venerdì 19 maggio 2017

I miserabili vol. III - Victor Hugo

Ultimo volume dell’edizione dei “Miserabili”, ultima recensione. Lascio l’ammore che ho provato e lo sbrodolare dei sentimenti per dopo, altrimenti non ci sarebbe riassunto. Di recente ho anche rivisto il film musical di qualche anno fa e lo struggimento per i personaggi è, se possibile, aumentato.
La cosa assurda è che ricordo di aver avuto moltissime remore a leggere questo libro, soprattutto per la mole, ma dopo aver visto per la prima volta il film mi era piaciuto così tanto che mi sono detta di provare. L’occasione di leggerlo è capitata per caso, anni dopo, e ho scoperto due cose. Primo, i bei film tratti dai classici mi spingono a volerli leggere a qualunque costo (con i bei film di storie contemporanee non è così scontato). Secondo, posso reggere la lettura di tomi di oltre mille pagine – scritti piccolo, ovviamente – senza crollare, cosa che ho sempre un po’ il timore di fare.
Quindi ecco, a voi l’ultima recensione dei Miserabili, che potrebe essere seguita da molti, moltissimi altri libri cicciotti.


Marius e Cosette si vedono ogni sera di nascosto da Jean Valjean, e sono sempre più innamorati. Il loro idillio viene distrutto quando il padre della ragazza decide di partire per l’Inghilterra, per paura di essere ancora braccato dall’ispettore Javert.
A quella rivelazione Marius torna dal nonno per chiedergli il permesso di sposarsi ma il vecchio, troppo distratto dalla felicità per il ritorno del nipote che ha sempre amato, non lo prende sul serio. Marius torna da Cosette ma la casa è già stata abbandonata. Il giovane decide di unirsi alla rivolta organizzata dagli amici, credendo di non avere più nulla da perdere e preferendo rischiare di morire piuttosto che vivere senza il suo amore.
Il giorno dei funerali del generale Lamarque, personaggio pubblico che sempre era stato dalla parte del popolo, il gruppo di studenti capeggiato dal giovane e carismatico Enjolras, erige una barricata e organizza la resistenza.
Assieme a lui ci sono il piccolo Gavroche, Marius, l’ispettore Javert sotto copertura e la giovane Eponine, travestita da uomo. Poco dopo vengono raggiunti da Jean Valjean che, scoperto l’amore di Cosette per Marius e venuto a sapere che quest’ultimo cerca la morte alla barricata perché crede di aver perso la ragazza, va a vegliare su di lui.
Gli scontri hanno inizio ma Javert viene subito denunciato come infiltrato e improgionato. Il suo destino sarà essere fucilato, ma Enjolras decide di attendere fino a che non saranno quasi finitre le munizioni, per non sprecarne di preziose. Per ovviare allo scarseggiare delle munizioni il piccolo Gavroche supera la barricata e comincia a raccogliere dei bossoli, ma viene ucciso dai soldati. Un ragazzo sconosciuto salva Marius, venendo ferito allo stomaco, e il giovane scopre che si tratta di Eponine, che muore poco dopo. Viene nel frattempo deciso che Javert deve essere fucilato, così Jean Valjean chiede di essere lui a uccidere il traditore ma, quando si trova solo faccia a faccia con Javert, finge solo di ucciderlo e lo libera.

I soldati superano la barricata e uccidono tutti i rivoltosi, tranne Marius. Il ragazzo sviene a seguito di un colpo alla testa, Jean Valjean lo carica sulle spalle e si cala nelle fogne per portarlo lontano dalla battaglia e impedire ai soldati di fucilarlo. Vaga nelle fogne fino a trovare un’uscita, vicino alla quale si nasconde Thenardier.
Una volta salvato Marius, Jean Valjean pensa che Javert, al quale aveva dato il proprio indirizzo per convincerlo delle sue buone intenzioni, stia per andare ad arrestarlo, ma questi non si presenta. L’ispettore Javert, che ha passato tutta la vita a disprezzare i criminali come Jean Valjean, non accetta di essere in debito con lui. Più di tutto non accetta un mondo dove un ex forzato ha lavato le sue colpe, dove tutte le sue sicurezze, di Javert, sono crollate e tutto ciò su cui ha basato la sua vita è falso. Per questo motivo l’uomo si suicida gettandosi nella Senna.

Mesi dopo Marius e Cosette sono sposati, tuttavia il giovane non sa che è stato Jean Valjean a salvarlo e, dopo alcune ricerche, si convince che egli è un ladro, che ha derubato il sindaco Madeline. Lo allontana dalla sua vita e da quella di Cosette. Il vecchio Jean Valjean ne è distrutto e cade in una profonda depressione.
Convinto di ottenere in cambio del denaro, Thenardier si presenta da Marius e svela al giovane che Jean Valjean è un ex detenuto e che per anni si è nascosto sotto il nome di signor Madeline, diventando persino sindaco di una città. Gli dice inoltre che il vecchio è un assassino, che lui stesso lo ha visto mentre trasportava un cadavere nelle fogne. Marius, compreso l’enorme errore che ha fatto, caccia via Thenardier e assieme a Cosette si precipitano da Jean Valjean.
L’anziano signore, provato dall’infelicità, è ormai in fin di vita. L’ultima sua gioia è quella di morire sapendo che Marius lo ha perdonato e che Cosette è felice. Spira mentre i giovani piangono ai suoi piedi.


Mettere per iscritto qualcosa in questo momento mi viene complicato. Nonostante gli alti e bassi (perché di un romanzo di così ampio respiro non si può pretendere di apprezzare ogni singola cosa) ho veramente amato “I miserabili”.
Come sempre ci sono degli approfondimenti particolari su cui Hugo si è soffermato. Quello che non ho apprezzato molto e che ho persino saltato è stato quello sulle fogne di Parigi, senza dubbio interessante ma molto pesante da leggere.
Invece mi è piaciuta molto la digressione sulle barricate, uno dei metodi che furono più in voga fra il popolo per fomentare le rivolte. Quella descritta da Hugo nel libro non è, perdipiù, inventata per l’occasione. Alla morte del generale Lamarque vi furono molti disordini, la barricata è solo uno di quelli e, oltre a far parte del romanzo, fa parte della storia. L’ho apprezzato non solo perché è veritiero, o perché ci fa pensare che questi fatti possano davvero essere accaduti, ma perché porta il lettore ad una consapevolezza nuova. I fatti che mandiamo a memoria per studio o passione diventano un’ideale, un atto di coraggio, perdono la loro umanità. Hugo ha permesso a questi fatti di scomporisi e diventare sfide personali, più vicine a noi. Potranno non essere esistiti proprio Enjolras, o Gavroche, o Eponine, ma l’importante è rendersi conto che non era solo La Barricata, un mostro da considerare per intero, una parola, un atto di ribellione: c’erano le persone, i singoli come ognuno di noi.
Un altro approfondimento che mi ha molto interessato è quello sulla lingua. Hugo racconta di come a Parigi esistesse una sorta di dialetto parlato dalla più bassa estrazione popolare, l’argot, che altro non era che un mix di diversi accenti che si mischiavano e creavano un modo di parlare del tutto diverso. Questa lingua era disprezzata dai letterati, ma Hugo la utilizza per dovere di cronaca, perché quando parla dei Thenardier e degli altri criminali non sarebbe corretto fargli parlare un francese fluido, devono parlare la lingua del popolo, di più, la lingua del popolo basso. Hugo sapeva bene che sarebbe stato criticato per questa scelta. Inserire in un romanzo una lingua così sciatta? Mon dieu! Ma qui Hugo spiega le sue ragioni, che trovo assolutamente condivisibili. La lingua viene creata dall’uomo, modellata a seconda delle necessità, perché è un’invenzione dell’uomo. Non è giusto ostacolarla. La lingua si evolve e cambia con il tempo, cominciare ad utilizzare un linguaggio nuovo in un libro può solo aiutare questa evoluzione. Può favorirla, fornendo regole grammaticali a parole che fino ad ora hanno avuto solo un utilizzo parlato.


Cominciare a lasciare alcuni dei personaggi di Hugo è stato straziante. C’erano dei personaggi cui mi ero fortemente affezionata, ad esempio Eponine e Gavroche.
Lei è un personaggio in cui tutte le ragazze, almeno una volta nella vita, si sono identificate. Capita l’amore non corrisposto, è normale, e la storia di Eponine mi ha fatto tornare in mente tutti i miei struggimenti passati. Il mio lato fangirl è anche risorto giusto per farmi notare che Marius sarebbe stato molto meglio assieme ad Eponine, che non con Cosette, la cui forza d’animo non è così forte e la cui utilità nel libro è fine a sé stessa. Gavroche invece era il monello per eccellenza, quello che immaginiamo sempre in un film in costume. Allegro, birbante, a volte insolente, ma capace di gentilezza e molto astuto.
Alla fine di altri personaggi, invece, ero preparata. Ad un tratto ho iniziato a subodorare il suicidio di Javert ma leggerlo è stato lo stesso emozionante. Hugo è riuscito a spiegare perfettamente l’angoscia di un uomo che vede le sue convinzioni, sulle quali ha basato la sua intera esistenza, venire meno. Non immagino un’altra fine per Javert perché per carattere non è elastico, non è adattibile. Non accetta un mondo dove un ladro può essere un buono, non ha intenzione di scendere a compromessi, quindi sceglie di fare a meno di quel mondo.
Immaginavo anche che non ci sarebbe stata una bella fine per Jean Valjean, anche se è il personaggio che ho amato di più, che ha sofferto di più e che meritava davvero una fine felice. Non è mai completamente buono, anche se dedica la seconda metà della sua vita all’amore e non all’odio. Anche questo però è uno di quei finali ‘corretti’, che non potrebbero essere altrimenti e che, se cambiati, perderebbero molto. Tutto il libro mi ha dato come l’impressione che Jean Valjean stesse facendo enormi sacrifici, che la sua anima fosse perennemente piegata dalle colpe passate e dalla vita in fuga, nella menzogna. La morte del personaggio è stata come una liberazione, almeno io l’ho interpretata così. Riscattatosi agli occhi di chi ama, Jean Valjean è libero di morire dopo una vita ricca di sia di dolore che di amore.

Insomma, penso che si veda che mi è piaciuto. Non so veramente che altro dire, anche perché ho scritto questa recensione tutta d’un fiato e, ripensando a ciò che ho letto, mi sono emozionata di nuovo e di nuovo ho visto la grandezza di questo romanzo.
Non è un libro che consiglierei a tutti, perché è complesso, molto lungo e non è una lettura che si fa per svagarsi. Tuttavia è una storia che tutti dovrebbero conoscere.

2 commenti:

  1. Ciao, credo sia la prima volta che commento sul tuo blog, ma non ho saputo resistere a questo post. I miserabili è nella top 3 dei miei libri preferiti di sempre e sono davvero felice che ti sia piaciuto così tanto. Per quanto riguarda Eponine e il piccolo Gavroche, sono i miei personaggi preferiti insieme a Jean Valjean e la loro morte mi ha letteralmente devastato. Eppure non mi stancherei mai di leggere questo il libro o vederne il musical (che fatalità ho rivisto proprio ieri)!

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    1. Sinceramente quando ho iniziato "I miserabili" non pensavo di potermi affezionare così tanto a questi personaggi, di rimanere coinvolta nella storia, invece è stato proprio emozionante!
      Eponine, Gavroche e Jean Valjean sono anche i miei preferiti. All'inizio mi piaceva anche Marius ma verso la fine si comporta male quindi ha perso la mia simpatia in quel momento!
      Il musical l'ho trovato molto accurato, le canzoni molto belle e la ricostruzione storica precisa. Adesso aspetto solo di avere l'occasione per andare a vederlo a teatro e poi la mia adorazione sarà completa xD

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