Ci ho messo parecchio a scrivere questa
recensione – anche perché non avevo la minima intenzione di scriverla.
Ho letto “Lolita” con un’idea vaga di
cosa fosse, per curiosità, per la fama che ha conquistato e consolidato negli
anni, prima perché accusato di indecenza, poi perché non è stato possibile
radiarlo dalla storia della letteratura come mero fenomeno editoriale. L’ho
aperto come si apre un romanzo e non sapevo di avere fra le mani una prova di
audacia, una sfida lanciata dall’autore ai lettori.
In una parola, ero impreparata. Questo libro mi ha lasciata senza parole, confusa,
incapace di prendere una posizione o argomentare alcunché. Non tutte le storie
arrivano per essere ricordate con allegria, commozione, amore, stati d’animo
‘sentimentali’, se vogliamo, che nascondono un senso di felicità e gratitudine
per aver scoperto quel libro. Era parecchio tempo però che non mi capitava di
trovare una storia che ricorderò con angoscia.
Ma almeno ho scoperto qualcosa di me:
per alcune cose mi piace essere impreparata. So che non avrei letto il libro
con uguale trasporto se fossi stata ‘avvertita’ della sua complessità. Forse
non ne sarei stata colpita così tanto e, forse, questo post che state leggendo,
proprio ora, in questo istante, non esisterebbe.
Il romanzo è scritto in prima persona
dal protagonista, Humbert, che ci narra la sua vita sin dalla prima infanzia e
la giovinezza. Dopo una disavventura amorosa da ragazzo e un matrimonio
fallito, nonché problemi psicologici che lo portano per qualche tempo in una
clinica psichiatrica, Humbert decide di trasferirsi negli Stati Uniti.
Il protagonista è ben consapevole della
sua deviazione, un’attrazione sessuale per bambine e ragazzine, ma è un uomo
intelligente, prudente, colto. Cerca alcuni espedienti per soddisfare il suo
desiderio ma vi rinuncia quando si rende conto della pericolosità che esso
comporta.
Si imbatte in Dolores – Dolly, Lola, Lolita – Haze quando prende
una camera in affitto in un paese tranquillo negli USA. A quell’epoca Dolores
ha dodici anni e Humbert se ne sente subito attratto. La bambina è capricciosa,
furba, lunatica, litigiosa ed esaspera la madre che, quando si rende conto
delle simpatie che Humbert nutre per sua figlia, diventa gelosa. L’uomo, per
rimanere vicino a Lolita, sposa la madre, ma questa rimane uccisa in un
incidente.
Comincia così una fuga per Humbert e
Lolita, in macchina lungo tutti gli Stati Uniti per un anno. Viaggiano per
giorni, dormono in hotel, visitano mostre e luoghi d’interesse, Humbert farebbe
di tutto per compiacere Lolita, che in un paio di giorni si arrende a lui ma
continua ad essere la personcina cupa e capricciosa che era in passato. Dopo
diversi anni la situazione sfugge di mano. Lolita raggira il protagonista, lo
inganna, si prende gioco di lui usando la sua unica debolezza: lei stessa. Un
giorno fugge con un altro uomo e Humbert si lancia in una disperata ricerca, per
poi cadere in una spirale di follia.
Passano tre anni prima che la ragazza lo
contatti per avere dei soldi. Humbert scopre che Lolita è sposata con un
giovane reduce di guerra, è incinta e in procinto di trasferirsi fuori dagli
Stati Uniti. La ragazza lo accoglie presentandolo come il suo patrigno e gli
racconta del suo amante, un commediografo dedito a droga e alcol che ha
suppergiù l’età del protagonista, e di come la fuga sia stata premeditata. Si
scusa con Humbert per averlo ingannato (dicendo però che «così è la vita»), non
si commuove quando lui dice di amarla, si dimostra fredda e con parole spicce
lo manda via. Non lo odia per quel che le ha fatto, ammette di non avergli mai
nemmeno voluto bene e di averlo usato, così come sembra usare tutti, nella sua
vita.
Humbert scappa dalla catapecchia nella
quale vive Lolita e va in cerca del suo amante. Lo uccide, constatando che
quell’uomo si ricorda appena vagamente della ragazzina, che per lui era invece
l’intero universo, e viene arrestato. Scrive le sue memorie in carcere e
chiede, nell’ultima pagina, che queste vengano pubblicate solo quando sia lui
che Dolores saranno morti, che solo in quelle loro potranno esistere assieme. E,
se mai qualcuno avesse avuto qualche dubbio, qui lo ripete: lui sarà sempre
innamorato della sua Lolita.
Prima di iniziare chiarirò una cosa.
Questo romanzo mi ha interessata molto ma non mi ha presa più di tanto. L’ho
terminato con un quarto di curiosità e uno di aspettativa, il resto era determinazione,
pura voglia di finire la lettura non in quanto “Lolita” ma in quando libro.
Nonostante questo non posso dire che non mi abbia fatta riflettere e, per
alcuni versi, mi abbia turbata.
Il mio primo pensiero, ricordando questa
lettura, va allo stile. Forbito, elegante, raffinato. Un po’ verboso a volte,
ma credo che questo abbia un duplice scopo. L’autore ha scelto un linguaggio
alto per narrare una vicenda turpe, in questo modo le ha conferito sia un’aura
di nobiltà che la possibilità di essere presa in considerazione dagli editori –
che rifiutarono “Lolita” per anni per lo scandalo che avrebbe creato.
In nessun momento la storia diventa
moralmente accettabile, ma lo stile la innalza. La fa passare da mero orrore a
opera. Un linguaggio così ricercato, così aulico, come potrebbe mai essere
rimpicciolito a volgare denuncia? Non ci passa per la testa neanche per un
istante che Nabokov abbia voluto scrivere questo romanzo per condannare la
pedofilia, o la società, o ciò che usano di solito condannare gli autori. No,
lui ha preso qualcosa di orribile e lo ha ripulito dalla sporcizia, ha reso
questo orrore ancora più spaventoso ma gli ha donato anche una bellezza che non
possiamo ignorare.
Leggendo “Lolita” sfido chiunque a
ritenere la protagonista femminile una vittima. La pensavo così all’inizio ma
nel corso della narrazione si rivela una ragazzina malvagia, opportunista,
sadica. Mentre Humbert appare alla fine come uno stupido che è stato preso in
giro, un uomo impazzito per un amore non ricambiato, che soffre terribilmente.
Sembra impossibile vederla in questa
ottica, mai avrei pensato di poterlo fare, ma è così. Ecco perché prima vi
parlavo di una sfida dell’autore posta ai lettori. La vicenda dovrebbe ispirare
pena per Lolita e disgusto per Humbert, Nabokov ha ribaltato la situazione.
Lolita diventa carnefice dell’amore di una persona fino a rovinare la sua
esistenza, Humbert diventa sciocca vittima, obnubilata dall’amore e
l’ossessione, che nonostante ci faccia sempre un certo ribrezzo, suscita un
gran dispiacere.
L’autore è riuscito in questa impresa
che a mio parare ha dell’incredibile. Ha preso l’innocenza e l’ha resa
crudeltà, ha preso l’orrore e ce lo ha fatto compatire. Forse è per questo che
spiazza così tanto. Mette in discussione delle idee radicate, ci fa commuovere
per qualcosa che il nostro cervello ci dice che dovremmo ripudiare. Il lettore
di “Lolita” scoprirà di simpatizzare per il pedofilo, non per la bambina, e
scriverlo a chiare lettere un po’ mi sembra assurdo. Ancora non ho fatto
abbastanza per farvi intendere l’esistenza e l’assoluto successo di questo
trucco letterario, che io per prima non mi spiego, perciò non mi resta che
dirvi, leggetelo.
Intanto complimenti per la recensione che mi ha preso tantissimo. Lolita è senza dubbio un libro forte, complesso e probabilmente difficile da metabolizzare. E' una lettura che ho sempre voluto affrontare ma non ne ho ancora trovato il coraggio. Sicuramente prima o poi arriverà, ma non è una lettura che posso affrontare a cuor leggero e devo sentirmi pronta.
RispondiEliminaGrazie mille per i complimenti! Non mi aspettavo che una recensione così difficile da scrivere potesse essere apprezzata in quanto tale :)
EliminaMi sembra giusto, ogni libro ha il proprio momento per essere letto, e penso sempre che, dato che leggere non è un lavoro, non c'è motivo di forzarci solo per poter dire "Io l'ho letto".
Non posso che farti i complimenti per questa recensione: non è facile parlare di Lolita, non è facile dare un'idea a chi non lo ha letto in cosa si ritrova impantanato da un certo punto in poi del libro. Tu hai reso benissimo l'idea di che macchinario complesso e controverso Nabokov abbia saputo creare nel suo libro. Mi trovi d'accordo su tutti i punti, compreso quello del coinvolgimento: la prima parte mi aveva tenuta incollata, stretta in una morsa di ansia, tensione, inquietudine; da quando inizia il viaggio dei protagonisti in poi, invece, c'è stato un calo, tant'è che non ricordo nemmeno molto. Dovrei rileggerlo prima o poi, ma chissà se lo farò mai. Intanto ho ripassato la trama e le atmosfere grazie al tuo bellissimo post :)
RispondiEliminaGrazie mille, sono contenta di essere riuscita a dare l'impressione di ciò che leggere Lolita significa.
EliminaNon è una lettura semplice, e credo che molti che non lo hanno letto la pensino come me all'inizio: una storia semplice in cui abbiamo appigli sicuri, ma non è così.