Sono anni che voglio leggere “Fight Club”.
Finalmente l’ho fatto.
Se avete letto il libro, sapete bene che è inutile cercare
di fornire una trama senza sembrare dei pazzi o senza far sembrare il libro una
cazzata di dimensioni colossali. In effetti, non so neanche se questa
possa definirsi una recensione vera, insomma non so neanche cosa pensare di
questo romanzo.
Ci sono delle cose, però, che mi hanno colpito.
Credo seriamente che Chuck Palahniuk abbia qualche serio
problema, anche se certo dicono che fra la follia e la genialità c’è una linea
molto sottile… Non saprei dire se lui l’avesse già oltrepassata quando ha
scritto “Fight Club”, o magari stava proprio lì lì per saltarla a piè pari. Comunque
sia le cose che mi hanno colpito di più sono il tema della violenza e
l’ideologia anticonsumistica portata all’estremo. Oltre a questo il finale è da
discutere, mette una certa angoscia.
La maggior parte della gente dice di aborrire la violenza con
tutto sé stesso. Una parte della gente accetta un certo tipo di violenza, come
ad esempio il bullismo, o la caccia, o che ne so io non l’avete ancora capito
che sto sparando cacchiate a raffica?, troppo confusa da un argomento tanto
ampio anche solo per pensare?
La verità, credo io, è che in realtà tutti commettiamo atti
di violenza ogni giorno, anche senza rendercene conto, senza volerlo, senza
averlo in qualche modo programmato. Badate bene che la violenza non è solo
gridare, o picchiare, o minacciare, la violenza è anche psicologica, e anche se
entrambi i tipi di violenza – fisica e mentale – vanno a mio parere condannati,
credo che il secondo sia un po’ più malevolo.
Penso che scatenare la violenza a piccole dosi sia in
qualche modo catartico, e in “Fight Club” questo certo viene detto, neanche
tanto fra le righe. Se la nostra rabbia, la nostra frustrazione, tutte
le cose negative che abbiamo dentro, non le sputiamo fuori in qualche modo, quelle si
accumulano. Tutti si sfogano in maniera differente, ma un pizzico di violenza
credo ci sia in tutti questi metodi. Vediamola dal punto di vista di un alieno:
anche semplicemente fare ginnastica è violenza contro sé stessi; insomma me ne
sto a lesionare i miei muscoli fino a che non sudo come una capra nel deserto,
cosa dovrebbe pensare il mio amico alieno di me?
Cosa succede, però, quando questa rabbia si accumula? E
quando l’unico modo che c’è per farla uscire è ricorrere alla violenza consapevolmente, a tanta
violenza, da usare senza cautela tutta in una volta.
Allora si aprono i fight club.
Quello che mi ha lasciato basita in questo libro è proprio
che, in un caso estremo, ha ragione. È terrificante da immaginare, ma se
qualcuno incanalasse tutta questa violenza per scopi ovviamente non bellissimi
(perché è dura pensare che la violenza possa portare qualcosa di bello) che
cosa potrebbe succedere? Scommetto che al mondo ci sono migliaia di persone che
si sentono frustrate come il nostro Protagonista (in mancanza di un nome userò
il maiuscolo per riferirmi a lui), e una parte di loro poi finiscono sul
giornale perché sparano all’impazzata su un autobus, si suicidano, cercano di
sparare al Papa o che so io.
In definitiva, “Fight Club” racconta di come il mondo
sarebbe se tutti decidessero di collaborare, una volta ogni tanto, per
scaricare la loro folle violenza contro tutto e tutti, con un motivo diverso
per ognuno. Chi non ne può più al lavoro, chi ha perso tutto, chi ha paura, chi è semplicemente annoiato. Per combattere quel che sentiamo dentro, combattiamo contro qualcun altro, senza limitazioni, e ci sentiremo meglio. Ecco cosa dice. In un angolo della mia testa, non stento a credere che abbia ragione.
E qui arriviamo al secondo argomento che ho trovato
interessante.
Tyler Durden vuole riportare il mondo intero a un’epoca
preistorica. Distruggere le civiltà, vivere senza il superfluo. Questo viene
detto varie volte nel libro, viene ripetuto ancora e ancora. Inutile dire che
credo che sia il pensiero di un folle, e nessuno può contestarmi perché, se lo
facesse, significa che ne ha utilizzate di cose superflue per arrivare a questo
misero articolo sul blog.
Nonostante sia folle, e se succedesse qualcosa del genere
rimpiangerei il mio divano comodo, il mio pc per scrivere, e milioni di altre
cose, devo ammettere che la curiosità ha spesso il sopravvento.
Immaginate di vedere una città in disastro post
apocalittico, non un anima per strada, tutti rinchiusi dentro quel che rimane
delle rovine a ripararsi perché sta venendo buio, e una luce non la possiamo
accendere con un solo pigiare di tasto.
Per quanto sia orribile, la cosa mi affascina in maniera
pericolosa. Ho pensato un sacco di volte a come sarebbe se decidessi di mollare
tutto e andare a vivere in un isola deserta. L’uomo ha più risorse di quanto ci
possiamo immaginare noi ora, sosia sputati di Homer Simposon, per sopravvivere.
Si attacca alla vita con i denti e con le unghie e non la molla fino a che non
è al limite.
L’ultima parte di questa recensione/pensiero: il finale del
libro.
Il nostro amico Protagonista ha perso ormai ogni potere su
Tyler, e per eliminare lui si spara. Non è descritto alla perfezione che cosa
accade, ma in pratica io ho capito (o forse solo immaginato) che lui rimane in
coma. Siamo quindi tutti salvi? No, affatto: quel che ha creato è talmente
perfetto che i fight club vanno avanti senza di lui, e continuano
incessantemente ad avvicinarsi al loro scopo.
Ho detto che questa fine mette angoscia, perché? Se mi metto
nei panni del Protagonista non posso fare a meno di sentirmi impotente. È una
sensazione frustrante, immaginate di capire esattamente che cosa succede,
immaginate di vedere il mondo farvi ciao ciao con la mano prima di buttarsi nel
baratro e di non poter fare nulla.
Senza senso per tre quarti, il libro ti lascia senza fiato
nelle ultime cento pagine. E tu Devi Continuare A Leggere. È come un ordine, leggi!
Se lo iniziate non c’è scampo, seguirete questo dispotico
ordine. Però possiamo anche ammettere che alla fine sia una lettura che porta
al virtuosismo, è raro che un romanzo faccia ragionare così tanto. Non c’è
conclusione logica a questi ragionamenti, ma tanto non c’è neanche nel libro
per cui non dobbiamo sentirci idioti. Ci sentiamo semplicemente confusi, come se
avessimo appena ricevuto un pugno in piena faccia, in mezzo ad una folla
urlante, con il nostro avversario che magari è piccolo e gracile, niente scarpe
e niente camicia, perché queste sono le regole del combattimento in un Fight
Club.
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