Avevo la mezza idea di leggere questo
romanzo e scrivere una recensione come faccio di solito, poi mi sono fermata.
Ho tre volumi di fronte a me e già il primo mi ha dato del filo da torcere. Gli
altri due sono più lunghi.
Ho deciso di intervallare la lettura dei
volumi con altri libri, che fossero il più lontano possibile dai classici. Non
che non abbia apprezzato “I miserabili”, al contrario, ma ho bisogno di respiro
fra una miseria e l’altra.
Monsignor Benvenue è Vescovo in una
piccola cittadina di campagna. Avrebbe la possibilità di arricchirsi e vivere
da nobile, ma preferisce donare tutto ai poveri e tenere per sé solo lo stretto
indispensabile. Non c’è persona che egli non perdoni, è benvoluto da tutti e la
sua porta è sempre aperta. Le uniche ricchezze che ha sono dei bei candelabri, che
usa per far luce all’ora di cena, e delle posate d’argento.
Una sera giunge alla sua porta un uomo
stanco e affamato che dice di chiamarsi Jean Valjean. Egli è stato appena liberato
dai lavori forzati, cui era stato costretto diciannove anni prima per furto con
scasso. La pena si è poi allungata dati i numerosi tentativi di fuga dell’uomo,
che voleva tornare dalla sua famiglia. Aveva tentato di rubare per la sorella e
i suoi figli, che morivano di fame.
Jean Valjean mangia alla tavola del
Monsignore, beve il suo vino e si corica sul letto che gli è stato offerto,
stupito dalla bontà dell’uomo. Nel paese infatti nessuno, né l’hotel né la
taverna, avevano voluto ospitarlo, nonostante avesse il denaro per pagare. Nella
notte, guidato dalla rabbia, Jean Valjean si approfitta dell’ospitalità del
Vescovo e ruba i candelieri e l’argenteria ma, quando viene catturato e portato
di fronte a Monsignor Benvenue, questi si comporta come se egli avesse fatto
dono di quegli oggetti a Jean Valjean. Questi rimane colpito dalla bontà del
Vescovo e giura a sé stesso di diventare pio e benevolo come lui.
Fantine è una ragazza bella e giovane,
che ha consacrato il suo amore all’uomo sbagliato. Rimasta incinta e
abbandonata, Fantine lascia Parigi e decide di tornare alla sua città natale,
che nel frattempo ha avuto una rinascita economica grazie ad un uomo che ha
investito nelle fabbriche, ha avuto successo e in seguito è stato nominato
sindaco.
La ragazza sa che una figlia avuta fuori
dal matrimonio le impedirà di trovare lavoro, così decide di lasciare la
piccola Cosette ad una coppia, i Thenardier, che hanno una taverna nel paese
vicino. In cambio di una grossa quantità di denaro questi accettano, promettendo
di trattare bene Cosette.
Il segreto di Fantine viene presto
scoperto e lei viene licenziata. Cerca di guadagnarsi da vivere in altri modi,
mentre i Thernardier continuano a chiederle denaro. Fantine vende ad un
barbiere i suoi bei capelli biondi, poi si fa cavare i denti bianchi, e infine
decide di vendere sé stessa e diventa una prostituta.
Nella cittadina abita un poliziotto
inflessibile, che ha dubbi sul sindaco della città. Quest’ultimo è generoso,
coraggioso, aiuta i poveri e anche coloro che non lo hanno in simpatia. Il
poliziotto Javert non ha comunque torto, perché il sindaco non è altri che Jean
Valjean, che nasconde la sua identità e cerca di adempiere alla promessa fatta
a sé stesso.
Scoperta la storia tragica di Fantine il
sindaco cerca di aiutarla ma, nel frattempo, viene a sapere che un uomo,
arrestato con l’accusa di furto, è da molti creduto Jean Valjean e per questo
la sua pena verrà prolungata. Dopo molti dubbi il sindaco decide di salvare
l’innocente e rivela la sua vera identità, ma non riesce a salvare Fantine, che
muore a causa di un male che la affliggeva da tempo. L’uomo aveva promesso di
riportarle la piccola Cosette, che i Thenardier tenevano in uno stato di
miseria, ma viene arrestato e condannato all’ergastolo e ai lavori forzati.
Passano diversi anni ma Jean Valjean non
si è dato per vinto. Ha la coscienza pulita perché ha fatto ciò che è giusto e
sa che la pena è immeritata, inflitta solo perché il suo nome gli porta
discredito, anche se la sua anima è cambiata. Non starà quindi alle leggi del
mondo in cui vive. Finge la sua morte, recupera del denaro che aveva nascosto
tempo prima, e salva Cosette dalla tirannia dei Thenardier.
I due raggiungono Parigi, cercando di
lasciarsi alle spalle il loro passato.
Ad essere onesti, non credevo di potermi
appassionare così tanto ad un autore che conosco così poco. A scuola non ho
studiato Hugo, nonostante sia uno dei più importanti romantici della
letteratura, e tutte le informazioni che ho reperito sono frutto di una ricerca
su internet, fatta più per curiosità che per necessità. Da quel poco che ho
letto però ho capito come mai Hugo si sia avvicinato a certi temi, il perché
delle digressioni politiche, e ho anche avuto modo di apprezzare la figura
storica che è stato. Ho scoperto che oltre ad essere stato un letterato è stato
anche politico, filantropo e una figura di riferimento per gli artisti e per il
popolo. Da come ne parlo avrete capito che mi sta simpatico.
Le sue idee sono meglio riflesse in
questo romanzo senza troppi giri di parole, idee che potremmo analizzare anche
oggi e trovare attuali; forse proprio per questo ho apprezzato il romanzo. I
personaggi devono affrontare una società che gli è nemica, devono combatterla e
quasi mai ne usciranno vincitori.
Potremmo trovare moltissime analogie fra
ciò che succedeva all’epoca in cui si svolge il romanzo e alcune situazioni dei
giorni nostri e questo è indice di una scrittura a mio parere molto
intelligente, che può diventare universale in quanto tratta un tema che non
smetterà mai di esistere. Da non confondere con una scrittura lungimirante,
perché la storia e i suoi meccanismi sono strettamente legati alla sua epoca e
non volutamente guarda al futuro, al contrario a me sembra che abbia guardato
al passato e abbia trovato un punto di incontro – molto infausto, non c’è che
dire – che unisce tutte le epoche.
“I miserabili” presenta le ingiustizie
di cui il povero, l’ignorante e anche lo sfortunato sono vittima. Racconta come
povertà e paura possono rendere un uomo audace al punto da compiere cattive
azioni che, se punite, renderanno la persona ancor più rancorosa, se accettate
o ignorate, più spavalda e pericolosa.
Hugo non difende queste persone ma
condanna la società che li mette nelle condizioni di dover compiere atti estremi
per sopravvivere, denuncia poi come questi vengono allontanati dalle persone,
di modo che per loro diventi impossibile guadagnarsi da vivere – vedi il
protagonista, Jean Valjean. Così si viene a creare un circolo vizioso, in cui
coloro che una volta hanno commesso un crimine sono portati a rifarlo, ancora e
ancora, e a subire la stessa punizione all’infinito, che sia la condanna penale
o morale – o entrambe. Allo stesso modo denuncia lo sfruttamento dei più
ingenui e indifesi, condanna la cecità dell’uomo, la sua fame di odio, perché
un redento che ha pagato per i suoi errori e cerca di rimediare verrà sempre
visto e perseguitato, perché la gente non dimentica la malvagità e la ripaga
con altra malvagità, mentre al contrario dimentica in fretta la benevolenza.
Non si pensi però che l’autore difenda a
spada tratta questi personaggi, egli riconosce che esiste una fetta di persone malvagie,
che nonostante la possibilità di vivere nell’onestà scelgono la via più buia
per avidità, o per semplice cattiveria – come i Thernardier – e questi li
condanna come le peggiori persone.
Aldilà di queste sopraelencate, che
possono essere opinioni, ciò che rende “I miserabili” un libro vicino a
chiunque è l’analisi dell’animo umano. Forse la parola analisi non rende bene l’idea, fa pensare ad un processo unicamente
scientifico, ma non è solo quello. Hugo studia la persona tramite i suoi
personaggi, ne rivela ogni sfumatura, dalla più oscura alla più radiosa. Lo fa
in modo così preciso che in un primo momento ci viene da pensare che si tratti
sì di una ricerca accademica, la materia trattata però rende l’analisi
instabile, imprevedibile, sorprendente – nel bene e nel male.
Questo
è quello che rende il libro intramontabile, perché forse oggi la società è
diversa e non è diffusa come allora la necessità di rubare perché si ha fame,
di ingannare perché si ha paura, di essere malvagi perché non si ha altra
scelta. Oggi abbiamo altri mali, ma rimaniamo persone così come Hugo ci ha
descritti.
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