La gif dice tutto.
Sì, sono viva. Senza tediarvi troppo, vi
dico solo che ho impegnato il 99% delle mie energie prima per cercare casa, poi
per compare la prescelta e in seguito per ristrutturarla. Ora che siamo in
dirittura d’arrivo sento finalmente di stare tornando in una dimensione di
normalità.
Riprendo quindi il blog!, che, devo
ammettere, mi è mancato parecchio. Riprendo i commenti ai blog che seguo, che
ho continuato a leggere con interesse ma saltuariamente e sempre fra un minuto
di tempo e l’altro, per cui non ho mai avuto davvero tempo di lasciare un commento
agli articoli.
In questo periodo mi sono concentrata su
altre priorità, lasciando il resto in standby. Ho fatto come quegli animali che
regolano l’afflusso di sangue solo agli organi vitali per sopravvivere in casi
estremi. Ho rallentato l’afflusso di tutto ciò che non era essenziale e ho
diminuito persino le letture (ora capite come la situazione era spossante!).
La maggior parte dei libri che leggevo
finivano per stancarmi presto e li ho lasciati perdere senza troppi rimorsi.
Pochissimi hanno resistito, e di questi ancora meno sono quelli che ricordo con
piacere. A loro va dedicato in premio questo post, dato che sono scampati al libricidio.
Quindi ecco a voi, con tutti gli onori,
i sopravvissuti.
Jonathan
Stange e Mr. Norell, di Susanna Clarke
All'inizio
dell'Ottocento, della magia inglese rimangono quasi solo leggende come quella
di Re Corvo, il grande mago capace di fondere la sapienza delle fate con la
ragione umana. Ma dalle regioni del Nord un tempo visitate da elfi e folletti
appare il signor Norrell, capace di far parlare le statue della cattedrale di
York: la notizia sembra segnare il ritorno della magia in Inghilterra, e
Norrell si trasferisce a Londra per offrire i suoi servizi magici al governo,
impegnato nella guerra contro Napoleone. Ma una profezia parla di due maghi che
faranno rinascere la magia inglese. Uno dei due maghi è Norrell. E l'altro chi
è?
Con tutto il rispetto per chi scrive le
quarte di copertina, ma questa è davvero pessima.
Non rende affatto giustizia al libro,
allo stile, al linguaggio, alla trama, proprio a niente! Ho letto questo
romanzo dopo averne letto la recensione sul blog “La Leggivendola”, che adoro e
seguo da anni. Mi fido ciecamente delle sue recensioni e, sebbene a volte i
miei gusti vadano altrove, quando trovo qualche libro che mi sembra
interessante e che lei ha recensito bene la curiosità aumenta e la voglia di
leggero è irresistibile.
Infatti l’ho letto.
Che dire di “Jonathan Strange e Mr.
Norell”? Il commento a caldo che avevo da fare, non molto approfondito né
ricercato, a chi mi chiedeva come andava la mia lettura in quel periodo, era:
«È come se Jane Austen avesse deciso di lasciar perdere i matrimoni degli
ereditieri e si fosse dedicata al fantasy». Ed è proprio così, per diversi
motivi.
Il linguaggio della Clarke è minuzioso,
elaborato, e ci riporta in un’epoca che solo i romanzi ottocenteschi sanno
ormai evocare. Trovo questo particolare interessante perché l’autrice poteva
benissimo adattare i toni ad una più moderna scrittura, invece ha deciso di
rimanere fedele all’epoca in cui si svolge la vicenda. Mi rendo conto che non
sempre si può fare (un romanzo in latino ambientato nell’epoca d’oro
dell’impero romano non è il massimo, ebbene sì), ma quando se ne ha la
possibilità questo dettaglio aumenta la magia del romanzo. Mi è capitato di
leggere romanzi storici ma nessuno utilizzava un linguaggio così fedele
all’epoca trattata. Penso che una scelta come questa sia da lodare perché non è
affatto facile scrivere in un linguaggio così lontano da noi per un libro che
oltre ad essere lungo tratta anche temi piuttosto estranei all’epoca.
La trama è complessa e prosegue senza
fretta, proprio come nelle epopee familiari di fine ottocento. Conosciamo a
fondo i personaggi, la loro vita e coloro che gli si muovono attorno. Di ognuno
leggiamo le disavventure e, alla fine, anche quelli che consideravamo semplici
comparse hanno modo di avere un ruolo decisivo. Nessuno è lì per caso, nessuna
pagina è scritta a vuoto.
La storia si chiude con una drammaticità
inaspettata. Non ci sono vincitori né vinti, non esiste nessuno che ne esca
completamente pulito. L’ho trovato un romanzo massiccio, che si scopre essere
alla fine molto più di quello che appare. Non è solo un fantasy, non è solo
un’avventura, né una prova di stile eccellente, è una storia complessa capace
di incantare il lettore. Personalmente mi ha trasmesso l’idea dell’esistenza di
forze a noi incomprensibili, cose “più grandi di noi” con le quali abbiamo a
che fare e di cui scorgiamo un barlume di quando in qua, ma che non potremo mai
capire del tutto.
La
breve favolosa vita di Oscar Wao, di Junot Dìaz
“La
breve e favolosa vita di Oscar Wao”: già dal titolo si capisce che il romanzo
non avrà un lieto fine classico. Ma non importa. Perché la vita di Oscar -
ribattezzato Wao da un amico dominicano che storpia il nome di Wilde – è
davvero favolosa. Da favola. Da favola letteraria, magica e realistica al tempo
stesso. Nasce e cresce nel New Jersey, il grasso, poco attraente, intelligente
e parecchio eccitato Oscar. Sua madre Belicia è una ex reginetta di bellezza
scappata da Santo Domingo perché perseguitata dal clan del dittatore Trujillo,
la sorella, Lola, è una ragazza dolce, assennata e insieme spericolata come
tutte le dominicane di Diaz. L'intero albero genealogico di Oscar, come quello
di altre migliaia di dominicani, è composto da figure torturate, espropriate,
martirizzate.
Altro libro, altro blog. Mi deve
perdonare l’autrice se non ricordo esattamente quale, di tutti quelli che
leggo, sia quello che mi ha regalato questa perla. (Se sai di essere tu, fatti
avanti.)
Ciò che più mi piace della letteratura
sudamericana è il cosiddetto ‘realismo magico’. Se avete letto un romanzo
qualsiasi di Isabel Allende o Gabriel Garcia Marquez sapete a cosa mi
riferisco. Spiegarlo mi risulta complicato. In questi libri accadono fatti
inspiegabili, appunto magici, che tutti accettano senza farsi patemi e andando
avanti con la vita, pensando che in fondo ci sono cose peggiori da sopportare,
un po’ come i familiari di Banjamin Button non si sono mai fatti un problema
del loro pargolo vecchio e brutto. Junot Dìaz ha smorzato questi toni, ha reso
tutto un po’ più moderno, più reale e meno magico, tuttavia il romanzo è come
circondato da un alone di romanticismo, come se stessimo leggendo una fiaba.
I personaggi sono estremamente umani,
adorabili nella forza che tirano fuori tutti i giorni per andare avanti e
commoventi nei madornali errori che compiono. Ho amato tutti i personaggi di
questo romanzo, dal migliore amico di Oscar, il tipico sciupafemmine
dominicano, alla svampita e bellissima Belicia che, da giovane, faceva girare
la testa a tutti gli uomini del paese ma era innamorata dell’unico sbagliato.
Il protagonista, Oscar, rimane solo una parte di questo folle e ricco affresco
ma la cosa non mi infastidiva. Mentre leggevo pensavo che avrei voluto
conoscere uno come lui, un ragazzo impacciato e romantico, e che gli sarei
stata amica. Poi mi sono resa conto che proprio quella era la sua condanna. Il
povero Oscar veniva sempre friendzonato,
un po’ per colpa sua, un po’ per malignità della ragazza che era oggetto del
suo interesse spesso.
Ma vi dico una cosa (concedetemi lo
spoiler o saltate questa riga, se volete leggere il libro). Alla fine della sua
vita avrà conosciuto l’amore.
Wonder,
di R. J. Palacio
È
la storia di Auggie, nato con una tremenda deformazione facciale, che, dopo
anni passati protetto dalla sua famiglia per la prima volta affronta il mondo
della scuola. Come sarà accettato dai compagni? Dagli insegnanti? Chi si
siederà di fianco a lui nella mensa? Chi lo guarderà dritto negli occhi? E chi
lo scruterà di nascosto facendo battute? Chi farà di tutto per non essere
seduto vicino a lui? Chi sarà suo amico? Un protagonista sfortunato ma tenace,
una famiglia meravigliosa, degli amici veri aiuteranno August durante l'anno
scolastico che finirà in modo trionfante per lui. Il racconto di un bambino che
trova il suo ruolo nel mondo. Il libro è diviso in otto parti, ciascuna
raccontata da un personaggio e introdotta da una canzone (o da una citazione)
che gli fa da sfondo e da colonna sonora, creando una polifonia di suoni,
sentimenti ed emozioni.
Questo è un libro per bambini. Ogni
tanto mi capita di leggerli e spesso li trovo carini, anche se effettivamente
adatti ad una certa fascia di età. “Wonder” invece è un libro per tutti, forse
più per gli adulti che per i bambini.
Ho trovato interessantissimo pensare a
come reagisco io di fronte ad una persona con problemi fisici che la rendono
poco attraente. Personalmente se noto qualcuno con una deformazione cerco di
mantenere gli occhi puntati altrove, non perché mi causi fastidio ma perché
penso che potrei metterla a disagio, fissandola. Forse il mio atteggiamento
viene confuso con qualcosa di orribile come il disgusto, e questo libro mi ha
fatto riflettere molto su cosa potremmo fare per rendere meno pesante a queste
persone il semplice gesto che noi diamo per scontato di uscire di casa. Inoltre
mi ha fatto riflettere perché sempre più spesso, oggi, si sentono notizie di
persone con handicap fisici o mentali che vengono maltrattate dai cosiddetti
‘normodotati’ (che tanto normo poi
non sono, a mio parere, se trovano divertimento nell’umiliare una persona
malata).
Consiglio questo libro a tutti. Rimane
una narrazione per bambini e rende alcune questioni complesse molto più
semplici di quanto in realtà non siano, le spoglia delle complicazioni di cui
le rivestono gli adulti per esaminarle all’osso e renderle comprensibili anche
ai più piccoli. Tuttavia non è un male perché ci mette di fronte ai fatti nudi
e crudi e ci costringe a rispondere a delle domande semplici, senza via di
scampo. Perché rifuggiamo da chi è diverso? Perché a volte ci sentiamo a
disagio di fronte a persone con un handicap?
Forse leggendo “Wonder” qualcuno di noi
riuscirà a darsi una risposta, e a trovare una soluzione.
Qualcuno di voi ha letto uno di questi
libri? Mi auguri di sì perché li ho trovati tutti meravigliosi, in modo
diverso. E se non li avete letti, vi ho incuriosito?
Awww, sono felice di essere tornata!