lunedì 26 settembre 2011

Ciao, suolo!

Un po’ di divagazioni mentali ogni tanto vanno bene. Sembra che io stia facendo di tutto per diventare un otaku, e già il fatto che sappia che cosa significa otaku la dice lunga. Mea culpa!
Comunque sia mi sto fissando parecchio con: “Kuroshituji” e annesse fanfiction, le fanfiction in generale, “Devil beside you” (il drama di “Lui, il diavolo”, o “Akuma de soro”) e annesse fanfiction, mi sono fatta una scorpacciata di tipo tre ore di “Lovley Complex” rivedendo le mie parti preferite e, in definitiva, non ho fatto niente per tutta la mattina. Fortuna che ho lezione oggi pomeriggio così non mi sento una babbea vera.
A parte questo, mi è venuto in mente che questo blog, oltre ad una pubblicità per le mie fanfiction, si sta trasformando in un commentario di tutto ciò che leggo: libri, fanfiction, originali, anime, manga… Quindi ora ci aggiungerò anche i film. E per cominciare un bel film che ho visto proprio ieri sera, “Guida galattica per autostoppisti”.


La cosa che mi ha catturato è stato di certo l’inizio: la canzone dei delfini. Se dei delfini si mettono a cantare non posso mica resistere. Dopo quella, mi aveva già conquistato.
Allora, vi avviso, tanto per essere sicuri: se vi piacciono i film strappalacrime, con un filo logico, con una trama concreta e magari sui quali scervellarsi per comprenderne il significato profondo, questo film non fa per voi. Se non rientrate in questa categoria guardatelo, perché fa sbellicare dal ridere! Tutto, dalle poesie più brutte dell’universo, all’arma che cambia il punto di vista, passando per il Dio Starnuto (salute), i topi intelligenti e l’improbabilità. Quest’ultima, in particolare, è un concetto che mi è piaciuto molto. Ad essere sinceri non so nemmeno se l’ho capito a fondo, ma non importa!

Vi lascio con il monologo del cetaceo tratto dal film, e il bellissimo testo della mia nuova canzone preferita.

Addio, e grazie per il pesce.

Addio e grazie per il pesce,
anche se in fondo ci rincresce.
La vita a volte va così.
L’intelligenza che c’è in voi,
non vi ha mai resi come noi.
Non c’è rispetto verso le cose belle.
Vi salutiamo e grazie per tutto il pesce.
Il mondo si distruggerà,
la colpa è vostra e si sa,
e alcuni l sapevano già da tempo.
La pesca qui è tragica,
è fuori da ogni logica.
Ma moli di voi non sono cattivi affatto.
Addio,
vi salutiamo e grazie per tutto il pesce.
Io in testa ho un pallino,
posso avere un pesciolino?
Una cosa vorrei fare:
imparare a cantare.
Che gioia infinita.
Tutti nell’oceano della vita.
Addio,
vi salutiamo e grazie per tutti il pesce!

domenica 25 settembre 2011

What a bored Shinigami can do - Spoiler 13

Spoiler: Capitolo tredici - The undead boy

Roger sedette dietro la scrivania, di fronte a quel ragazzo asiatico dall’aria contrita. “Sì?”, domandò l’uomo con il suo tipico sguardo perennemente preoccupato.
Eikichi Kazuro tirò fuori un tesserino e lo mostrò per pochi secondi all’uomo. Recava il suo nome, un timbro dall’aria ufficiale e il marchio della CIA. “Sono qui per conto di L, lavoro al caso Jonsson assieme a lui, sono uno degli agenti della CIA scelti da lui personalmente. Sono venuto qui per informarla… di qualcosa che è accaduto.” Eikichi Kazuro si umettò le labbra in segno di leggero nervosismo. La sua espressione era vagamente preoccupata e un po’ timorosa. “L non è potuto venire, non si può muovere dal quartier generale, così ha mandato me.” Roger lo ascoltava attentamente, con il forte presentimento di cattive notizie. “Near è morto.”

domenica 18 settembre 2011

What a bored Shinigami can do - Spoiler 12

Spoiler: Capitolo dodici - Kids

“Lo sai che Diane Colfer è mia madre?!”
Dal bagno non provenne alcun suono, solo lo scrosciare dell’acqua del lavandino. Dopo qualche secondo: “Veramente?”.
“Sì!”
“Da quanto lo sai?”
“Da un mesetto più o meno.”
Dopo pochi minuti Mello uscì dal bagno asciugandosi il viso e osservandolo, sulla soglia, con aria stranita. “Perché non me lo hai detto prima?”, domandò con aria leggermente contrita.
Matt si strinse nelle spalle. “Non lo so. Cosa dovrei fare?”
“Vai a par… E’ per quello che non le parlavi più?”, domandò Mello con sguardo allucinato. L’amico assunse un’aria talmente colpevole che non ci sarebbe voluto l’intuito di Mello per capire quale fosse la riposta. “Che coglione!”, commentò l’amico. “Lei lo sa?”
“Sì.”
“Che due coglioni.”
“Non parlare di mia madre a quel modo!”, lo ammonì Matt puntandogli contro un indice. Mello ridacchiò, infilò pantaloni, maglietta e uscì dalla stanza. “Hey guarda che dico sul serio!”, fece in tempo a gridargli Matt. “Porta rispetto!”





Ciao a tutti! ^^
Allora, personalmente sono molto affezionata a questo capitolo dodici, e spero che piaccia anche a voi. E' uno di quei capitoli che non vedo l'ora di postare, e mi piacerebbe davvero sapere che cosa ne pensate.
Il titolo è stato dato per via dei personaggi su cui si incentra: Georgie, che è una bambina, e Matt, che avrà l'occasione per sentirsi di nuovo come un bimbo piccolo.
Non ho mai calcolato molto Matt nelle fanfiction su Death Note, forse perché non ne ho lette molte nelle quali c'era anche lui (solo una in effetti, nella quale aveva un ruolo importante) ma scrivendo ho finito per dargli spazio.
I personaggi che manipolo nelle fanfictions non sono mai uguali all'originale, per quanto possano sembrare IC, perché solo l'autore può sapere esattamente come si muoveranno i suoi personaggi. Ma dal momento che scrivo qualcosa con loro come protagonisti sento che diventano anche un po' miei.
Nei personaggi uno ci riversa dentro molto della propria personalità e delle proprie esperienze, ma anche un bel po' di inventiva, quindi finiscono per diventare qualcosa di ibrido che ricorda vagamente l'autore ma che vi si allontana anche. A volte i personaggi finiscono per fare tutto di testa loro! Quindi la storia prende una piega che non ti eri neanche immaginato quando avevi posato le mani sulla tastiera.
Matt è uno di quei personaggi. Un po' mi somiglia perché preferisce starsene per conto suo e ha pochi amici, ma molto cari. Perché si tiene le cose dentro e poi le rivela all'improvviso. Però è anche molto diverso da me: lui è più rumoroso, fa più clamore, si nota di più, invece io tendo a cercare di stare un po' da parte perché non mi piacciono i riflettori. A Matt non fanno né caldo né freddo.
Matt è l'unico personaggio di questa fanfiction in cui ci ho messo dentro del mio, forse perché pensavo che sarebbe rimasto un po' da parte come faccio io, invece si è all'improvviso ribellato e ha preteso di avere un ruolo più centrale. Come vi ho già detto: a volte i personaggi fanno di testa loro.
Per tutte queste ragioni mi sono affezionata a Matt, anche se può sembrare strano affezionarsi a qualcuno che non esiste, ma credo che tutti coloro che scrivono e che leggono possano capirmi. Quante volti ci siamo affezionati ai personaggi di un libro? Abbiamo gioito per le loro vittorie e pianto per le loro sconfitte, non è così?
Tornando a Matt, spero che apprezzerete la sua storia personale in questa fanfiction, storia che ha forse il suo picco di emotività nel sopracitato capitolo dodici.
E dopo l'ennesima pappardella che vuole essere solo un piccolo avviso ma poi si lascia trasportare dall'emozione,
vi saluto!

lunedì 12 settembre 2011

What a bored Shinigami can do - Spoiler 11

Spoiler: Capitolo undici - Crucial moments

“Cosa sai di qualcosa chiamato Death Note?”
“Non l’ho mai sentito nominare”, disse Dayo.
“E sai perché hai dovuto rapire Georgie Jonsson?”
“No!”, disse Dayo, ormai senza pazienza. “Ai miei clienti piaccio per questo. Loro ordinano e io eseguo. Senza nessuna domanda.”
“Quindi tu eseguivi solo gli ordini?”, domandò L. “Anche se sapevi che il capo è un pazzo criminale.”
Dayo lo guardò con stizza. "Non venire a farmi la predica, detective! Non la accetto da un uomo che lega una donna ad una sedia."

domenica 11 settembre 2011

Il sogno ricorrente

Non sto scrivendo questo post perché lo sento come dovere, perché sembra la cosa giusta da fare o per sembrare una persona che tiene a queste cose. Voglio solo raccontare come fu per me l'11 Settembre del 2001.

Avevo dieci anni quando caddero le torri gemelle.
Ricordo che da noi qua in Italia era pomeriggio e io ero al piano di sopra, probabilmente a fare qualche gioco da bambini. Mio padre stava guardando la tv -conoscendolo, programmi a casaccio o qualche film d'azione- quando interruppero tutti i programmi per mandare in onda la notizia straordinaria del crollo delle Twin Towers. Udii la voce di mio papà che chiamava mamma, e diceva qualcosa come: "Gloria! Gloria vieni a vedere, c'è stato un incidente aereo in America!". La notizia sembrava importante anche a me, solo perché tutta la nostra piccola famiglia si riuniva nel salotto. Se tutti stanno a guardare la tv, allora significa che è successo qualcosa di veramente, veramente grande, mi dicevo, come quando è morta la princpessa un po' di anni fa. E quindi scesi velocemente le scale per andare a vedere anch'io.
Inutile dire che al momento non ci capii un accidenti, perché ero troppo piccola e non è che mi interessasse poi così tanto. Capivo solo che i miei genitori erano rimasti parecchio stupiti, capivo che era successo qualcosa di grande, e capivo anche vagamente che erano morte delle persone. Ma, a dieci anni, lontana da tutti i pericoli, la morte era solo una parola per me. Una di quelle parole tristi.
Non ci volle poi molto, però, perché capissi che era un avvenimento importante. Prima di tutto in famiglia non si parlò d'altro per parecchio tempo; io non guardavo il telegiornale, certo, ma immagino che gli argomenti di discussione non mancassero, rimpinguati sempre di più dalle notizie continue. Anche a scuola affrontammo l'argomento, a ripensarci bene probabilmente nella maniera più sbagliata che ci poteva essere. Le insegnanti continuavano a parlare di tragedia, di morti, di paura, di pericolo. Per rendere la cosa alla portata di noi bambini avevano ideato l'antico piano: farci disegnare. Ad un tratto i corridoi della scuola erano pieni di cartelloni con disegni a pastello di fuoco e fiamme, di persone che si lanciavano fuori dalle finestre e di persone con i capelli infiammati.
...probabilmente non fu il modo migliore di affrontare la questione.
L'unico messaggio che mi arrivò, alla veneranda età di dieci anni, era che quella faccenda delle torri era stata proprio una tragedia, e che era nostro dovere compiangerla. Perché? Be', ma perché era una tragedia! Sì, ma perché era una tragedia? Questo me lo devono ancora dire.

Oggi riesco a capire in maniera più razionale perché l'11 Settembre è stata un tragedia. Io non sono informatissima sui risvolti politici dell'atto terroristico, anche perché ce ne sono stati talmente tanti da allora che ho perso il conto, ma ciò che ha causato la tragedia è stato certamente il numero di perdite.
Anche ridurre tutti ad un numero mi sembra una cosa strana. A pensarli solo come un numero, cavolo!, mi sembra quasi crudele da parte nostra. Ma se tento di immaginare le persone mi viene addosso una certa angoscia qando realizzo che non esistono più.
Spazzate via.
Scomparse.
Dentro quella palla di vetro, cemento e ferro.

Di certo l'emozione più forte che provai, però, la provai da bambina, anche se non capivo niente di tutto quello che era accaduto intorno al fatto (il terrorismo, l'America attaccata, i milioni di morti) e forse proprio perché non ci capivo niente.
Immaginavo di trovarmi lì anche io, e mi chiedevo che cosa avrei fatto in quel caso.
Per un bel po' ebbi una fantsticheria ricorrente, una di quelle cose da bambini: immaginavo di essere lì con tutte quelle persone, e che da sola sarei riuscita a spegnere l'incendio che dilagava, a rimettere a posto tutti i mattoni di entrambe le torri e far risalire tutte le persone che erano scese giù, così potevano ricominciare a fare quel che stavano facendo come se niente fosse. E poi avrei detto qualcosa come: "Ecco fatto! E' tutto a posto!".
Desideravo ardentemente che tutto quello non fosse mai avvenuto, e quando guardavo le immagini in tv volevo essere come Superman, o Sailor Moon.

venerdì 9 settembre 2011

Abbasso Potter, Sfregiato Sfigato!

Sto andando alla velocità della luce, per quanto gli studi e i vicini urlanti (è la prima volta che ho dei sentimenti di odio verso un bambino e i suoi genitori, ma quei tre mostri non fanno altro che urlare) me lo permettano, per raggiungere l’attuale scritto di Mirya, ossia “Per il suo sangue”, ma prima dovevo passare per “Succo di zucca”, impresa felicemente riuscita, e poi per “Canto di Natale di Draco Malfoy”, impresa appena iniziata che mi sta dando già le sue gioie -ma anche dolori, di cui vi dirò in seguito.

Prima di tutto, ho letteralmente adorato il fatto che riprendesse “Canto di Natale” di Charles Dickens. Devo ammettere che non ci avevo pensato perché non avevo affatto capito che Mirya intendesse riprendere il libro proprio alla lettera, credevo che il titolo fosse una sorta di citazione, o di omaggio. Quando l’ho capito, e ho visto che l’Annunciatore, con le catene attorno e tutto il resto, era Sirius, sono scoppiata a ridere! Credo che sia decisamente adatto, e inoltre rispecchia il vero Sirius che c’è nel libro. Tutto ciò che fa, poi, è divertentissimo, dall’irritazione cutanea di Draco sulla chiappa alla sua legilmanzia divina (o infernale).
Il Pensatoio del Natale Passato proprio non riesco ad immaginarlo. Nel senso che vedere un Pensatoio andarsene in giro con le gambe e la braccia come se fosse un pupa-… be’, ora mi rendo conto che anche vedere un Pensatoio e basta sarebbe già una gran cosa. Se lo vedessi probabilmente eventuali braccia e gambe sarebbero l’ultima delle mie preoccupazioni. Comunque è adatto immagino, perché sondare i Natali passati è come immergersi nei ricordi, no?
Le sue passate festività mi sono sembrate un tantino esagerate, giusto perché io spero sempre in una famiglia Malfoy un po’ più unita di quanto non sembri: infatti Lucius è molto severo con il figlio, ma fa di tutto per proteggerlo e difenderlo. E’ il suo modo di dargli il meglio, e non credo che manchi di affetto. Almeno dal mio punto di vista. Quando si è sentito minacciato da Voldemort non ha nascosto una grande paura, sia per sé stesso che per la sua famiglia. Inoltre Narcissa ha protetto Draco con ogni mezzo a lei possibile, fintanto da arrivare a tradire Voldemort in “Harry Potter e i doni della morte”.
Comunque sia, divagazioni a parte -credo che scriverò un post su questo argomento, mi viene in mente spesso quando si parla di Draco-, i Natali passati di Draco mi hanno lasciato un po’ perplessa, ma quello di Harry… cavolo! Ho sempre creduto che i Dursley fossero persone crudeli per come lo trattavano, e Mirya ha reso tutta questa loro crudeltà talmente orribile che mi sono venuti i lucciconi agli occhi! Era da un po’ che non piangevo per un libro (non ricordo nemmeno da quando) ma non mi aspettavo certo che sarebbe stato per una fanfiction natalizia! E invece è andata proprio così, mi si è appannata la vista a pensare al piccolo Harry, a Natale, assieme a quei mostri!
Un alto momento in cui i miei occhi si sono fatti inesorabilmente lucidi, ma lì un po’ per continuità, è stato nel ricordo successivo: quello di Hermione. E’ stato bello leggere di Hermione durante le vacanze a casa dei suoi genitori che, poverini, vengono menzionati di rado. E, per essere precisi, la parte che mi ha emozionata è quando Hermione racconta dei suoi dubbi alla madre: le vogliono bene anche se è così?
Lo spirito del Natale Presente era simpatico, per quanto odioso e contro Draco, ma era questo a renderlo spassoso! Personalmente Hermione mi è sembrata troppo vittimizzata, ma vabbè.
Di sicuro i Natali Futuri, sebbene ben rappresentati dal boccino sfuggente, che ho adorato, sono stati quasi… meccanici. Insomma, mi ha commosso molto più il Natale che Draco decide di passare a casa Weasley. Non ho sfiorato i livelli dei lacrimoni di prima, ma ero tanto felice! I regali che fa Draco poi… ah, l’ho invidiato in quel momento, anche se non esiste. Io ci metto secoli a decidere cosa regalare a ad una persona. Le corse in centro città per un regalo che ti è venuto in mente all’ultimo istante sono oramai parte della tradizione.
Mi piace che alla fine Draco riesca a trovare un compromesso con la famiglia Weasley, e credo che in fondo non gli dispiaccia fare parte id una famiglia calorosa come quella, per quanto li consideri pazzi!

Mi pento di non essermi decisa prima a leggere “Succo di Zucca”, solo per poter leggere prima “Canto di Natale di Draco Malfoy”, che con molta probabilità lo avrei letto proprio sotto le feste, magari davanti ad una tazza di cioccolata fumante, magari con addosso due maglioni e le babbucce pelose, e magari mi sarei commossa ancora di più. Infatti la fanfiction è corsa fra le mie Preferite, perché appena arriva la prossima aria natalizia mi beerò con Draco che osserva il Natale di Hermione, di Harry e anche i suoi. Ma soprattutto del trenino che regala ad Harry, il mio preferito (da lì il titolo del post)!
Non rischio che da me passino i tre spiriti e l’Annunciatore (anche se conoscere Sirius non mi dispiacerebbe): io lo spirito natalizio ce l’ho radicato dentro le viscere, come il verme che ha attaccato il povero Ron, che ci volete fare? In caso anche voi lo abbiate, o a maggior ragione se l’avete perso, leggere “Canto di Natale di Draco Malfoy”, perché dopo diversi lacrimoni -se siete sensibili come la sottoscritta- vi farà venire addosso un certo senso di pace.

martedì 6 settembre 2011

Un esordio

Non per niente Mirya è fra i miei autori preferiti, non è possibile quindi che non legga tutti i suoi lavori che mi stuzzicano di più.
Nonostante di Draco/Hermione ne abbia lette più negli ultimi sei mesi che in due anni della mia permanenza su EFP, ancora non mi stanco dell’inventiva di questa autrice e non riesco a trattenermi neanche nel trito e ritrito fandom di cui mi sono da poco stufata. Ma di lei non mi stufo mai. Nonostante le trame dei suoi lavori siano semplici, e lo stile (quasi per compensare) molto elaborato -soprattutto la sintassi delle frasi, con quei periodi lunghi che a volte mi fanno addirittura perdere il filo del discorso- quella che riesce a trasmettere è davvero un’emozione forte, vera.
A ben guardare molti dei suoi lavori sono simili, infatti contengono i soliti elementi: una donna e un uomo totalmente opposti, un’attrazione non voluta, una notte di sesso egualmente non voluta ma fortemente desiderata, e un sentimento del tutto ignorato che però viene sempre a galla. Gli elementi sono semplici, e in linea di massima sono quelli che ho descritto, con le varianti del caso da storia a storia.
Ma c’è un ma.
Qualcosa, qualcosa che non so cosa sia, tiene immancabilmente i tuoi occhi attaccati alle parole, come una calamita. E se a questo punto ho già capito com’è lo stile di Mirya (tanto che, se non sono dell’umore, non leggo perché non mi va tutto quel vocabolario forbito e quei periodi interminabili) e quali sono gli elementi base delle sue fanfiction, c’è ancora quel qualcosa che mi sorprende ogni volta! Non so cosa sia, ma forse è questo il bello: perché tentare di analizzare un libro? Perché tentare di capire il motivo per cui mi piace? Se lo capissi forse questo gli toglierebbe molto del suo fascino. E’ come quando amiamo una persona, non si sa il perché, si sa solo che la amiamo per com’è. E, per rimanere nel lessico di Mirya, con lei è stato «amore a prima lettura», con “Linee”. E non cercherò di capire il perché, mi limiterò solo a leggere e a godermi il momento.

L’inizio di “Succo di zucca” è, devo dire, molto calmo. Ma ovviamente l’autrice decide di chiudere il capitolo parlando di afrodisiaci. Non voglio immaginare le lettrici che l’hanno letto quando era ancora in fase di ‘postaggio’, chissà quanto devono aver aspettato, con gli occhi di fuori sulla tastiera, prima di vedere comparire il secondo capitolo! Per fortuna io sto leggendo adesso quando è ultimata da tempo ormai. L’inizio mi fa un po’ ridere, perché pensare ad Hermione vittima di un afrodisiaco per qualche motivo mi fa sbellicare!
Poi però la cosa prende un tono serio, e qui il dubbio: cosa farà Hermione? Cederà o deciderà di resistere? Ovviamente non si può resistere ad una serpe, e le scene lemon dei primi capitoli sono una delle cose più fantastiche che io abbia mai letto.
Quando Hermione scopre che Draco ha architettato ogni cosa, e che è segretamente innamorato di lei -da chissà quanto, poi- … be’, non si può non amare Draco in questi momenti. E’ così diverso da quello della Rowling, ma è solo un’altra faccia della stessa medaglia. «Un altro Malfoy.»
Una delle cose che più apprezzo in Mirya è che riesca a rimanere sempre, in ogni occasione, IC, per lo meno con i personaggi principali. Il suo è un dono!
A parte questo, la trama continua calma, fra notti di passione e giorni di sospiri.
Il personaggio di Ginny, ogni volta, nelle fanfiction viene in un certo senso esagerato. Il carattere che ne risulta nel libro è quello di una ragazza forte, decisa, un po’ maschiaccio, ma sempre tenera e femminile dentro. Infatti tenta di dimenticare Harry in tutti i modi, ma con ‘l’aiuto’ di altri ragazzi. Questo, nelle fanfiction, la rende automaticamente la donna dalla forte esperienza e carica sessuale, che tutti ascoltano e a cui tutti danno retta e che ha circa dieci ragazzi ai suoi piedi. La Ginny di Mirya da un lato è esattamente così, ma dall’altro è il personaggio dolce e insicuro (quando si tratta di Harry Potter soprattutto) che compare nel libro della Rowling.
Quando poi nasce il seppur vago sospetto, subito infondato alle menti delle più attente lettrici, che Draco tradisca Hermione, i capitoli scivolano via che è un favola. All’improvviso, in mezzo ad una trama quasi banale ormai per chi conosce il fandom di Harry Potter, e in special modo le Draco/Hermione -anche se questo, come ho già detto, non toglie nulla all’emozione che provoca-, spunta qualcosa di inaspettato. Un segreto che coinvolge Draco Malfoy, ma non solo, anche una studentessa Corvonero proveniente da Durmstrang. Insomma, Mirya non smette mai di stupirci con le sue invenzioni che saltano fuori così all’improvviso! La passionale storia d’amore si trasforma ad un tratto in un mistero da risolvere, e leggere diventa sempre più intrigante.
I capitoli nella foresta proibita, quasi alla fine, sono pazzeschi. Basti dire che era da un po’ che leggevo ma che non sono riuscita a smettere fino a che Hermione e Neville non erano stati recuperati, tanto per capirci fino alle 12.30 circa. Non riuscivo a staccare gli occhi dal pc!
Ho particolarmente apprezzato il fatto che nel bosco con Hermione vi fosse Neville, perché è un personaggio che non viene mai preso molto in considerazione ma qui ha compiuto un percorso che è simile all’originale Harry Potter: ha fatto qualche apparizione a metà storia, ha combinato un guaio che sembrava di poca importanza, e alla fine si è rivelato uno dei punti fondamentali della vicenda (perché cosa sarebbe successo se Neville non fosse stato punito? Hermione sarebbe andata nella foresta da sola?) e un personaggio chiave nella battaglia finale.
Chi non mi è piaciuto molto è Ron: nelle Draco/Hermione Ron fa sempre la figura del fesso cronico che non capisce le ragazze -e nemmeno del tutto i ragazzi se è per questo- e che non vede nulla al di fuori del suo piccolo mondo formato da cose come il Quiddich e difendere sua sorella da attacchi di uomini non ben definiti. Inoltre il modo in cui viene ripetutamente umiliato da Ginny…. Be’, nel libro non esiste, non certo in maniera così forte comunque. O così, oppure fa la figura dello stronzo, quello che tradisce sempre la pover Hermione e che la fa soffrire. Be’, sappiate che sono contraria a questo genere di maltrattamenti ai rossi, e soprattutto ai miei personaggi preferiti!
Ma, dicevamo…
Gli ultimi capitoli mi sono piaciuti, sono molto dolci e necessari per una fine come si deve; non mi piacciono i finali troppo affrettati. In particolare, non so perché, mi piace il fatto che, fra Ginny e Draco, nasca una specie di faida. Non so, mi fa morire dalle risate!

Be’, per concludere, voglio dire che Mirya come al solito ha colpito nel segno, e che non mi potrò mai stancare delle sue fanfiction. E’ una scrittrice molto brava e i suoi racconti sono capaci di coinvolgere come pochi, sono meravigliosi! Sono talmente belli che non riesco nemmeno a trovare le parole per descriverli! Io, per parte mia, sarò sempre una sostenitrice di Mirya e leggerò sempre con immenso piacere e con gli occhi spalancati dallo stupore (e magari anche con la bava alla bocca, soprattutto se si parla di assistenti) tutte le sue storie!
A questo proposito, spero che riesca a ricominciare a scrivere con la serenità che merita.

We love you Mirya!

lunedì 5 settembre 2011

What a bored Shinigami can do - Spoiler 10

Spoiler: Capitolo dieci - Penfriend

“Per di più lui ha Noodle, ma non ha fatto parola di lei.” L si morse l’unghia del pollice e corrugò la fronte. [...]
“Forse non né parla perché non vuole introdurre l’argomento. E’ una specie di avvertimento per farci capire che non è disposto a ridarcela”, azzardò Matt.
Mello si guardò attorno boccheggiando. “Ma è assurdo! Faremmo a cambio di un Death Note con la bambina e non ci riprendiamo Noodle? Che razza di accordo è?”
“Si tratta di dosare la vita su un bilancino”, disse Near freddo. Mello face scattare la testa verso di lui, gli occhi spalancati per l’incredulità e un vago presentimento rabbioso nell’animo. “Georgie è ancora una bambina, ha più tempo rispetto a…” Nel momento esatto in cui Near aveva iniziato la frase tutti i presenti sapevano che aveva osato troppo, persino lo stesso Near.

venerdì 2 settembre 2011

Meravigliose tenebre

Qualche anno fa mi imbattei in una storia di cui non ricordo il titolo, forse era “Charlie Blood”, ma non ne sono del tutto certa. Nella sezione “Noir” di EFP a volte le storie muffivano un pochino, e se mi capitava di farci un salto vedevo sempre quella storia lì, sempre in prima pagina. Mi ero persino data la pena di aprirla una volta ma si vede che ero insofferente perché, viste le gravi carenze di conoscenza di HTML che questa storia riporta, l’avevo richiusa al volo (che volete, sono fatta così, a volte tutte le storie mi sembrano indegne, altre volte mi sembrano tutte capolavori).
Qualche mese fa ho trovato una storia intitolata “La moda del lento” di Vera Lynn. Be’, 'La moda del lento' è una canzone di uno dei miei gruppi preferiti, i Baustelle. Potevo resistere? Non avevo idea del fatto che si trattasse della stessa storia, ‘l’altra’ me l’ero scordata. Si vede comunque che ero in un mood differente, perché me ne fregai altamente dell’HTML e lessi un capitolo dopo l’altro.

All’inizio ero incerta, un po’ confusa da tutto quello che succedeva nella storia: non riuscivo a capire, le immagini mi si affastellavano nella mente, e io ero totalmente concentrata su un istante da non capire che si trattava dai una miriade di istanti differenti tutti legati l’uno all’altro da un filo sottile, ma apparentemente divisi e senza controllo. Dopo tre pagine la lista dei capitoli scorreva sotto i miei occhi più veloce di un centometrista.
La storia aveva molti elementi per piacermi, risvegliava il mio lato oscuro! Primo fra tutti le citazioni a inizio capitolo, io amo le citazioni! Di qualcunque genere. Poi questa strana relazione fra Maurice e Charlie, i due protagonisti, così simili nei loro drammi, nel loro tormento interiore, che tentano assieme di andare avanti, con qualcosa fra le mani che è un surrogato di amore, qualcosa che credono di comandare, che credono di poter gettare via senza problemi quando non ne avranno più bisogno. Notti di sesso e violenza, notti intere a cercarsi. E credono ancora di poter gettare via l’altro quando gli andrà. Ma questa cosa gli sta sfuggendo dalle mani, sta diventando maledettamente importante per loro, senza che nemmeno se ne rendano conto.

Il punto di forza di questa fanfiction sono i personaggi. Primo fra tutti, mi sono letteralmente innamorata di Maurice -Mauricjie- Jurìc. Dalla descrizione sembra l’essere umano più infimo del mondo, e probabilmente se lo vedessi per strada cambierei marciapiede. Ha un aspetto affascinante ma un viso cattivo e sporco, ha una voce sensuale ma usa parole malvagie, i suoi occhi sono capaci di perforarti da una parte all’altra e tu, ferito, non puoi distogliere lo sguardo da tutta la miseria che si porta dietro, e da tutta la bellezza che racchiude. E' uguale nel suo modo di essere: rozzo, vive nel caos, paga i ragazzini per fare sesso con loro -o paga un ragazzino per fare l’amore con lui- ma poi scopri che è colto, che sa tante cose sulla filosofia, che ama la letteratura, scopri che lavora alla NY Public Library e che, se solo vuole, può parlare in maniera tanto forbita da non farti capire un accidenti. Può farti sentire in Paradiso e trattarti come un re, e allo stesso tempo può spedirti nell’Inferno più nero con solo una parola o un gesto.

La violenza di questa storia non lascia indifferenti, non la consiglio ai deboli di stomaco e nemmeno a chi ha troppi preconcetti. Per farla breve: parla di omosessuali, di schiavi, di sesso violento, parla di pedofilia e di infanzie gettate nel cesso. Parla di droga e di mafia, e questo probabilmente è il meno.
Senza risparmiarci una parola di tutta questa amara realtà, facendo scorrere fino all’ultima goccia di sangue che possiamo sopportare, Vera Lynn, autrice di questa magnifica opera (perché, con un paio di aggiustamenti, la considererei anche da pubblicazione e anche se l'ho già letta la comprerei), ci immerge nel mondo stretto di Charlie e Maurice, dove sembra esistano solo loro e il resto del mondo sia solo una massa sfocata.
Il linguaggio è eccellente, non tralascia nulla, si adatta ai sobborghi che popola e alla labbra da cui scaturisce, ma si innalza come se descrivesse momenti sacri in tutta quella miseria.
Charlie, anche se è il protagonista, mi lascia un po’ indifferente. Chi ha conquistato il mio cuore è l’oscuro demone di nome Maurice, e Charlie invece è solo un personaggio per me fin troppo compatito dagli altri. Perde un po’ del suo fascino con tutto questo compatirlo.

All’inizio sembra che tutto quanto ruoti attorno alla relazione fra Charlie e Maurice, e le cose sembrano appianarsi ad un tratto. Sembra che tutto stia andando bene ma, capita già molte volte nella narrazione: tutto scorre liscio come petrolio nell’oceano, proprio con quel gusto amaro, e ad un tratto succede qualcosa che non ci aspettavamo. Tutto cambia: un pungo tirato con troppa forza, un nenonato, un rapimento.
Il fatto che alla fine ogni cosa si intrecci in un giallo veloce e improvviso, rende la storia ancora migliore.

Purtroppo il finale non mi è piaciuto molto, sembra affrettato, quasi come se l’autrice non avesse più le forze per terminare la storia in maniera completa e l’abbia rattoppata alla bell’e meglio. Questo è l’unico rimpianto che ho e l’unica cosa che non apprezzo in “La moda del lento”.

A parte questo posso solo consigliare di leggere a chiunque voglia una storia che faccia accapponare la pelle. Una storia dove niente è scontato, dove il mondo è crudele e dove il sangue e le lacrime scorrono a generosi fiotti. Il gusto di questa storia è agrodolce, ti lascia impietrito dall’orrore e dall’angoscia, e ancor più impietrito dalla dolcezza che c’è nei suoi personaggi, nei loro gesti, nelle loro parole. Nella loro umanità, che è tanto simile a quella di ognuno di noi.
In mezzo a tutta quella realtà viene da chiedersi come si possa ancora vivere, e infatti ci sembra che tutti stiano sopravvivendo, aggrappati alla vita con tanta forza da scarnificarsi le mani e fare incrinare le unghie. Ma poi arriva una carezza, una parola detta con riguardo, degli occhi che ti osservano e vedono dentro di te, e allora quel gusto acre della storia si trasforma in speranza, e inevitabilmente in un sorriso sulle labbra del lettore.
Rimarrete affascinati da Charlie, da Maruce, da Phemie, e agghiacciati da loro al tempo stesso. “La moda del lento” è una storia che mi resterà sempre nel cuore, in un angolo buio probabilmente, nell’angolo tenebroso che abbiamo tutti dentro, ma rimarrà aggrappata lì per sempre perché l’ho realmente amata.


Citazioni:

«La risoluzione del finito… le teorie di Feuerbach…»
«Ma ti levi…»
«Abbiamo risolto interi sistemi filosofici con una scopata, Charlie, idiota. E’ un momento solenne.»

«Mi sa che i grandi pensatori tedeschi non scopavano come si deve.»
«Mi secca ammetterlo, ma ritengo questa prospettiva, seppur prettamente teoretica, non dottrina ma aletheia
«Ma parla come mangi…»

Dal cp. 12 “Jamin-a”

I due modi per farlo. Sì, proprio quello!

Leggendo varie fanfiction con rating rosso (maniaca? No, solo amante delle scene calienti) ho fatto, com’è mio solito, una sorta di divisione fra scene erotiche.
Lo so, è una mania probabilmente quella di suddividere tutto in comparti stagni nel mio cervello. Se non fosse che la maggior parte delle volte questi comparti si sciolgono a causa di un elemento che non riesco a classificare con cura, direi che sono un caso disperato, ma invece sono capace di cambiare idea.
Comunque trovo sempre un motivo e un soggetto da classificare, come per le Draco/Hermione e le Dramione.
Oggi classifico l’erotismo nelle fanfiction. Perché mi sento in vena di parlare di questo.

Comunque, ci sono due tipi di lemon: una che descrive l’atto, l’altra che descrive di tutto a parte l’atto.
La prima è la meno peggio, possiamo dire, perché non ha pretese di alcun tipo, e l’unico pericolo che può correre è quello di cadere nel volgare. La cosa che gli manca è il sentimento. Certo, si può descrivere benissimo dopo il sentimento, ma se è una scena molto intensa (o se vuole esserlo) non può tralasciare i sentimenti e parlare solo delle azioni. Se vuole essere intensa solo descrivendo l’atto allora significa che l’autore dev’essere particolarmente esperto e che questo fa parte del suo stile, ma è difficile descrivere l’atto sessuale, tralasciare i sentimenti e sperare che il lettore ne ricavi qualche colpo al cuore. Al massimo qualche auto-palpata, ma dev’essere proprio scritta bene ‘sta scena. O così oppure narra di una storia di sesso.
Il secondo genere, invece, non è propriamente una lemon. L’atto esiste in sé, ma non ci viene descritto, quindi la storia potrebbe benissimo essere bollata con un rating arancione e tanti saluti. Ma se l’intento era scrivere una scena lemon romantica, devo dire che l’autore ha miseramente fallito. Vi è però una grande abbondanza di emozioni, che però perdono d’intensità in quanto manca la materia prima dalla quale scaturiscono. Questo secondo genere è forse più facile da scrivere (per un bravo autore, ma dipende sempre della storia, dalle condizioni in cui scriviamo e da tante cose in generale, anche dalla colazione che lo scrittore ha fatto quella mattina) e da leggere. Può essere scritto bene e suscitare sensazioni bellissime nel lettore, ma se questi cercava una lemon, mi spiace dire che non l’ha trovata.
Ora, non che io sia una grande esperta di lemon, infatti probabilmente non ne saprei scrivere una proprio come voglio io e come le fanwriters che ammiro (ci sto provando, nel fandom di Harry Potter, prima o poi posterò), però ne ho lette  diverse e mi sono fatta la mia idea al riguardo.
Credo che la lemon ideale sia quella della famosa “via di mezzo”, che di tanto in tanto si trova nelle mani di esperte fanwriters. Di solito sono donne vissute, che hanno avuto la fortuna (perché sempre di fortuna si tratta, anche in episodi poco piacevoli della nostra vita) di avere avuto una gamma di esperienze, a volte belle e a volte brutte, ma dalle quali hanno tratto emozioni che hanno saputo abilmente trascrivere sulla carta. Le esperienze brutte capitano purtroppo, anche nella sfera sessuale, ma servono a formarci e a metterci in guardia. A volte ci pentiamo di averlo fatto proprio lì, proprio in quell’istante, a volte vorremmo aver aspettato, oppure vorremmo che non fosse lui quello a cui ci siamo date. Altre volte invece è tutto perfetto, non cambieremmo nulla di una virgola, con tanto di corsa al bagno dopo averlo fatto, per ripulire poco romanticamente tutto il macello che abbiamo combinato, o magari con la corsa frenetica alla ricerca dei vestiti perché tuo padre ha bussato alla porta. E questo, senza dubbio, è una cosa magnifica.
Non dico che per scrivere una lemon come si deve si debba andare in giro a offrirla come un volantino, ma è indubbio che è meglio scrivere di cose che si conoscono personalmente. Ma allora, se una (o uno, perché essere così sessisti?) è vergine, come cavolo deve fare?
Io ho passato già da un po’ lo stadio della verginità e di attività fisica ne ho fatta da allora (anche se i rotolini di ciccia rimangono ai miei fianchi, ignari del fatto che potrebbero pure sloggiare), ma scrivere una scena di sesso ben scritta non è mai facile, sia per chi ha esperienza che per chi non ne ha.
Per coloro che ce l’hanno, l’esperienza, consiglio di rifarsi alle proprie sensazioni e aggiungerci un poco di inventiva, giusto perché siamo in una fanfiction, e poi di leggere altri lavori a rating rosso, che posso sempre ispirare. Per chi non ha esperienza, per carità, non correte a cercarvela solo per un foglio bianco che non si vuole riempire, consiglio anche a voi di leggere molto e di informarvi su internet o, che so, una bella chiacchierata fra amiche (è sempre divertente).

Non volevo sfociare nei consigli quando ho iniziato questo post ad essere sincera, anche perché non sono famosa per aver scritto lemon di grande prestigio. Quindi a chi legge verrebbe da chiedersi: «Ma chi cavolo sei per dire questo?». Siccome però sto scrivendo proprio in questi giorni una storia ad alto contenuto erotico e -abbasso la falsa modestia!- mi pare che stia venendo anche abbastanza bene, non ho ritenuto giusto privarvi di un così prezioso consiglio.
Ah ah ah!