Passo da una recensione difficile
all’altra. Ne inizio oggi una nuova e sono sicura che ci metterò qualche giorno
per finire (vediamo, ho iniziato prima di Natale, sono passati i giorni
fatidici e fra poco è il nuovo anno, sì, ci ho messo un po’. A proposito, buone
feste!). Così, su due piedi, vi dico che questo romanzo mi ha appassionata,
l’ho letto con entusiasmo e aspettativa, lo consiglio a tutti e vorrei proprio
che poteste leggerlo subito per dirmi cosa ne pensate!
Ma proprio perché mi è piaciuto tanto
vorrei tradurre in un ragionamento più complesso e darvi delle motivazioni che
siano meno astratte, perché questa è una storia che merita di essere letta. In
quanto tale non posso che sforzarmi per darvi più di un valido motivo per
leggere “Roderick Duddle”, di Michele Mari.
Impossibile parlarvi della trama, perché è più complessa e ingarbugliata di un gomitolo di lana dopo che
ci ha giocato un gatto. A grandi – grandissime – linee posso darvi una piccola
introduzione:
Giunta alla vecchiaia senza eredi e con
un grosso peso sulle spalle, la ricca lady Pemberton decide di rintracciare la
figlia che aveva dato tempo addietro ad un convento per lasciarle la sua eredità.
Dopo alcune ricerche viene a sapere che la ragazza, che lavorava in un
postribolo chiamato l’Oca Rossa, è morta e le ha lasciato un nipotino, tale
Roderick. Per provare la sua identità il bambino ha un medaglione, che fu
lasciato da una più giovane lady Pemberton alla figlia neonata quando venne
abbandonata al convento, e che questa a sua volta in punto di morte ha lasciato
al figlio.
La Badessa del convento in cui era stata
abbandonata la ragazza vede subito in quella l’occasione per ottenere l’eredità
della famiglia Pemberton: farà sì che il convento si occupi della tutela del
bambino e, alla morte di lady Pemberton (che sembra ogni giorno più vicina),
curerà il patrimonio fino a che il bambino non avrà compiuto i diciotto anni.
Scopre però che il bambino è stato cacciato dall’Oca Rossa dal proprietario, il
signor Jones, che lo teneva con sé solamente perché sua madre era viva. Quando
Jones capisce che potrebbe ottenere qualcosa di quell’immensa eredità manda
alcuni uomini in cerca di Roderick.
Allo stesso tempo la Badessa, stanca di
aspettare, falsifica il medaglione, prende un bambino orfano, lo spaccia per il
vero Roderick, lo fa adottare, e invia un killer a uccidere il vero bambino.
Allo stesso tempo i due malviventi
inviati da Jones a recuperare Roderick vogliono guadagnarci qualcosa di più,
quando capiscono che c’è una grossa somma in ballo.
Allo stesso tempo Roderick incontra un
marinaio che lo prende sotto la sua ala.
Allo stesso tempo il convento trama per uccidere
lady Pemberton!
Allo stesso tempo…!
Ora capite perché è meglio che scopriate
da voi la trama di questo romanzo. Di più non posso dirvi perché non ci
capireste niente, e anche perché vi rovinerei la sorpresa.
Mi riesce difficile immaginare come l’autore
sia riuscito a rimanere al passo con la sua stessa storia, tanti sono i
personaggi e i sotterfugi, tante sono le ipotesi che ognuno di loro fa e che
causano un malinteso dopo l’altro. Nel caso dovessi mai incontrarlo sarei
curiosa di domandargli se aveva uno schema dettagliato da qualche parte, un
grafico a torta o dei disegnini magari.
Oltre alla trama la prima cosa si può
notare in questo romanzo è lo stile. L’opera fa pensare, sia per le atmosfere
che per linguaggio, a Dickens. Roderick diventa così una sorta di Oliver Twist
ma, grazie all’ironia dell’autore, acquista tratti moderni e la narrazione si
fa più leggera, meno drammatica sicuramente, più vicina ai romanzi di avventura
e alle satire, che ai drammi con cui il romanziere britannico. Ho apprezzato
molto il linguaggio che usa Michele Mari: frasi lunghe, parole desuete, spesso
si esibisce in voli pindarici non da poco ma l’attenzione del lettore non ne
risente.
L’unico difetto che gli posso trovare è
di aver esagerato un poco con gli intrighi, tanto che le parti in cui i
personaggi cercavano di raccapezzarsi sulla vicenda erano diventate ad un
tratto incomprensibili. Dopo un po’ me le facevo scivolare sotto gli occhi,
impaziente di arrivare alla fine del paragrafo, perché tanto sapevo che non ci
avrei capito nulla.
La quantità di personaggi potrebbe far
pensare che siano trattati con superficialità, ma non è così. I principali sono
inquadrati alla perfezione, tanto che alla scomparsa di alcuni mi sono
dispiaciuta e per la vita – o la morte – di altri mi sono rammaricata.
Avevo iniziato a leggere questo romanzo
pensando che si trattasse di una storia di avventura concepita per i ragazzi,
ma mi sbagliavo di grosso. Il mondo in cui veniamo catapultati è sì realista
ma, proprio per questo, crudo. I personaggi si muovono in base a interessi
economici, forti passioni, desideri oscuri, e per questo sono senza scrupoli.
Ho riletto ora la mia recensione e, ahimè,
devo ammettere che non è questo granché. Realizzo ora che “Roderick Duddle” è
un romanzo che va aldilà delle mie capacità di critico!
Insisto però nel consigliarvelo, anche
se questo post è uno fra i più sconclusionati che io abbia mai scritto, perché
fra le pagine di questo tomo si nasconde una storia avvincente, dei personaggi
incredibili, piccoli atti di coraggio e di amore, grande ironia, uno stile
elegante e un’ironia pungente, la cura per i dettagli.
Una storia, in sintesi, che merita di essere
letta.
Avrei bisogno di un riassunto completo del libro, la prima metà va benissimo. Mi scuso per il "menefreghismo" nei confronti del tuo lavoro ma vorrei evitare di prendere degli insulti domani a scuola. Detto questo, forse fin troppo direttamente, sei libera di fare quello che vuoi. Nel caso non volessi non c'è alcun problema, si vive comunque (in realtà il problema ci sarebbe ma è più gradevole sentirsi dire il contrario).
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