venerdì 18 febbraio 2011

Il punto fermo che mi potrà salvare

Casa nuova.
Anche se a voler essere petulanti lo chiameremmo buco.
Scuola nuova.
Un traumatico passaggio dalle rassicuranti superiori alla decantata università.
Famiglia nuova.
O meglio: le spoglie che ne sono rimaste dopo una separazione tragica da soap.

Ecco i favolosi cambiamenti di cui tanto parlavo nel primo post di questo blog. Mi chiedo a questo punto dove siano le possibilità.
Quando una porta nuova ti si apre di fronte e non l'hai ancora varcata le aspettative sono tante, anche se sai che sarà difficile. Come si dice: la speranza è l'ultima a morire.
Alla luce dei recenti fatti credo comunque di aver sbagliato aspettative: le mie aspettative per un dignitoso futuro prima che la mia vita venisse sconvolta da un divorzio, un trasferimento e l'inizio dell'università, si concentravano tutte su quest'ultima, come se dovesse essere fonte di tante soddisfazioni.
Ma avrei dovuto saperlo che sono pigra come poche, e i guadagni, a livello di esami per lo meno, non si sono visti. Probabilmente, lo so, parlo da ipocrita, ma: possibile che non vi sia altro tipo di aspirazione? Perchè ho avuto la folle idea di ricavare soddisfazioni da qualcosa che non mi piace poi così tanto -in questo caso lo studio-? Cosa mi passava per la testa mentre mi facevo i filmini mentali su come sarei stata allegra e felice, con i miei 30 e quelle visite da tre ore a un padre che non vedo più e del quale non riesco a sentire la mancanza? Il mio cervello doveva essere sconvolto da qualcosa e si è aggrappato alla prima sicurezza che ha trovato: e la prima sicurezza era lo studio, si, perchè la mia richiesta di anno sabbatico era stata respinta fin dalla prima elementare da mia madre.
E come è possibile che nemmeno il mio svago più sfrenato, quello in cui ripongo sempre ogni briciola di viscerale piacere dell'animo, ossia lo scrivere, sia all'improvviso scomparso? Non riesco più a scrivere una parola. Che siano fanfiction, che siano storie originali, le mie mani vomitano parole che, puntualmente, vengono cancellate. Non che non ci sia fantasia, mi passano per la testa parecchie idee, ma quando le trasformo in parole sento che non sono quelle giuste. Non mi soddisfano, non riesco a rendere quel che vorrei far uscire dalle parole che scrivo.

Dare la colpa ai genitori appena separati è facile...
"E' che ho appena subito uno shock familiare, fatico a concentrarmi sui libri."
"Ormai ho talmente tante cose da fare che scrivere è diventato impossibile!"
No, non è così.
Mi sento in colpa perchè so che nello studio potrei dare di più invece perdo le giornate a cazzeggiare. Mi sento male perchè nemmeno ciò che mi aveva sempre aiutato prima è più dentro di me, a rendere almeno un paio d'ore della mia giornata in cui apro quel dannato documento word e ci butto dentro le prime parole che penso, qualcosa di speciale che mi aiuta ad andare avanti.
La gente mi dice che sono ottimista, e io mi fido del giudizio altrui per queste cose perchè io di sicuro mi guarderi con occhi parziali... Ma che dire ora? Anzhe sforzandomi non riesco a vedere nulla di ottimo in questa vita che mi sono ritrovata.

L'unica cosa che mi aiuta in questo momento è lui. Sembra banale, ma si: è il mio fidanzato.
E ora come ora non ho più niente da dire. Sarà ancora quel maledetto blocco dello scrittore? Forse ho esagerato a considerare la scrittura una mia passione. E se fosse stato un raptus? Se fosse stata solo un'illusione? Qualcosa di temporaneo con cui ci trastulliamo ma che non è la nostra vocazione...
No.
E' così.
C'è un punto fermo in tutta questa storia, ed è la scrittura. Almeno di questo, dopo aver fissato il monitor per dieci minuti interi immersa nelle riflessioni, sono sciura.
Quindi per il momento è tutto qui.

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