cosa?!
Echoes - The Rapture
 
Non voglio molto per Natale,
C'è solo una cosa di cui ho bisogno.
Non m'interessa dei regali
Sotto l'albero di Natale.
All I want for Christmas is you - My Chemical Romance

   Nel prossimo capitolo scopriremo altre cose sulla relazione fra Gregory e Jazebel, inoltre si avvicina il Natale, i preparativi per le feste e le vacanze. Tuttavia non dimentichiamoci che Gregory tornerà a casa per le vacanze per incontrare Florian Fortebraccio e farsi raccontare di più sull'omicidio di suo padre.
   The Rapture è una canzone con la quale ero andata in fissa quando guardavo Misfits, invece la versione di All I want for Christmas dei MCR è una delle mie preferite, per cui ve la propino!

mercoledì 27 febbraio 2013

Hunger games - Suzanne Collins

   Spinta dalla curiosità e da quanto il film mi era piaciuto quando sono andata a vederlo l’anno scorso, ho letto Hunger Games, il nuovo fenomeno teenager librario di massa.
   Devo ammettere che anche se sapevo come sarebbe andato a finire mi è piaciuto moltissimo, e apprezzo che ci sia un fenomeno di massa diverso da un cattivo che s’innamora di una bella, sconfiggono altri cattivi con il loro aMMore e vivono per sempre felici e contenti.
 
Tipo questo... giusto per fare un esempio!
(Il commento della Meyer rende tutto ancora più sospetto.)
   Ci sono un bel po’ di cose da dire a proposito di Hunger Games, per cui mettetevi comodi e godetevi questa recensione.
 
La trama
   Katniss Everdeen vive nel Disdretto 12, il più povero fra tutti, in una terra che si chiama Panem (ex nord America). A causa di una rivoluzione dei tredici distretti (il tedicesimo venne poi letteralmente raso al suolo), attaccarono Capitol City, ogni anno, da settantaquattro anni, la capitale organizza gli Hunger Games, per tenere sotto controllo la nazione.
   Un maschio e una femmina di ogni distretto, di età compresa fra i dodici e i diciotto anni, vengono portati in un’arena per combattere fino alla morte. L’ultimo sopravvissuto vince gli Hunger Games e, oltre a salvarsi la vita, che non è male, diventa ricco e famoso in tutta Panem, siccome lo show è diretto in mondovisione ed è obbligatorio guardarlo.
   Per salvare la sorellina minore, che viene scelta alla Mietitura, Katniss si offre volontaria come Tributo per partecipare agli Hunger Games, e assieme a lei viene scelto Peeta Mellark, il figlio del panettiere, il classico ragazzo che non ucciderebbe neanche una mosca.
   Sul treno che li scorta a Capitol City conoscono il loro mentore, l’unico vincitore del distretto 12, Haymitch Abernathy. Durante i pochi giorni che passano da quando vengono portati a Capitol City Haymitch li aiuterà a capire come sopravvivere agli Hunger Games, consigliando loro come essere simpatici al pubblico e ai ricchi sponsor, che possono procurargli aiuto quando saranno nell’arena.
 
 
   A causa di una frase detta da Peeta il pubblico pensa che lui e Katniss siano innamorati, quando è palese che lo è solo Peeta, e Katniss pensa invece a come sopravvivere e tornare a casa dalla sua famiglia.
   Gli Hunger Games hanno inizio, e Katniss, nell’arena (un enorme bosco), riesce a sfuggire a tutti grazie alle tecniche di sopravvivenza imparate e alla sua abilità nella caccia. Il tempo passa e molti Tributi vengono uccisi, compresa la ragazzina di soli dodici anni con cui Katniss si era alleata, Rue.
   Quando l’annuncio che le regole sono state cambiate, e che i vincitori possono essere due, purché dello stesso Distretto, Katniss trova Peeta. Il ragazzo è ridotto in fin di vita, con un grosso taglio sulla coscia che si è infettato. Facendo finta di essersi innamorata di lui, Katniss ottiene il favore degli spettatori e degli Sponsor, che gli mandano cibo e medicine.
   Nell’arena rimangono solo Katniss, Peeta e Cato, uno dei più pericolosi Tributi. Cato rimane ucciso dalle belve che vengono create per mettere in difficoltà gli ultimi giocatori e rimangono solo Katniss e Peeta. Alla loro sopravvivenza gli organizzatori, detti Strateghi, cambiano idea e decidono che deve esserci un solo vincitore (come si suppone avessero già deciso fin dall'inizio), ma Katniss propone a Peeta di non dare loro nessuno vincitore, e di mangiare delle bacche velenose. All’ultimo secondo, appena prima di ingoiare le bacche, vengono proclamati entrambi vincitori dei settantaquattresimi Hunger Games.
   Alla fine dei giochi è chiaro che Katniss non è innamorata di Peeta e che il sindaco Snow di Capitol City reputa Katniss una pedina pericolosa. I due vincitori fanno ritorno nel distretto 12, ma la capitale non ha ancora perdonato Katniss.
 
Suzanne Collins
L’idea
   Non posso dire che quella della Collins sia stata un’idea del tutto nuova. Ad esempio c’è Battle Royal, in cui il principio è più o meno lo stesso, e quando siamo arrivati al decimo Grande Fratello in molti hanno espresso l’idea di «lasciarli rinchiusi senza cibo e vedere chi sopravvive alla fine.», il che, a mio parere, libererebbe il mondo da certa gente spaventosa. Tuttavia Susanne Collins l’ha pensata molto meglio di altri.
   In un certo senso è tutto molto semplicistico, le spiegazioni che vengono date riguardo agli Hunger Games e all’organizzazione del “nuovo mondo” creato dalla Collins sono molto basiche. Nonostante questo il romanzo non ne perde molto, ed essendo un libro indirizzato principalmente ad un pubblico di ragazzi la cosa è comprensibile.
   L’unico fatto che mi sento di criticare qui è il modo in cui vengono presi certi atteggiamenti. Mi spiego meglio: l’idea della morte e delle sue conseguenza psicologiche e sociali è presa alla leggera, a mio parere. Anche se si intuisce che i personaggi la ritengono una cosa orribile, non viene sprecata una parola al riguardo.
   Il mondo futuristico di Panem creato dalla Collins mi piace molto. Forse perché è così esagerato dal punto di vista estetico, e da un lato anche perché mi piace l’idea che ci siano degli Hunger Games. Non tanto per la storia dei “giochi” in sé, ma perché si aprono infinite possibilità riguardo a come la popolazione si potrebbe ribellare (e so che lo farà nel prossimi libri). Non solo con le armi, ma anche con la psicologia.
   In fondo viene detto chiaramente che gli Hunger Games non sono stati creati per dare al pubblico violenza, ma per far capire ai Distretti che Capitol City ha tutte le loro vite nelle sue mani. A questo punto i modi per rivoltarsi diventano centinaia, e la cosa più interessante è che riguardano soprattutto l’aspetto psicologico. Un esempio lampante è come Katniss e Peeta sono sopravvissuti: minacciando la malriuscita degli Hunger Games, lasciando la popolazione senza vincitori, alla fine sono riusciti a sopravvivere entrambi.
 
I personaggi nel film
Lo stile e i personaggi
   Stile semplice e adatto al pubblico che vuole colpire. Susanne Collins non è certo un genio della retorica, ma in questo caso è la storia la cosa più interessante, e lo stile non è essenziale per la lettura.
   La prima persona a mio parere è stata una scelta un po’ infelice, perché ti fa già capire come finirà il libro. Certo, uno potrebbe anche pensare che si tratti di un diario di memorie, o che la storia termini tragicamente, ma già dall’inizio si capisce che non è questo tipo di libro (sarebbe come se Harry Potter morisse e vincesse Voldemort!).
   I personaggi risultano a volte un po’ piatti, ma non tutti, e non in maniera tanto drammatica come in altri casi.
   L’unico difetto della protagonista (e il fatto che abbia trovato un solo difetto è già una conquista enorme!) è che, anche se Peeta le fa una corte spietata e per nulla nascosta, lei non si rende conto di nulla fino alla fine, il che è una cosa stupida dato che ci pensa un bel po’ a Peeta – nonostante la costante minaccia di morte che grava sulla sua testa. In compenso mi piace perché è un po’ stronzetta, perché si sbaciucchia Peeta senza ritegno per prendere in giro il mondo intero e avere più sponsor degli altri.
    Non pensiate che a me piacciano particolarmente i personaggi negativi, solo che mi piace vederli con qualche difetto. Inoltre, in una situazione di vita o morte, Katniss è del tutto giustificata a comportarsi da stronza, qualora lo volesse.
   Peeta Mellark mi piace come personaggio. La scrittrice le ha dato una personalità vera, a tutto tondo. Riesco a immaginare benissimo un tipo come Peeta nella vita reale, ed è per questo che mi piace. Forse anche per questa ragione mi dispiace molto per la sua sfortunatissima vita sentimentale. Fa la figura del ragazzo un po’ tonto, ma non credo che sia così: secondo me lui è ottimista, pensa sempre il meglio delle persone, e si capisce dal suo comportamento. Il fatto che si possano fare supposizioni come questa sul carattere di un personaggio, significa che è stato realizzato bene, o no? Non si possono fare supposizioni su personaggi noiosi o prevedibili.
   Gli altri sono poco o niente caratterizzati, perlopiù stanno sullo sfondo e si beccano la simpatia ma più spesso l’odio e il disprezzo di Katniss.
 
In conclusione
   Di certo leggerò anche gli altri libri, attendo i prossimi film con aspettativa, e sono molto curiosa di sapere come continuerà la storia. Sono molto esigente, e spero di non venire delusa, ma sono anche ottimista e credo proprio che i prossimi libri mi piaceranno.
   Felici Hunger Games, e possa la fortuna sempre essere a vostro favore!

giovedì 21 febbraio 2013

L'insostenibile certezza del se - Spoiler 8

Capitolo 8: Il reparto proibito.

Felice di conoscerti.
Non pensare che io sia molto bravo in questo.
Ti faccio vedere.
Tocco - U2

Perché il tepo ci sfugge
Ma il segno del tempo rimane.
Le rane - Baustelle

lunedì 28 gennaio 2013

Pop corn #2

Lo Hobbit (2012)
Sono andata a vederlo al cinema
e credo di essermi innamorata di Bilbo.
 
I mercenari 2 (2012)
Non il mio genere,
è stato piacevole perché visto assieme agli amici.

Splatters - Gli shizzacervelli (1992)
Uno dei primi film di Peter Jackson,
guardato per curiosità, sono rimasta soddisfatta e stupita.

Sucker Punch (2011)
Cervellotico, effetti speciali fighissimi,
solo un po' troppe fighette che non hanno ragione di essere tali, per i miei gusti
(insomma, voglio dire, che cacchio ci vai a fare nel gelo dell'antartide in minigonna?!).
 
La mala educaciòn (2004)
Primo film di Pedro Almodovar che guardo,
inquetante e alla fine sorprendente, mi ha tenuta incollata allo schermo.

venerdì 25 gennaio 2013

L'insostenibile certezza del se - Spoiler 7

   Capitolo 7: «Ora ricordo.»
   Oh no, non io!
   Non ho mai perso il controllo.
   Sei faccia a faccia
   Con l'uomo che vendette il mondo.
   David Bowie - L'uomo che vendette il mondo


   Overture 1812 - Tchaikovsky


   Nel prossimo capitolo un professor Piton che si trova faccia a faccia con i suoi errori del passato, lui è l'uomo che ha venduto il proprio mondo.
   Una delle composizioni classiche più  inquetanti, forse proprio perché colonna sonora di V per Vendetta, farà questa volta da sfondo alla vendetta di Gregory Suffon.

mercoledì 23 gennaio 2013

La bambina che amava Tom Gordon - Stephen King

   Mi sono ricreduta su Stephen King grazie ad un solo libro letto più che altro per curiosità: con 22/11/’63 Stephen ha guadagnato una nuova adepta.
   Essendo, prima di Natale, a corto di libri da leggere, ho sbirciato nella piccola ma importante (nel senso di pesante letterariamente parlando!) libreria del mio fidanzato e ho trovato un vecchio libro con le pagine un poco ingiallite e spesse. Era “La bambina che amava Tom Gordon”, e siccome il titolo mi sconfinferava ho deciso di leggerlo.
 
 
La trama
   Patricia – Tricia – McFarland è la sorella minore (nove anni) in una famiglia che conta lei, suo fratello e i suoi genitori, che si stanno separando. Durante una gita domenicale nel bosco assieme alla madre e al fratello Tricia decide di lasciare il sentiero perché le scappa la pipì, senza che nessuno dei suoi familiari se ne renda conto, dato che entrambi sono impegnati in un acceso quanto estenuante litigio.
   Dopo aver espletato i suoi bisogni al riparo degli alberi, Tricia decide di continuare a camminare in mezzo al bosco per raggiungere di nuovo il sentiero in un secondo momento. Comincia a camminare dritto e prosegue per qualche ora, fino a che non si rende conto di essersi persa. La paura e la sorpresa sono tali che Tricia inizia a correre e finisce dentro ad un tronco che contiene un nido di vespe. La bambina fugge e cade vicino ad un ruscello, ma ormai è irrimediabilmente perduta, piena di punture, sporca e impaurita.
   Con nello zaino una bottiglia di limonata e una di acqua, un sandwich al tonno, un uovo bollito e delle merendine decide di seguire il percorso del fiume, pensando che la porterà in qualche luogo abitato.
   Passa un giorno e una notte, nella quale Tricia impara le più semplici regole della sopravvivenza grazie all’esperienza diretta: per non farsi pungere dagli insetti si spalma di fango, per dormire si ripara sotto a dei rami, raziona le sue scorta di cibo (che comunque durano solo per i primi due giorni) e cerca di risparmiare più energia possibile.
   Senza che se renda conto il fiume che sta seguendo diventa sempre più flebile. Scompare e si trasforma in una palude.
   Dopo qualche tentennamento Tricia decide di guadare la palude e, scarpe da ginnastica legate al collo, la attraversa. Perde molte delle sue energie nell’attraversamento della palude e lì comincia ad avere il primo sentore di qualcosa, nel bosco, che la segue. Un mostro, pensa l’immaginazione di Tricia, un mostro orribile che vuole mangiarmi. Ma se si tratta solo dell’immaginazione di una bambina, allora come si spiegano le carcasse di animali morti?
   Tutte le notti, avida di contatto umano, Tricia tira fuori il suo walkman e cerca alla radio le partite dei Red Sox, per i quali gioca il lanciatore Tom Gordon, il giocatore preferito di Tricia. Sa anche, grazie alle notizie sentite alla radio, che le ricerche per la sua scomparsa sono iniziate già dalla sera stessa in cui si è persa, ma sarebbe estremamente delusa se sapesse che già nei primi tre giorni si è allontanata di nove miglia dal raggio di ricerca stabilito dalla polizia.
   I giorni passano e, uscita dalla palude, Tricia finisce le sue scorte di acqua. Disidratata e affaticata, trova per sua grande fortuna un grosso fiume ma, bevendo a grandi quantità l’acqua all’apparenza limpida, la prima volta si sente male. Dopo un po’ il suo corpo si abitua e la bambina riesce anche a fare scorte di cibo grazie delle bacche acidule e delle piccole ghiande, di cui si riempie lo zaino.
   La sera continua a tifare i Red Sox ma si sta ammalando, e durante il giorno la stanchezza e la malattia la inducono a visioni terrificanti: il mostro misterioso continua a seguirla, un sacerdote con la testa foramta da un nido di vespe la reclama, e radure piene di animali morti e gocciolanti sangue la perseguitano. Si ritrova a parlare con Tom Gordon stesso, con suo padre o con la sua migliore amica Pepsi, salvo poi per scoprire che non sono mai stati con lei.
   Tricia arriva ad una seconda palude ma, erroneamente, non la attraversa. Peccato, perché al di là della palude c’era un laghetto molto frequentato dai pescatori. Tormentata dal mal di gola e dalla febbre, la bambina continua il suo cammino.
   Quando è al limite delle sue forze sente il rumore di una furgoncino e sa che sta per giungere ad una strada, ma proprio in quel momento la presenza che le è stata tanto vicina in quei giorni, il mostro che aveva persino dormito al suo fianco una notte, la raggiunge: un orso.
   L’animale si avvicina tanto da annusarle il viso e la bambina, imitando la mossa di Tom Gordon, afferra il suo walkman ormai scarico e lentamente si piega con il braccio all’indietro a prepararsi al lancio. L’orso comincia a ritirarsi, come allarmato dalla curiosa mossa di quell’esserino dall’aria risoluta, e fugge definitivamente quando un cacciatore che ha visto tutta la scena da lontano gli spara ad un orecchio.
   Tricia viene salvata dal cacciatore e ricoverata d’urgenza in ospedale, ma prima di addormentarsi guarda suo padre negli occhi e punta un dito al cielo, come fa Tom Gordon quando chiude la partita.
 
Stefano Re
(Conosciuto anche con l'mproprio nome di Stephen King)
 
Lo stile
   La storia è semplice e un poco scarsa per quanto riguarda i fatti accaduti (si potrebbe facilmente descrivere come “la storia di una bambina che si perde nel bosco”) e a questo Stephen King ha contrapposto una narrazione ricca di dettagli. A volte scorrevole, a volte, devo ammettere, mi annoiava.
   Il narratore è onnisciente, per cui il lettore sa tutto quel che la protagonista ignora: sa che se avesse attraversato la seconda palude avrebbe trovato subito delle case, sa che se avesse continuato a tirare dritto per un po’ avrebbe ritrovato il sentiero, sa che anche se stanno cercando la protagonista sono del tutto fuori strada. Sono dettagli che non dovevano essere per forza dati al lettore, ma se la vicenda ti ha coinvolto è assicurato che ti esasperino. Viene voglia di poter parlare con Tricia per dirle dove deve andare!
 
Dantesco
   L’unico personaggio veramente approfondito è per l'appunto Patricia, mentre tutti gli altri, per quanto vengano citati, sono visti solo dal punto di vista della bambina.
   Verso la fine del romanzo tutto comincia a diventare molto inquietante e soprattutto incalzante, perché sembra di essere sempre arrivati al limite fisico e mentale di Tricia. In questo punto della narrazione compare più tangente che mai il personaggio di Tom Gordon.
   Lui è la ragione di Patricia, le consiglia come fare per risparmiare energie, la sprona, la aiuta quando lei ha la mente talmente annebbiata che non riesce a ragionare. Questo mi ha fatto venire un po’ in mente il Virgilio di Dante; Tom Gordon diventa una sorta di guida, anche se è molto più pratico di Virgilio, adatto al viaggio per nulla spirituale di Tricia.
 
Tom Gordon
 
Non sono convinta
   La sola cosa, purtroppo, che non mi convince di questo libro è anche una cosa fondamentale, una cosa che sta alla base della storia. Per dirla in breve: Tricia non si comporta come una bambina.
   Sì, forse io sono esigente in termini di personaggi, soprattutto quando si tratta di bambini, perché ne trovo a iosa che non sembrano affatto bambini ma si comportano e pensano come adulti. Ce ne sono veramente pochi, di cui ho letto, che mi sono sembrati personaggi veritieri e coerenti.
   Anche Stephen King è caduto nella trappola del “personaggio bambino”!
   Tricia ha dei comportamenti tipici di quelli dei bambini, ad esempio si dispera e diventa isterica delle volte, piange e dopo che si è sfogata si sente molto meglio, scioccamente invece di stare ferma in un posto attendendo pazientemente i soccorsi decide di continuare a camminare, e queste sono tutte cose che un bambino potrebbe benissimo fare. Però le viene in mente di seguire il fiume quando ne trova uno, le viene in mente di non mangiare certe foglie con del sangue di animale sopra, le viene in mente di seguire un certo percorso invece di un altro quando comincia a trovare tracce di civiltà, e un sacco di altre cose che i bambini non sanno. Non credo che a nove anni ti venga in mente di razionare del cibo dalle prime ore in cui sei perso nel bosco, dai per scontato che verrai presto ritrovato!
   Questa obiezione potrebbe sembrare poca roba, ma secondo me è importante, perché se Tricia si fosse comportata come i bambini di nove anni che conosco io, il libro avrebbe avuto una tragica e veloce fine.

giovedì 3 gennaio 2013

L'insostenibile certezza del se - Spoiler 6

   Capitolo 6: L'indecisione in generale

   Mi sento bene - James Brown
   Woo! Mi sento bene!

   Uno per i falliti - Green Day
   Juliet sta provando a trovare quel che vuole
   Ma non sa:
   L'esperienza la fa soccombere.
   Guarda in questa direzione,
   So che non è la perfezione, sono solo io!
   Voglio tirarti su di nuovo adesso.

Storia di un topo e del gatto che diventò suo amico - Luis Sepùlveda

   Mi hanno regalato questo libro poco fa e, nel mezzo delle feste, ci ho messo tre giorni a leggerlo con tutto quel che avevo da fare, anche se sono un centinaio di pagine scarse! Non mi dispiace però, non volevo che finisse.
   Il titolo (titolo originale: Historia de Mix, de Max y de Mex) dice già tutto, per questo, e perché comunque non riuscirei a parlarne in maniera decente, non scriverò una recensione nel vero senso della parola.
   Vi lascio solo alcune delle frasi che ho sottolineato perché sono quelle che mi sono piaciute di più:
 
   «Potrei dire che Mix è il gatto di Max, oppure che Max è l’umano di Mix, ma […] non è giusto che una persona sia padrona di un’altra persona o di un animale, quindi diciamo che Max e Mix, o Mix e Max, si vogliono bene.»
 
   «Max si prendeva cura di Mix, e Mix si prendeva cura della dispensa, perché i topi non si avvicinassero alla scatola di cereali al cioccolato, i preferiti di Max.
  «Anche se non c’erano topi in casa, Mix svolgeva volentieri il compito di guardiano della dispensa, perché sapeva che Max era suo amico e un amico si prende cura di ciò che piace all’altro.»
 
   «Per tutto il tempo – lungo o breve, non importa, perché la vita si misura dall’intensità con cui si vive – che il gatto e il topo trascorsero assieme, Mix vide con gli occhi del suo piccolo amico e Mex fu forte grazie al vigore del suo amico grande.
   «E i due furono felici, perché sapevano che i veri amici condividono il meglio che hanno.»