venerdì 5 giugno 2015

Carta straccia #1: Estasi culinarie – Muriel Barbery

In zona Navigli, a Milano, c’è una sede del Libraccio che amo alla follia. Il locale è piccolo e stipato di libri usati dal pavimento al soffitto. Sono talmente tanti e talmente attaccati fra loro che, sebbene abbiano tentato di dare un ordine per genere – e per averci provato li ammiro –, trovare qualcosa che ci interessi è una questione di fortuna. I titoli si susseguono uno dopo l’altro, attaccati e senza fine. Quando, qualche settimana fa, vi trovai “Estasi culinarie” di Muriel Barbery, non esitai a comprarlo.
La trama era interessante, il prezzo ottimo, ma la cosa che prima di tutte mi tolse ogni dubbio fu il nome dell’autrice: Muriel Barbery, di cui avevo già letto “L’eleganza del riccio”. Quel libro mi era piaciuto moltissimo, era semplice nonostante la profondità dei temi trattati, e anche se la trama aveva qualche piccolo difetto nel complesso rimane tutt’oggi un libro che ricordo con piacere.
Lo stesso non si potrà dire di “Estasi culinarie”.
 
Nel signorile palazzo di rue de Grenelle, già reso celebre dall'"Eleganza del riccio", monsieur Arthens, il più grande critico gastronomico del mondo, il genio della degustazione, è in punto di morte. Il despota cinico e tremendamente egocentrico, che dall'alto del suo potere smisurato decide le sorti degli chef più prestigiosi, nelle ultime ore di vita cerca di recuperare un sapore primordiale e sublime, un sapore provato e che ora gli sfugge, il Sapore per eccellenza, quello che vorrebbe assaggiare di nuovo, prima del trapasso. Ha così inizio un viaggio gustoso e ironico che ripercorre la carriera di Arthens dall'infanzia ai fasti della maturità, attraverso la celebrazione di piatti poveri e prelibatezze haute cuisine. A fare da contrappunto alla voce dell'arrogante critico c'è la nutrita galleria delle sue vittime (i familiari, l'amante, l'allievo, il gatto e anche la portinaia Renée), ciascuna delle quali prende la parola per esprimere il suo punto di vista su un uomo che, tra grandezze pubbliche e miserie private, sembra ispirare solo sentimenti estremi, dall'ammirazione incondizionata al terrore, dall'amore cieco all'odio feroce. Anche in questo romanzo d'esordio Muriel Barbery racconta, assieme ai piaceri e alle tenerezze della vita, l'arroganza e la volgarità del potere (in un ambiente spietato dove - è cronaca di questi anni - un cuoco si uccide perché ha perso una stella Michelin).
 
Ci sono principalmente due motivi per non leggere questo libro.
Il primo in assoluto è che il protagonista è snob, imbruttito e incattivito nei confronti di chi lo ha amato di più, la sua famiglia. Forse era questo che voleva l’autrice, forse voleva un personaggio cinico, ipocrita e con manie di grandezza, tuttavia non so a quanti piace sul serio uno così.
Il secondo è che il linguaggio è pomposo e a tratti talmente zeppo di aggettivi e parole altisonanti da risultare noioso.
So che due motivi non sono molti, ma sono importanti. Per cui non ve lo consiglio affatto.

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