mercoledì 28 dicembre 2011

Grandi imprese natalizie

   So che è passato Natale già da un po' (le giornate di festa sembrano stranamente più lunghe, almeno a me). Comunque quest'anno per qualche strano motivo ho guardato diversi film di Natale.
   Di solito i film di Natale li detesto, ma vederne tanti quest'anno mi ha permesso di fare una top five.
   Se volete rinconglionirvi di feste e cioccolatini, e magari farvi venire così un po' di spirito natalizio, per il prossimo anno potete prendere spunto dalla mia personale top five di film di Natale:


V posto
Babbo Bastardo


   Dal titolo, lo so, non sembra che abbia colto lo spirito del Natale, ma alla fine fidatevi che è così. Anche un brutto ceffo come Billy Bob Thornton in quella foto può avere un animo nobile.


IV posto
Miracolo nella 34° strada


   Ma quello in bianco e nero del '47, non la versione degli anni '90, che era brutta e cattiva!


III posto
Canto di Natale


   Qualsiasi versione va bene, pure quella di topolino (che personalmente da piccola adoravo!). Mi è sempre piaciuta la storia dei tre spiriti del Natale e del signor Scrooge che se va a spasso nel tempo.


II posto
The nightmare before Christmas


   In assoluto uno dei miei preferiti! So ancora le canzoni a memoria, anche se non so quanto sia normale, quindi dimenticate ciò che vi ho detto.


I posto
Una promessa è una promessa


   Il I e il II posto sono stati parecchio dibattuti, ma alla fine ho scelto questo film come primo perché adoro vedere Arnold che una volta tanto non fa film d'azione.
   Questo film secondo me è perfetto, anche se alla fine c'è il messaggio buonista del bambino che al posto di prendersi il suo giocattolo lo regala a qualcun'altro. Io sono cinica per queste cose. Sì, insomma, io il gioco me lo sarei preso! (Ciò dimostra che nonostante le vagonate di film lo spirito del Natale non ha fatto breccia nel mio cuore.)
   Comunque credo di essere abbastanza affezionata a questo film, anche perché è entrato a far parte della tradizione di famiglia, ormai. Mio padre si sente sempre molto eroico quando lo guarda, ancora oggi ad anni di distanza. Credo che immagini di essere come Arnold, e di compiere grandi imprese natalizie per tutta la famiglia!

martedì 20 dicembre 2011

L'oscurità porta profitto

   Torno alla carica con la mia ossessiva voglia di rileggere tutti gli Harry Potter, cosa veramente molto facile dato il fatto che ne so buona parte a memoria. Tuttavia rimane sempre qualcosa da scoprire!
   Quando ho letto per la prima volta “Harry Potter e la Camera dei Segreti” non mi era piaciuto moltissimo, e per diversi anni non ha mai retto il confronto con altri libri della saga. Adesso che l’ho riletto devo dire invece che l’ho trovato piacevole, più di quanto ricordassi.
   Hogwarts si tinge di atmosfere cupe, di misteri che vanno al di là del tempo e sono sempre più intriganti e oscuri, ad un tratto del tutto illogici, tanto che smettere di leggere diventa complicato perché si vuole conoscere la risposta a questa domanda:«Ma cosa cavolo sta succedendo?!».
   Credo non ci sia bisogno di ricordare la trama, ma è chiaro che in questo libro la Rowling ha superato il primo Harry Potter per quanto riguarda lo sviluppo della storia. Quel non so che di meccanico che ho trovato nel primo volume è qui svanito, e tutti i piccoli e grandi elementi della trama che, in seguito, acquisteranno una spiegazione, si amalgamano in maniera omogena. Ogni singola parola cela dietro di sé un segreto, e con l’andare avanti delle scoperte di Harry & Co. alcune cose acquistano senso, ma anche misteri più grandi si pongono di fronte ai ragazzi, misteri che saranno svelati solo alla fine.
   In particolare mi è piaciuta molto questa versione del castello di Hogwarts: l’inespugnabile fortezza attaccata dall’interno, da un mostro sconosciuto e da qualcuno che semina il terrore nascosto in un angolo. Quasi un racconto dell’orrore, perché se ci pensiamo (anche se ogni cosa pare stranamente tranquilla nelle parole della Rowling) abbiamo gli elementi per spaventarci a morte: un mostro vaga in un castello, indisturbato, e tutti coloro che lo vedono vengono pietrificati; da qualche parte c’è una stanza segreta che è stata riaperta per sguinzagliare questo pericoloso essere, ma non è storia recente: qualcuno lo aveva già fatto cinquant'anni fa. Soprattutto questa storia del "cinquant'anni fa" mi fa impazzire!
   Insomma, il mistero regna sovrano, e questa volta ci allontaniamo un po’ dai misterucoli per poppanti del primo libro.

   Un’altra cosa che mi è piaciuta molto è che, fino alla fine, Voldemort non fa la minima apparizione, forse neanche viene citato più di tanto. Non è lui il nemico principale, per una volta, ed essendo questo solo il secondo libro è quasi come se ce lo fossimo già lasciato alle spalle, come se fosse una questione risolta. Invece proprio alla fine, track!, il lodevolissimo (e poi inquietantissimo) Tom Orvoloson Riddle in realtà è Lord Voldemort. La prima volta che lo lessi rimasi a bocca aperta, sul serio. Forse sono una facile da trarre in inganno, e quindi facile da stupire, ma davvero sembravo un pesce lesso, ero gasata da Dio…
   Torna il mito dell’antagonista affascinante, perché anche se Voldemort è un brutto cattivone senza naso né capelli, da ragazzo era alquanto avvenente, a quanto ho potuto capire. È l’unica volta in cui credo che sia giustificata una cosa del genere. Insomma, di solito non mi piacciono i personaggi cattivi che sono fighi perché… perché? Perché va di moda il ragazzo bello e dannato? Insomma, certe volte un cattivo può anche non essere un figo da paura, tanto il 90% delle volte muore! Tuttavia il fatto che Tom Riddle sia stato un bel giovane mi piace come idea, perché prima di diventare il bruttone che conosciamo (ripeto: quell’uomo non ha il naso! La cosa mi ha sempre sconvolta) doveva usare un altro modo per ottenere i favori delle persone, e l’aspetto fisico è la maniera più veloce e quella che inganna meglio.
   Mi vorrei soffermare in particolare su un personaggio però: Gilderoy Allock. Lo so, lo so, è uno dei personaggi più inutili della saga, forse anche più inutile di Madama Pince la bibliotecaria, ma rimane comunque il mio preferito in questo libro.
   Mi rendo conto che, se fosse una persona vera, probabilmente vorrei prenderlo a calci in faccia ogni volta che apre quella sua bocca dai denti ‘lavati con perlana’, ma non potete dirmi che non fa morire dalle risate! Sono morta dal ridere! Ogni volta che compare dice di quelle cose assurde, e la Rowling lo inserisce più che come elemento di disturbo, come elemento comico, il che è un bene data l’atmosfera del libro.
   Sdrammatizzare un po’ fa sempre bene, per non eccedere nel tragico strappalacrime.
   In definitiva, ho riconsiderato questo secondo volume di Harry Potter, dov’è chiaro lo sviluppo della Rowling come autrice, che questa volta ci ha dato un romanzo molto migliore di quello precedente.


P.S. con due giorni di ritardo.
Sottolineo un'annosa questione che vede coinvolta la traduzione italiana di Harry Potter, che ha fatto un casino riguardo a qualcosa di molto, molto importante.
Il libro, man mano che si va avanti, tratta tematiche importanti, e una di queste compare nel secondo libro: il razzismo. Qualcuno mi prenderà per folle, a considerare razzismo quel che c'è in questo libro, ma io credo che sia proprio così. In fondo la questione è semplice: i bianchi si sentono superiori ai neri (perché mai poi?! Preferisco non addentrarmi in questa tematica senza senso) e i maghi Purosangue si sentono superiori ai nati babbani. E' la stessa cosa.
Ma torniamo alla questione annosa. Nell'edizione italiana per parlare dei maghi con un genitore babbano e uno mago viene usato giustamente il termine Mezzosangue. Il problema è che si usa anche per i nati babbani, che di mezzo non hanno proprio nulla, sono nati come babbani a tutti gli effetti! Bene, nessuno di voi ha mai pensato che questa cosa sia un po' confusionaria? Io sì, molte volte. Fino a quando non mi è capitato di leggiucchiare alcune parti della saga in inglese (più per divertimento che altro), e allora sono stata illuminata.
La Rowling ha coniato ben tre termini che riguardano la purezza di sangue:
Pureblood - per i maghi purosangue;
Halfblood - che si usa invece per coloro che hanno un genitore mago e uno babbano;
Mudblood - ad indicare i nati babbani.
Ora, quest'ultimo è decisamente un insulto, perché si può più o meno tradurre come sangue sporco o qualcosa di simile. Mezzosangue invece, se non ho capito male, diciamo che è solo un po' indelicato da dire, ma non è che sia terribile come cosa.
Insomma... ma che cazzo ci stanno a fare i traduttori?!

sabato 17 dicembre 2011

Sullo sfondo di un racconto opaco

   Buonsalve (oggi mi sento particolarmente in vena di dirlo).
   Su richiesta di una delle autrici che hanno collaborato con EFP per il progetto di “Niente è come prima”, ho scritto una recensione ad un racconto in particolare. Attenzione, non perché lo preferisca o altro, solo perché mi è stato chiesto, e a me piace scrivere recensioni quindi ho colto l’occasione.
   Quindi adesso prendo in esame “In the background”, di Francesca Ferrara.
   Avendolo già letto una volta sapevo cosa aspettarmi, ma ho deciso di farne una seconda rilettura perché non lo ricordavo così bene. In realtà speravo che questa fosse una lettura chiarificatrice, ma purtroppo non lo è stata del tutto. Ma partiamo dall’inizio.
   La protagonista, Anna Guicciardi, mi è parsa una ragazza confusa, insicura e dalla personalità veramente detestabile. Il suo incontro con André la cambia nel profondo, e finisce per apprezzare le arti e lo studio, cose che prima detestava. Bene, questo cambiamento mi piace, ma credo che avrebbe sortito un miglior effetto se l’autrice avesse scavato un po’ più a fondo nei sentimenti di Anna. Infatti lungo la narrazione non ci sono attimi di introspezione, ma riusciamo a conoscere il personaggio di Anna dai suoi gesti e dalle sue parole. Tuttavia un cambiamento del genere è interno, non si riflette sul nostro modo di parlare, ma di pensare, e sapere che cosa pensava Anna in quel momento in cui tutte le basi della sua vita stavano venendo messe in dubbio, sarebbe stato molto più emozionante a detta mia.
   L’idea di un fantasma che viene da chissà dove e che vuole ritrovare la sua identità è molto carina, insolita ma proprio per questo originale. Devo ammettere che il mio personaggio preferito è proprio André! Mi piace il modo in cui parla, e lo immagino come un gentiluomo d’altri tempi gentile e malinconico.
   Un’altra cosa che mi è piaciuta sono i discorsi riguardo alla cultura e alla letteratura che fanno Anna e André, un po’ il fulcro del cambiamento della ragazza. Tuttavia devo ammettere che Anna sembra proprio una ragazzina difficile con cui entrare in contatto, a tratti è molto sgarbata, e mi domando perché mai André non dovrebbe andarsene a cercare qualcun altro che l’aiuti, così tutti quanti sarebbero più contenti! Insomma, perché obbligare la tua presenza a qualcuno che non ti vuole?
   La fine della storia mi ha molto stupita, perché pensavo che l’unica cosa che per André fosse finita; insomma, era tornato ovunque dovesse andare, aveva scoperto chi era. Invece no! Anna scopre all’improvviso che si era illuso di essere un altro, ma ad essere sincera non ho capito il ragionamento dell’”altra faccia della medaglia” cui l’autrice allude nelle ultime righe. E, cosa più importante, perché André torna indietro?! Quest’ultima parte mi è parsa molto caotica, non sono riuscita a capire il punto più importante della storia, quello in cui, praticamente, si spiega tutto.
   Sicuramente apprezzabili i cenni storici e la ricerca che l’autrice ha fatto, citando un quadro, un pittore e informandosi sulla sua biografia. (A questo proposito sono curiosa di sapere qual è il quadro di cui si parla nella storia, dato che ho cercato Gustave LaMerle e non ho trovato praticamente nulla.)
   A parte questo la narrazione è molto veloce, quasi affrettata come se stesse facendo una corsa per giungere ad una parte che l’autrice non vedeva l’ora di scrivere. I dialoghi mi piacciono perché sono credibili, ma non posso in tutta onestà dire di aver apprezzato la storia nella sua interezza, perché, a quanto sono riuscita a capire dagli ultimi disordinati paragrafi… no, d’accordo, non riesco neanche a trovare il punto della situazione, e sinceramente mi dispiace perché l’idea di base era molto buona, ma la storia si è giocata il finale.

giovedì 15 dicembre 2011

Fanfiction autorizzata - Un giallo fallimentare


   Da brava appassionata di Death Note quale sono, ho voluto leggere il romanzo scritto da Nisio Isin, che sarebbe una sorta di spin-off del manga, una fanfiction autorizzata, se vogliamo.
   Lo so, probabilmente avrei fatto meglio ad ordinarlo in inglese, ma conoscendomi ho immaginato che dopo un po’ la pigrizia avrebbe avuto il sopravvento, e mi sarei stufata di leggere in inglese, abbandonando così l’opera. Onde evitare questo, mi sono fatta passare una copia del romanzo in formato pdf che una persona coraggiosa ha voluto tradurre dall'inglese in italiano.
   Purtroppo devo dire che, non essendo un professionista, questa persona ha tradotto alcune parti davvero molto male, tanto che la sintassi delle frasi è a tratti simile a quella inglese, mentre a volte non si capiscono bene i ragionamenti. Per di più ci sono diversi errori di distrazione. In fondo sarebbe bastato far leggere a qualcun altro l’opera conclusa, perché chi scrive ormai non vede più certi errori. Devo ammettere che però anche io ho un cuore, e mi dispiace molto dire queste cose, perché era chiaro l’entusiasmo del traduttore. Non lo biasimo però, perché in effetti ci sono professionisti per questo genere di lavori, e anzi devo dire che è stato proprio coraggioso a imbarcarsi in quest’impresa.
   Ma passiamo al romanzo. Purtroppo non mi sento del tutto di promuoverlo, e non credo che lo rileggerò una seconda volta, anche se è ormai parte di uno dei miei manga preferiti. Quel che ho apprezzato molto di questo lavoro è stata la scelta dei personaggi, mentre non mi è piaciuta affatto la parte investigativa.
   Il caso degli omicidi di Los Angeles di BB era davvero molto, molto complicato, e la cosa non mi ha sorpresa più di tanto. Quello che mi dava fastidio era il metodo di ricerca: la maggior parte delle conclusioni che Naomi Misora ha tratto (seppur guidata da mano esperta – quella del serial killer) sono molto forzate a mio giudizio, tanto da farmi pensare che, se si fosse trattato di un vero caso, nessuno avrebbe mai potuto risolverlo, così come non sarebbe stato possibile per Naomi risolverlo senza le spintarelle di Ryuzaki nella giusta direzione. Mi chiedo anche a cosa sia esattamente servita la loro collaborazione, perché sono sicura che L avrebbe potuto far risolvere il caso a Misora o risolverlo lui stesso, e BB ha messo in pratica una collaborazione inutile, perché la sua trappola per L era attuabile anche senza Naomi.
   L’unica intuizione naturale che ha fatto Naomi Misora è stato qualcosa a cui tutti, e a maggor ragione un’agente dell’FBI, sarebbero potuti arrivare: il fatto che Ryuzaki sapesse della capoeira, quando lei ne aveva parlato solo con L e si era difesa con quella tecnica quando era stata aggredita, l'ha fatta arrivare alla conclusione che il suo collega era l'aggressore. Lì però per forza di cose! Insomma, ci ero arrivata anche io – non esattamente un detective – al fatto che quello era un grosso errore da parte di Ryuzaki, e allora ho capito che lui era BB.
   Il ragionamento di BB per quanto riguardava la costruzione degli omicidi di Los Angeles, il fatto che lui volesse “travestirsi” da ultima vittima perché L non scovasse mai il killer, dato che era morto, era molto bello. E credo che tutte le turbe psichiche di BB fossero ben pensate. Anche io se fossi destinata ad essere una scadente copia dell’originale L m’indignerei, e tentare di sorpassarlo in un caso sarebbe il modo giusto per combatterlo!
   Ciò che mi è piaciuto molto della storia sono stati i personaggi. La scelta di Naomi Misora, prima di tutto! Non che il suo personaggio mi stia particolarmente simpatico, ma è bello vedere in azione una donna in Death Note, ogni tanto, e lei era di certo la più adatta. Ho adorato la fine, quando a sua insaputa incontra L e lo arresta! Divertentissimo lui che tenta di colpirla con la capoeira (e così sappiamo anche come mai ha deciso di impararla)! Mi piace anche la scelta di Mello come narratore. E' una sorta di rivincita contro Near, a mio parere, essere a conoscenza di questa storia.
   Purtroppo però questo voleva essere un giallo, oltre che un omaggio a Death Note, e credo proprio che abbia fallito miseramente il primo intento.

domenica 11 dicembre 2011

Mancanza di budget o di attenzione?

   Il primo film di Harry Potter uscì in quello che sembra l’ormai lontano 2001, con la regia di Chris Columbus. All’epoca avevo dieci anni, e ricordo che andai a vederlo con i miei genitori, e poi insistetti per andare a vederlo di nuovo con un’amica, ma con tutta la loro pazienza i miei me lo proibirono (giustamente, potrei aggiungere oggi, ma allora mi parve un grave abuso di potere da parte loro).
   Non intendo recensire questo film in modo esaustivo, perché non ne sono capace, insomma, non ne so niente di fotografia, luci, angolazione delle riprese e roba varia, quindi questo è un semplice commento da fan di Harry Potter che guarda i film e che, inevitabilmente, si ritrova a cercare le tracce del mondo che la Rowling ha creato.


   Il primo e il secondo capitolo (“Il bambino sopravvissuto” e “Vetri che scompaiono”) sono stati stringati in meno di dieci minuti di film, ma credo che questo sia uno dei più sapienti riassunti che io abbia mai visto. In particolare mi è piaciuta moltissimo la recitazione. Ho adorato Fiona Shaw, che interpreta zia Petunia, anche se certo i coniugi Dursley mi sono sembrati un po’ troppo vecchi (credo che non raggiungano i quarant’anni quando la storia ha inizio); e anche la recitazione del giovanissimo Dudley (Harry Melling), proprio un bambino antipatico. Stranamente Richard Griffiths, uno dei miei attori preferiti, non mi è piaciuto molto, era troppo esagerato per i miei gusti.

   A causa di una mia malformazione genetica, probabilmente, adoro guardare i film in lingua originale, e ho notato che quelli che, in italiano, prendevo per dialoghi con parole e modi di dire non più in uso, sono in realtà del tutto veritieri in inglese. Questo nulla toglie al doppiaggio italiano, che credo sia uno dei migliori (soprattutto se paragonato a quello spagnolo, che mi fa crepare dalle risate).

   Per quanto riguarda Daniel Radcfliffe, mi spiace per i fan ma lo boccio su tutta la linea. Almeno in questo primo film. Prego, nessuno tiri fuori la storia che era ancora piccolo, perché qui è pieno di giovani attori e credo che inetto come lui non ci sia nessuno – tranne forse la balbuzie del professor Raptor.

   Una delle cose più belle di questo film sono i set. Il set di Diagon Alley, ad esempio, è meraviglioso! La Gringott, tutta storta, è bellissima. Così come Hogwarts, che ha qualcosa di particolare in ogni inquadratura.
   Purtroppo proprio con l’entrata a Diagon Alley, quando si apre il muro di mattoni, cominciano a esserci pecche negli effetti speciali, perché si vede benissimo che quel muro di mattoni in movimento è falso, così come il passaggio al binario 9¾. Eravamo nel 2001, sì, e gli effetti speciali hanno fatto passi avanti incedibili (se avete avuto la sventura di andare a vedere “Transformers 3” lo saprete di certo), però vorrei ricordare alla gente che nel 2001 è uscito anche “Il signore degli anelli – La compagnia dell’anello”, i cui effetti speciali erano grandiosi.
   Ora, una delle mancanze più grandi di questo film sono gli effetti speciali, che in questa prima produzione sono veramente, veramente pessim- … Meglio dirlo con classe, no? Ebbene sì: fanno cagare! L’apoteosi di questo cattivo utilizzo di Photoshop arriva quando Harry vola per prendere le chiave alata. Se non si nota quello, davvero, avete le fette di salame sugli occhi. Cos'è? Gli mancava il budget?


   Purtroppo devo dire che l’arrivo di nuovi attori, come Rupert Grint (Ron Weasley) e Emma Watson (Hermione Granger), non fanno altro che sminuire ancor più profondamente il povero, povero Radcliffe. In questo film adoro Hermione, è davvero seccante e anche il suo aspetto è azzeccato. Comunque sia credo se dovessi scegliere l’attore secondo me migliore, in questo primo film, parlando dei ragazzi, la scelta sarebbe ardua fra Tom Felton e Rupert Grint. Anche se devo ammettere che, per essere il suo secondo film, Grint ha fatto un lavoro ottimo, quindi questa volta la mia preferenza va a lui! Rosso power (e che nessuno si azzardi a fare una parola sul comunismo)!
   Decisamente i film contribuiscono al mito del Ron deficiente: insomma, lui è l’unico a non rilassarsi quando il Tranello del Diavolo attacca i ragazzi.
   Di questa parte mi spiace molto che non abbiano fatto vedere tutte le prove dei professori: c’era il Tranello della Sprite, le chiavi incantate da Vitious, la scacchiera gigante della McGranitt, e mancano il mostro di Raptor e le pozioni di Piton.
   Durante la scena delle chiavi Harry dice una cosa però che mi lascia da pensare, e cioè: «E’ troppo semplice». Ma certo bello che è troppo semplice! E’ troppo semplice se un segreto segretissimo del mondo magico può essere svelato in una corsa a ostacoli da tre bambini di undici anni! Una piccola mancanza della Rowling.

   Sugli attori più grandi, probabilmente sono di parte. Okay: sono di parte. Il migliore per me è Alan Rickman. Un po’ perché mi piace Piton, un po’ perché lo interpreta egregiamente, credo che sia perfetto. Certo, anche con Piton hanno toppato alla grande con la sua età: in teoria dovrebbe avere, in questa prima parte, trentun anni. Non c’è neanche bisogno che ve lo dica, no?, che Rickman nel 2001 aveva passato quella gloriosa età da molto, molto, molto tempo. Vi basti sapere che è del lontano ’46. Praticamente storia.
   Anche Albus Silente però, interpretato qui da Richard Harris, è grandissimo. Mi ispira proprio quel che dovrebbe ispirare Silente: intelligenza, saggezza, pazienza ma anche quel sottile senso dell’umorismo.

   A parte tutto ci sono alcuni piccoli particolari che mi disturbano.
   Ad esempio: mi sarebbe piaciuto che il Cappello Parlante venisse sentito solo da chi lo indossava, e suppongo che il regista e tutto il suo stormo di assistenti potevano sforzarsi di trovare un modo per farlo (sono lì per quello no?).
   Un particolare che detesto di sicuro è quello delle scale che cambiano. Voglio dire… Perché?! Ci sono già così tante cose fighe, non c'è bisogno di aggiungerne un’altra. Se poi era solo un mero tentativo di far sembrare l’entrata dei ragazzi al terzo piano cosa casuale, be’, anche qui potevano inventarsi di meglio.
   Allo stesso modo ci sono scene che ritengo inutili, ad esempio come mai Harry alla partita di Quiddich si mette in piedi sulla scopa? Non ha senso!

   Un paio di cose che non c’entrano molto direttamente con il film, ma in generale con la storia:
   Uno – come fanno i maghi a stare seduti su delle scope? Voglio dire… per ovvi motivi, non dovrebbero sentire male?
   Due – solo a me viene in mente che tenere un cane a tre teste dentro uno stanzino per un anno intero equivale a una grave violazione dei diritti sugli animali?
   Tre – perché mai un ragazzino miope dovrebbe essere bravo a giocare a Quiddich e, nello specifico, riuscire a vedere una palla piccola come una noce? Senza contare che Harry non cambia i suoi occhiali neanche una volta in sette libri, e probabilmente non li ha mai cambiati!


   A parte questo mi dispiace che alcuni personaggi siano stati tanto bistrattati. Ad esempio Neville: la punizione di Harry, Ron e Draco non era assieme a Hermione, ma assieme a Neville. Così come non esiste Pix, il che mi dispiace moltissimo perché era veramente un bel personaggio ed era uno di quelli che non vedevo l’ora di sapere come fosse. Che delusione quando ho visto che non c’era!
   In quella stessa scena della punizione si vedono due cose orripilanti per quanto fatte male: il centauro Fiorenzo, e quello che sarebbe dovuto essere un irriconoscibile professor Raptor, che per qualche stramba ragione striscia a qualche centimetro da terra come se non avesse corpo solido. Non capisco, è come se non avessero letto il libro con attenzione, per fare certi errori!

   Riguardo ad altri aspetti come la fotografia, il trucco e cose simili, non mi dilungo, perché non so neanche che cosa siano. L’unica cosa che mi faceva un po’ ridere era la colonna sonora, che secondo me si innalzava nei momenti sbagliati. E poi i costumi, che invece erano molto fighi.

   Purtroppo devo dire che questo film non mi è piaciuto molto, sia per la recitazione del protagonista (Santa banana! Il protagonista! Potevano sceglierlo con più cura) che per gli effetti speciali, che sembrano fatti da una scimmia ritardata.

Dove stanno le anitre - prompt 6

martedì 6 dicembre 2011

Finirà con una Ciel/Sebastian

   Avida di leggere qualcosa sul mio manga-fissa del momento, sono andata all’estenuante ricerca nel fandom di Kuroshitsuji. Ahimè, ho dovuto constatare che la stragrande maggioranza delle fic sono yaoi.
   Ora, credo di averlo già detto, ma lo ridico per chi se lo fosse perso: io non ho nulla contro gli omosessuali, ma le fanfiction yaoi o slash mi disturbano profondamente, o almeno il 90%, perché hanno sempre qualcosa che trovo ridicolo ed esagerato.
   Un esempio? Eccolo: “Ever After”, di Rosebud_secret.

   Allora, l’ho letta tutta, anche perché la scrittrice aggiornava molto in fretta e i capitoli sono tutti alquanto leggeri (mi basti dire che ne ho letti una ventina in due ore circa). La trama della storia non è affatto male, infatti mi era piaciuta molto all’inizio. Allo stesso modo mi è piaciuto lo stile: semplice ma evocativo, senza troppe pretese, adorabilmente splatter. Sì, avete capito bene, adorabilmente; se fatto bene io adoro lo splatter, e questo è indubbiamente fatto bene. Tutti i capitoli finiscono con un punto di domanda, con qualcosa lasciato in sospeso, e ti lasciano una curiosità impressionante addosso. Ho fatto davvero fatica a staccarmi da questa storia ma, insomma, era quasi l’una del mattino (e infatti l’ho pagata il giorno dopo, quando è suonata la sveglia)!

   Quindi, cos’è che, verso gli ultimi capitoli, mi ha disturbata tanto? Attenzione, per chi fosse interessato a leggere la fanfiction, sto per spoilerare alla grande! Ovviamente il fatto che tutti, e dico tutti, i personaggi siano irrimediabilmente gay. Forse l’unico che non lo è rimane giusto Lau, che viene menzionato forse una volta. Su Undertaker ho i miei dubbi, era IC, ma le sue perversioni erano evidenti. Ed eccoli qui in fila per due: Agni e Soma; Grell e William; Grell e Sebastian; Sebastian e Ciel; Sebastian e un nuovo personaggio (anche se accennato)! Gli unici che si salvano sono Meirin e Finny, che si sposano, e la cosa mi sembra alquanto strana, ma questa è un’opinione mia, perché ho sempre pensato che Finny fosse molto più giovane di Meirin, e vederli sposati mi fa strano.
   Devo ammettere che mi ha fatto piacere vedere un Grell diverso dal solito, non esclusivamente eccentrico, ma con qualche sfumatura in più che lo rende un personaggio a tutto tondo.
   Purtroppo questa gaiezza dilagante mi ha fatta ricredere sulla fanfiction proprio all’ultimo. Sinceramente, dilagava talmente tanto che mi ha stufata. Ho terminato di leggere la storia perché era già conclusa, e non contava infiniti capitoli, ma fino alla fine è stato quasi un tormento leggere di tutte quelle coppiette allegramente riunite all’inizio del 1900, quando gli omosessuali erano considerati come malati mentali o perversi sadici. Se vivessimo all’interno di questa fanfiction, facendo delle statistiche spicciole, potrei ben dire che la popolazione umana si esaurirebbe dopo tre o quattro generazioni, dato che la riproduzione fra maschi non fa nascere nessun bambino.

   E’ un vero peccato per la storia, perché l’ultimo capitolo era spettacolare (la promessa di Ciel a Dumah era grandiosa, inaspettata e geniale), ma tutto quel contorno veramente non riesco a sopportarlo.
   Se però siete dei fan delle Grell/Sebastian, delle Ciel/Sebastian, delle Will/Sebastian e anche delle Agni/Soma allora leggete! Leggete perché è una storia veramente bella.
   Purtroppo però, per me finirà nel dimenticatoio, perché mi ha fatto storcere le labbra parecchie volte. Insomma, va bene una coppia omosessuale, ma che lo siano tutti nella stessa fanfiction, all'inizio del secolo scorso, mi sembra veramente eccessivo.

lunedì 5 dicembre 2011

Nel bene e nel male

   Bene, lo so di averci messo una vita, a leggere un libro che conosco a memoria e per di più di sole 293 pagine. Che posso dire?, è che è un periodo molto impegnato questo e andrà sempre peggio anche se inizieranno le vacanze, e purtroppo difficilmente trovo tempo per leggere. Ma l’ho terminato (per l’ennesima volta)! Ho finito di ri-ri-rileggere Harry Potter e la Pietra Filosofale.
   Se alcuni di voi lo avessero putacaso dimenticato, ecco una bella immagine che vi rimembrerà i bei tempi andati in cui Harry era ancora un pargoletto secco e filiforme che veniva pestato da Dudley, e vi farà fare un ripasso della trama:


   Ora possiamo incominciare…
   Il primissimo capitolo della saga è perfetto: dice senza dire, introduce tanti concetti che verranno poi spiegati più avanti, o addirittura alla fine del libro. Con la consapevolezza che ho ora della trama mi chiedo quanto già la Rowling sapesse dei suoi stessi libri, quando ha iniziato a scrivere il primo. Immagino che li avesse già tutti pianificati, il che rende la saga di Harry Potter omogena e mai discontinua; tutti i libri si intersecano fra di loro e anche se ognuno di essi ha una vicenda a sé da raccontare (soprattutto i primi quattro) sono uniti da un filo che mano a mano si svela.
   Spero di non cadere di nuovo in divagazioni del genere, ma purtroppo è la mia natura.
   I primi capitoli, quelli a casa dei Dursley, sebbene possano inizialmente sembrare un po’ tristi (ma ci pensate a un povero bambino a casa di quei mostri di zii?), sono giusto il necessario per capire la vita di Harry e anche il suo atteggiamento e il suo modo di essere, e credo che siano fondamentali, anche se la tendenza è di sminuire quei capitoli iniziali.
   L’unica cosa che un po’ mi dispiace (ma d’altronde credo che se non fosse andata così tutta la storia ne avrebbe risentito) è che il carattere di Harry venga molto idealizzato. Mi spiego meglio: un bambino di undici anni che è sempre stato maltrattato a scuola e a casa, e che scopre di essere ammirato nella sua nuova scuola, guardato come un eroe, non sarebbe un po’ più compiaciuto? Il suo ego non verrebbe stimolato di più? Non sarebbe neanche del tutto sbagliato, anzi al contrario secondo me sarebbe comprensibile e anche interessante. Tuttavia mi rendo conto che questo sconvolgerebbe troppo la storia, perché vi immaginate cosa sarebbe successo se Harry Potter fosse stato appena un po’ più ambizioso? Appena un poco più simile a Draco Malfoy? La tipica situazione da “What if…?”.
   Le descrizioni di Hogwars, dello stesso castello, delle lezioni, degli aneddoti che la Rowling sapientemente inserisce qua e là, sono bellissimi e anche divertenti. Tutte le materie che ha inventato, le regole della società magica, sono in realtà molto simili alle nostre, nel senso che c’è una scuola e poi una ‘normalissima’ carriera da intraprendere. Niente viaggi in giro per il mondo con un cappello a punta e un bastone da passeggio ritorto, niente saette che sbucano dalle dita, nulla di tutto ciò. E’ proprio per questo che è meglio: è simile ma diverso, è qualcosa che potrebbe davvero esserci. Tutto questo accade negli anni ’90, non ci troviamo nel medioevo. Al pensiero che, proprio girato l’angolo, poteva esserci qualcosa di magico ma tu – ahimè – non l’hai potuto vedere, è molto più eccitante del pensiero che, millenni fa, esisteva la magia più selvaggia ma ora non c’è più.
   L'unica pecca che ho individuato nella meticolosa organizzazione della Rowling è che sembra non esserci una linea netta di separazione fra ciò che i maghi sanno e non sanno dei babbani. Ad esempio Malfoy cita un elicottero babbano, e tralasciando il quando mai dovrebbe usarlo o dovrebbe sapere che cosa diavolo sia, dall'altra parte abbiamo Ron, che non capisce come mai le fotografie dei babbani non si muovano. Questi due aspetti sono molto contrastanti e non si capisce quale sia la linea di confine che la Rowling ha creato fra babbani e maghi.
   La storia della Pietra Filosofale si srotola in maniera un po’ meccanica forse, per quanto riguarda le ricerche e le scoperte. Ma una ricerca portata avanti da ragazzini di undici anni all’interno delle mura di una scuola è divertente, anche se alla base di tutto a volte mi veniva da chiedermi perché diamine Harry si ostinasse a voler sapere. Forse è proprio questo il suo difetto: deve sempre ficcare il naso dappertutto! Comunque alla fine ricordo molto bene, la prima volta che lessi il libro, l’incredulità che provai nello scoprire che l’odiato e ambiguo Piton, contro il quale avevo scagliato silenziose maledizioni, in realtà non c’entrava nulla con la Pietra. E che, anzi!, lui proteggeva sia la Pietra Filosofale che Harry. Come ho già accennato io adoro Severus Piton, è così ambiguo e bastardo che non posso non amarlo! Be’, non so voi comunque, ma io non mi aspettavo che Raptor fosse il cattivo (anche se quando lo lessi per la prima volta avevo sì e no nove anni). La raccapricciante scoperta di un doppio volto innalza decisamente il libro a “per ragazzi”, dall’iniziale “per bambini”, perché a immaginare una cosa del genere viene anche a me il voltastomaco, anche se in realtà il tutto è molto soft. Anche se non apprezzo moltissimo i lieto fine scontati, diciamo che questo ci sta, giusto perché sappiamo che questo libro non è che l’inizio.


   Uno dei miei passaggi preferiti è la battaglia con il mostro di montagna che fa sì che Hermione, Ron ed Harry diventino amici. Ho letto da qualche parte che prima di pubblicare il libro l’editore cercava di convincere la Rowling a cambiare quella parte, ma io sinceramente credo che, per il caratterino che Hermione si ritrova (diciamocelo, non è mica tanto facile da reggere una così) ci voleva proprio un gran colpo come quello per farla rilassare un po’. E’ ovvio che io preferisca la Hermione dei libri e non quella dei film, che è poco seccante e le mancano i denti da castoro e i capelli cespugliosi. Ma questo è un libro, quello è un film, e sono su un piano del tutto differente.
   Adoro quasi tutti i personaggi, anche se a gradi diversi. Paradossalmente quello che mi piace un po’ meno è Harry, perché è sempre troppo perfetto, eroico, bello, popolare o impopolare fino a renderlo vittima (in entrambi i casi). Ma adoro ancora Ron. Con i film e le fanfiction potrà anche essersi sparsa la voce che Ron è un troglodita senza cuore, buono solo a ingurgitare enormi quantità di cibo e dire cose divertenti o inutili. Be’, ecco una notizia shock: non è vero. Il Ron di cui ho letto io, e che ho piacevolmente riscoperto, è un ragazzo timido e anche sensibile sotto sotto. E’ l’elemento di cui ogni gruppo ha sempre bisogno, è quello che sdrammatizza tutto, quello che riesce a rendere ogni cosa più leggera, che vede il lato positivo, è colui per cui Harry e Hermione non si perdono in pippe mentali il primo e in ragionamenti con fin troppo senso la seconda. Ma nonostante questo Ron ha un suo carattere che ha lati sia positivi che negativi, e per questo mi sembra uno dei personaggi più completi.
   E se vogliamo proprio immergerci nel discorso personaggi, non può mancare quello su Draco Malfoy. Non mi stancherò mai di dire che Draco è un ragazzetto viziato e prepotente, e che i suoi genitori non gli torcerebbero un capello nemmeno se ne andasse della loro vita. Il Draco a cui molti sono abituati a pensare è il frutto delle fanfiction, ma in realtà è un personaggio veramente negativo, secondo me, almeno in questo primo libro. E’ il Dudley magico. E devo ammettere di essere stata molto soddisfatta quando viene incredibilmente picchiato da Ron, in un pestaggio che, giustamente, vede sanguinanti entrambi i lottatori.
   Attenzione! Perché tutto ciò non toglie nulla alla mia idea, idea che ho sempre avuto sui personaggi di Harry Potter: la stragrande maggioranza di loro sono stereotipati. Chi più, chi meno, certo, e ci sono anche personaggi che adoro, ovviamente. Ma purtroppo i protagonisti hanno questa brutta abitudine di estendere le loro qualità o i loro difetti al massimo: così Harry diventa il miglior bambino che si sia mai visto sulla faccia della terra, Voldemort diventa il cattivo senza cuore e senza ripensamenti, Neville quello maldestro e oserei dire quasi inetto e Draco è il bulletto antipatico fino all’inverosimile. Questo fatto è purtroppo accentuato perché, sebbene la narrazione sia in terza persona, noi seguiamo solo i movimenti e i pensieri di Harry. Non c’è nulla che possa caratterizzare i personaggi al di fuori del suo pensiero, così odiamo Voldemort, troviamo Ron molto simpatico e Silente davvero saggio e incomprensibile. Ciò non toglie che nel corso della storia evolvano, ma qui mi limito a parlare del primo tomo.
   Direi quindi che il punto di forza del libro è la novità, perché di fantasy ne ho letti fino al vomito, ma non conosco nessuno che somigli anche solo vagamente ad Harry Potter, che con questa prima prova si è conquistato tutta la mia attenzione, nel bene e nel male.

giovedì 1 dicembre 2011

Speriamo che avvelenino la prossima mela

   Parto con una premessa: spero che questo post non generi bimbominkiate o commenti acidi. Ormai le fan di “Twilight” dovrebbero essere abituate a sentirsi dire che la loro saga preferita è alla stregua della carta igienica, per molti.

   Ho letto “Twilight” quando avevo diciassette anni, e devo proprio dire di essermelo divorato con grande piacere in circa una giornata. Insomma, una maniera carina di passare un po’ di tempo senza cose impegnative. Ho letto “New Moon”, e ho seriamente riconsiderato la faccenda.
   Non ho mai nascosto la mia opinione in merito: «Se la Meyer si fosse fermata a “Twilight” sarebbe stato un libro carino». Ma no, questa donna ci vuole seviziare, è oltremodo sadica, e ha scritto quattro (dico quattro!) libri, tutti incentrati sugli stessi due deficienti.
   Questa non è una recensione, perché ce ne sono già troppe su internet – molto contrastanti fra loro – che parlano della saga di Twilight. Questo è un commento del tutto personale, molto di parte e affatto politically correct.


   Per prima cosa vorrei concentrare l’attenzione dei lettori sulla trama, anche se risulta molto complicato dato che la trama, di per sé, non esiste. C’è una parvenza di trama, ad una lettura affrettata, ma in realtà è solo l’abilità della Meyer che fa sembrare due petosecondi un secolo, rintontendoci con una miriade di paragoni inutili e ripetitivi.
   A questo proposito, nell’edizione che ho io, alla fine c’è il primo capitolo di “Twilight” dal punto di vista di Edward (“Midnight sun”, mi pare che si chiami), che usa qualcosa come una decina di pagine di noiosissime pippe mentali per descrivere il momento in cui Bella entra in classe e vede Edward per la prima volta. Adesso vado a vedere quante pagine sono… Troppo ottimista, e per fortuna avevo cancellato il ricordo: sono ventiquattro pagine. Ventiquattro pagine che possono essere riassunte così:
   Accidenti! Non riesco a leggere i pensieri della nuova arrivata. Però quanto sangue che mi fa.
   Oh no, come ho potuto pensarlo? Sono un mostro rivoltante. E’ tutta colpa mia, anche se probabilmente è la mia natura di vampiro che agisce per conto proprio. Ma devo pur darmi la colpa di qualcosa che non dipende dalla mia volontà, altrimenti come farebbero le lettrici a intenerirsi?

   Ma, tornando in tema: la trama? Non esiste. E non esiste perché ogni singolo ostacolo che potrebbe presentarsi davanti ai protagonisti, la Meyer lo spazza via cercando di mantenere una parvenza di… ostacolo, appunto. In realtà, ad essere oggettivi, non c’è assolutamente nulla che impedisca ai due di stare insieme, se non l’imbecillità di Edward e la ninfomania di Bella. O comunque problemi inventati, che potrebbero essere semplicemente aggirati, ma che la Meyer fa sembrare ostacoli insormontabili (vi rimando a un video esplicativo) al solo scopo di allungare un po’ questo libro inutile. Perché, ammettiamolo, se togliamo le ridondati ripetizioni e parecchie scene inutili ai fini della trama, noiose e scontate… no be’, allora dovremmo eliminare l’intera saga. Okay, lo ammetto, se vista così il mio ragionamento non fila.
   Esempio uno: Edward passa i quattro libri a dire che lui è pericoloso, e che Bella dovrebbe fuggire da lui. Ma, Edward, ciccio, tu mangi animali e francamente fai ridere con la tua pelle a Lipgloss de l’Oréal, quindi mi spieghi perché cazzarola qualcuno dovrebbe avere paura di te? Sono queste le uscite della Meyer che mi mandano in bestia!
   Esempio due: i cari Edward e Bella non possono fare sesso. Se io fossi un vampiro di cent’anni che non ha mai trombato né avuto uno scambio di saliva con una donna, sarei terrorizzato da una folle che, appena dato il primo bacio, vuole cavalcarmi come Clint Eastwood in un film western. Quasi Edward mi sembra dotato di cervello se la vedo in quest’ottica, ma, ora che ci penso, lui lo fa per non farle del male. Perché potrebbe aprirla in due come un melone. Farla esplodere, spaccarla, tramortirla con una carezza un po’ troppo eccitata. E lei si tiene le voglia per quattro libri, quando alla fine si scopre che possono farlo lo stesso! E copulano come è giusto che facciano due sposini, ma allora perché ce la menate con quattro libri di rivoltanti discorsi imbarazzati fra i due?
   Mi spiegate che razza di ostacoli al loro amore sono questi? Come ho già detto sono menate inutili e inconsistenti. Ficcate lì solo per fare finta che i due protagonisti abbiamo un amore travagliato.
   Ma poi, quello è davvero amore? Insomma, diciamocelo. Bella è attratta da Edward solo perché è figo. Non ci sono altre spiegazioni nel libro, o no? I suoi pettorali sbrilluccicosi sono ovunque, sono un vero spauracchio, e invece non c’è nemmeno un commentino su quante cose abbiamo in comune, o su cosa gli piaccia del suo carattere, o anche di cosa possono fare assieme. Perché, assieme, in modo naturale, normale, non possono fare nulla! Uguale per Edward. Per lui, Bella è una specie di prova fisica di resistenza al sangue. Mah… Farebbe meglio a non resistere e sopprimerla, farebbe un favore a tutti, primo della lista il povero Charlie, il di lei padre, che fa semprela figura del padre inetto.
   Altro appunto riguardo i genitori di Bella. Cioè, la madre di Bella ha abbandonato Charlie perché non voleva vivere a Forks? Ma non potevano parlarne come due adulti sani di mente? Insomma, non vedo perché gettare via così lunghi anni di fidanzamento, un mutuo ancora tutto da pagare e ottenuto con grandi sacrifici e, cosa più importante, una figlia!
   «Senti Charlie, mi fa cagare questo posto dimenticato da Dio. Me ne vado in città, in barba alla nostra famiglia appena costruita, e ignorando il fatto che il dialogo nella coppia è utile a superare i contrasti.»

   Questo era un mini sfogo, non ho altro da dire. Capitemi, mi hanno portata a vedere “Breaking dawn” al cinema (per fortuna che avevo i biglietti dell’esselunga), e la scena con i due coniugi ce discutono appena dopo la prima notte di sesso selvaggio ha passato il punto di non ritorno. Dovevo far udire la mia voce!