domenica 31 luglio 2011

Quando a vincere è la trama -di carne.

Forte della lettura di “Linee”, che consiglio a tutti i fan di Twilight che non amano i canoni del genere e vogliono qualcosa di razionale, ho iniziato a leggere la creazione originale di Mirya, “Di carne e di carta”, un romantico quanto cervellotico scritto.
Non sono rimasta delusa dai primi capitoli, ma man mano che si andava avanti lo stile del racconto diventava davvero troppo pesante, tanto che a volte mi sono chiesta «Ma quando finisce?», ma nonostante questo volevo terminare di leggere, perché a parte lo stile la storia era davvero interessante.
Mi rendo conto di come è difficile creare una storia originale, che presenti chiaramente ai lettori le situazioni e i personaggi senza lasciarsi sfuggire nulla che l’autore, conoscendo la sua creazione, dà per scontato. Nelle fanfictions questo lavoro viene risparmiato agli autori perché i personaggi e molto spesso anche la trama sono già delineati, così come gli aspetti caratterizzanti di quel mondo che rielaborano. Credo che uno dei difetti maggiori di “Di carne e di carta” stia proprio nel voler sodisfare questo bisogno di rimarcare sempre i dettagli.
Sono davvero le troppe ripetizioni di concetti già bene esposti in precedenza. In alcuni casi queste ripetizioni sono appropriate, lo sono state soprattutto per comprendere la psicologia di Leonardo e il motivo per cui adotta un comportamento tanto allergico a Chiara. Anzi, direi che mi è piaciuto moltissimo quel passo (capitolo 18; Forse, prima sillaba: for him and for her) nel quale viene spiegata ogni cosa, proprio per la ripetizione di frasi già dette in passato. Ma in ogni capitolo troviamo più passi della storia ripresi, a volte come autocitazioni a volte come gli stessi concetti detti in maniera differente. Dopo un po’ questo stile, diventa ridondante e addirittura noioso.
La seconda cosa che critico alla storia è il fatto di avere dialoghi poco credibili. Sarà che sono fissata con questo, ma un dialogo bello, per me, è un dialogo credibile. E un dialogo credibile è composto da parole che usiamo tutti i giorni. Qualcuno potrebbe obbiettare che i protagonisti sono due studiosi molto preparati ma, data una piccola esperienza in materia, non ho mai sentito un professore -anche universitario- parlare in quel modo. E’ troppo artificioso, troppo costruito, non mi è piaciuto. Soprattutto perché la maggior parte dei dialoghi sono conversazioni in preda alle emozioni, sono rabbiose, o sono passionali, o sono confessioni a cuore aperto. Non credo che quando ci si confessi a cuore aperto, per quanto eruditi si possa essere, si faccia caso alla sintassi, come fanno invece i personaggi di Mirya, e soprattutto Leonardo.
A parte questo, ho amato la trama e i vari colpi di scena che ci sono stati.
L’inizio, con l’entrata di Leonardo e la prima litigata fra lui e Chiara, è stato subito coinvolgente. A parte il fatto che ognuna di noi donzelle vorrebbe che il suo relatore  della tesi fosse un sexy ventinovenne (a questo proposito, per qualche motivo mi viene in mente Luca Argentero quando penso a Leonardo, anche se non ha gli occhi azzurri), e questo rende coinvolgente già di suo la storia e permette a tutte le studentesse di immergersi nella fantasia -andiamo, ammettetelo, chi di voi non ha fatto un pensiero su qualche prof? Io ho avuto quello di filosofia alle superiori per fantasticare sull'uso delle scrivanie, tanto per rimanere in tema Mirya. Ma questo inizio, anche se forse è un po’ scontato, è stato piacevole da leggere.
Il senso poi di qualcosa di già visto diminuisce quando, andando avanti, l’antipatia di Leonardo nei confronti di Chiara, diventa più acuta e ingiustificata. Mirya ha trascinato questa curiosità fino alla fine della storia, molto abilmente devo dire, mettendoci anche delle ipotesi tanto incredibili quanto errate (mi riferisco al supposto complesso di Edipo di Leonardo), ma che ci stavano assolutamente.
La scoperta finale che Leonardo si era fatto un idea errata dell’amore può sembrare semplicistica detta così, ma nei capitoli del pranzo di Natale a casa Villani tutto si ricopre di tensione e le rivelazioni che vengono fatte sono incredibili. Lascia senza fiato la fine del capitolo 17, “Il viaggio”, quando Renato Villani annuncia con calma imperturbabile che lui e la madre di Leonardo, coppia notoriamente perfetta, sono separati.
Ecco, quelli della cena di Natale sono stati senza dubbio i miei capitoli preferiti! Lo stile ci stava bene e la storia era finalmente al suo nodo critico, dopo tante ipotesi e curiosità. E dopo che il nodo critico si dipana e spiega molte cose, la storia non finisce mica, e fino alle ultime righe Mirya ci lascia pieni di incertezze, e in un certo senso lascia finire la storia a noi.
Com’è andata fra Ragazzina e Mr. Supposta? Questa è una delle cose che preferisco di questo racconto, perché la risposta la sappiamo solo noi. E anche se è diversa da quella che l’autrice immagina e non ci ha fatto leggere, va bene lo stesso, perché è tutta una questione di ‘forse’. Un forse che sta ad ogni lettore mandare avanti con la propria fantasia, a seconda dell'umore del giorno, immagino!
Il tema in sé comunque è già una tentazione troppo forte per non destare l'attenzione di lettrici accanite. Chi non si è mai lasicata cullare nell'ullusione e nella speranza di vivere una storia d'amore come quelle di carta? Nella mia breve esperienza resta comunque magnifico scoprire che sono molto meglio le storie di carne.
Bene, questa storia ha diverse falle per entrare a far parte delle mie Preferite, sarebbe contro natura, per me, mettercela. Ma si prende un posto di tutto rispetto fra le Ricordate.
Consiglio caldamente "Di carne e di carta" a chi vuole una storia cervellotica e, sì, anche un po’ ripiena di idealismo, ma dalla quale, nonstante tutto, si riesce a farsi trasportare.

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