Non aggiorno il blog da un po’, ma
solamente perché non ho avuto molto con cui aggiornare.
Volevo scrivere una recensione su una
bella storia online che seguo da molto e che finalmente si è conclusa. Il
problema è che il suo aggiornamento e la relativa conclusione sono durate così
tanto, che certamente dovrei rileggerla per scrivere una recensione come si
deve.
Poi volevo scrivere un paio di pensieri
riguardo ad un libro che mi è piaciuto molto. Il problema è che è passato fin
troppo tempo perché io possa recensire con la stessa passione con cui l’ho
letto, molto probabilmente cercherei di analizzarlo e di rimanere fredda e
distaccato.
Ho deciso quindi di segnalarvi soltanto queste
due belle letture, molto diverse fra loro, dicendo qualche parolina su ognuna e
lasciando a voi la scelta di leggerli o meno, come si fa con le quarte di
copertina.
La storia online è – ovviamente – frutto
dei lidi di EFP, ma non una delle solite fanfiction che leggo, questa volta è
un’originale. Titolo “Abominum”, genere romantico,
nota particolare raccolta.
Questa non è una storia per omofobici! O
forse, è proprio una storia che dovrebbero leggere le persone omofobiche per
avere un altro punto di vista.
Quattro storie diverse tutte ambientate
in diverse città d’Italia: Milano, Firenze, Bologna, Roma. Compaiono qui
personaggi di ogni sorta, dall’uomo gay che vorrebbe dei figli a quello che reprime
la sua sessualità, da quello insospettabile a quello che si comporta come Jack
di “Will e Grace”. Le storie vanno avanti ognuna a piccoli passi, alternandosi,
facendoci scoprire pian piano una piccola porzione di storia e di personaggi.
Il libro che ho letto invece è “Diario
di scuola”, di Daniel Pennac. Racconto, ma più che altro sorta di confessione
dell’autore, ci racconta di come, prima di diventare lo scrittore e l’insegnante
di francese, Daniel Pennacchioni era un somaro.
Incredibile scoperta!
Ebbene sì, il pluri-pubblicato Pennac
faceva fatica a capire l’alfabeto da bambino, la grammatica più avanti e ogni
singola materia alle superiori, tanto che dovette ripetere la maturità. Poi, l’illuminazione,
all’università: la studio non era più inconcepibile, lo scoglio di memorizzare
era stato limato dalle ore di lettura di romanzi e da pochi, abili professori
che ebbero fiducia in lui.
Consiglio questo libro a tutti coloro
che sono stati somari, che si sono ogni tanto sentiti somari, o che sono stati
i migliori della classe. Ma soprattutto lo consiglio ai professori. La maggior
parte dei professori sono spesso stati, immagino, alunni medio-capaci, e non
hanno la più pallida idea di com’è sentirsi somari. Io stessa non lo sapevo
bene prima di leggere questo libro, immaginavo solo che alcuni dei compagni che
ho incontrato lungo il periodo scolastico fossero pigri, ma non è così. Non ve
lo spiego perché il libro lo fa molto meglio, io farei solo un gran casino.
Ho cominciato a sentirmi somara all’università.
Non mi ritrovavo nell’ambiente, nelle persone che mi circondavano, nei
professori così terribilmente simili a quelli che avevo alle superiori, se non
ancor più anonimi. Questo libro mi ha fatto capire però che posso riprovarci
quando voglio, che prima o poi troverò la facoltà che fa per me, e che troverò
dentro di me qualcosa che mi spronerà a mettercela tutta.
Daniel Pennac
Il Professore Somaro
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