Rispolverando
vecchi classici ho trovato un film che avevo visto tempo fa, e che per questo
motivo non avevano mai capito a fondo: avevo sì e no tredici anni, capitemi. Il film in
questione è “Le ali della libertà” (o, il titolo originale: “The Shawshank
redemption”), regia di Frank Darabont, del 1994. A dirla così sembra vecchissimo, ma io già c'ero nel '94 quindi è inutile tirarsela troppo.
Allora, io
ricordavo di aver già visto questo film, e sapevo che era molto triste ma aveva
un finale parecchio soddisfacente, perciò quando mi hanno proposto di rivederlo
mi andava bene. Il problema era che
non sapevo veramente che cosa aspettarmi perché non ricordavo assolutamente
niente del film, e quel poco che ricordavo era la fine, in particolare la
gloriosa scena della fuga, molto, molto bella e che mi riempie di emozioni.
Quando avevo visto il film un po’ di anni fa (ed era già considerato abbastanza
vecchio in quest’epoca che considera fuori moda un vestito dell’anno prima) non
lo avevo capito del tutto. Certi meccanismi, certe scene, certe frasi, e così
riguardarlo a distanza di anni, in un’età più consapevole di molte cose, è stato come vederlo per
la prima volta.
Oggi non
vi risparmierò nemmeno un pezzttino di trama, sia perché questo film l’hanno visto in molti e
magari anche qualche lettore l’ha già visto (nel caso contrario guardalo se vuoi sentirti spiritualmente elevato, a me fa questo strano effetto), ma anche perché voglio parlarne.
Siamo negli anni
’40 del 1900 e Andy Dufresne (Tim Robbins), un giovane banchiere, viene
accusato di aver assassinato la moglie e il suo amante, con il quale era
fuggita. Forse la cosa potrebbe darci meno fastidio se per caso lui fosse
davvero colpevole, anche se personalmente credo che una situazione come quella a cui andrà incontro
sia orribile a prescindere della colpevolezza di un uomo (che poi uno se lo
meriti o meno è un discorso diverso sul quale non mi dilungherò e sul quale non
basterebbe scrivere un libro), ma il problema è che noi sappiamo bene che Andy
non è affatto colpevole. Sebbene ci siano momenti di tensione nella scena nella
quale lui impugna la pistola fuori dalla casa nella quale si trovano moglie e
relativo amante, ma poi ci ripensa e noi ci chiediamo come diavolo lo abbiano
incastrato.
Il pensiero che quell’uomo innocente, e all’apparenza così fragile
– ha un viso che sembra quello di un bambino sgridato dalla mamma, al suo arrivo
in carcere – fa venire il magone. Nonostante questo sembra quasi che la
prigionia non lo tocchi, ha quella strana aurea di fredda intoccabilità che per
un attimo ci fa dubitare che soffra, ma con l’andare avanti dei minuti Andy non
può fare a meno di starci simpatico, perché con il suo modo di fare gentile, i
suoi sorrisi sinceri e le parole di speranza che ha sempre sulle labbra, be’,
non si può non adorarlo. Lui è un uomo di fede, non nel senso religioso, ma nel senso che lui crede che qualcosa cambierà, lui crede nella vita e nella speranza di poter ancora assaporare la libertà. Nonostante tutto quello che ha vissuto, quel che potrebbe accadere da un momento all'altro, nonostante la vita - e la morte - siano sempre dietro l'angolo per lui, Andy è ancora capace di sperare.
Tim Robbins, nel ruolo di Andy Dufresne
Un personaggio
che adoro è Red (Morgan Freeman). Lui semplicemente è “i grandi magazzini” di
Shawshank. Divertente, realista, amichevole, si definisce l’unico colpevole di
quella prigione, e infatti in trent’anni che è lì dentro ha provato più volte a
convincere una giuria di periti, avvocati e psicologi che lui è pentito, sempre
con la stessa frase: “In tutta onestà, adesso, mi sento un altro uomo”. E
probabilmente è vero, in un certo senso, ma è una frase fatta di quelle che le
persone che non sanno cosa dire spiattellano fuori senza pensare, e così fa lui
ogni dieci anni. Il colmo è che proprio quando dirà esattamente ciò che pensa
lo lasceranno andare, ed è una cosa che mi fa impazzire!
Bene, torniamo
ad Andy, che era appena entrato nella prigione di Shawshank e subito era stato
preso di mira da ‘Le sorelle’, un gruppo di violentatori che prendevano con la
forza qualunque persona che rispondesse a chissà quali strani requisiti che
avevano nella loro mente psicopatica. Per due anni va avanti così, Andy, con
qualche occasionale cazzotto sul quale non dice una parola al riguardo, e che
le guardie lasciano tranquillamente correre. Fino a che non succede qualcosa...
Da esperto banchiere che conosce tutti procedimenti burocratici alla
perfezione, Andy aiuta una delle guardie a tenersi alcuni soldi che gli
sarebbero stati sottratti dallo stato tramite una legalissima scappatoia. Da allora diviene il carcerato che fa la
dichiarazione dei redditi a tutti i secondini della prigione, e anche al
direttore (Bob Gunton), un uomo avido che lo userà da ora in avanti per
truffare la società e guadagnare milioni di dollari. Gli conviene talmente
tanto avere Andy Dufresne a fargli i documenti che, quando si presenta
l’opportunità per questi di uscire di prigione, il direttore fa uccidere
l’unico testimone che avrebbe potuto salvarlo. Andy capisce che non uscirà mai di lì, se non
dentro ad una bara o quando ormai sarà un vecchio abituato alle rassicuranti mura della prigione.
Il giorno in cui
esce da due mesi in totale isolamento tutto lascia supporre che Andy voglia
suicidarsi. Il giorno dopo, quando viene fatto l’appello, Andy è letteralmente
scomparso.
Sono passati diciannove anni da quando è arrivato alla prigione, e
ci viene rivelato che da allora lui non fa altro che scavare, di notte, un
tunnel che lo porta alle tubature delle fogne della prigione. In una notte
tempestosa, con una busta di plastica legata alla caviglia, attraversa il
tunnel, spacca una delle tubature con una roccia e striscia per 500 metri. Quando esce
dalla merda è un uomo libero.
Nessuno lo
troverà mai più, ma lui è ricco, grazie ai documenti che ha rubato al direttore
e dei quali si è servito per ritirare una grossa somma di denaro. Ha coronato
il suo sogno di noleggiare barche in Messico.
L’unico da cui vuole farsi
trovare è il suo amico, Red, che dopo anni otterrà di uscire di prigione, e
smetterà di avere paura del mondo di fuori, al quale non è più abituato dopo
quarant’anni passati dietro le alte mura che lo proteggevano e lo
rinchiudevano. E rimarranno loro due, assieme: due uomini liberi.
Morgan Freeman, nel ruolo di Red
Una cosa che sicuramente si nota molto nel film è il dettaglio riguardo agli anni che passano: il trucco è perfetto, gli anni scorrono con naturalezza minuto dopo minuto, e prima che riusciamo a rendercene veramente conto un paio di capelli bianchi sono spuntati non solo al protagonista, ma anche ai secondini.
Altra caratteristica senza la quale questo film non sarebbe stato quel che è, ovviamente la recitazione degli attori. Sapevo già che Morgan Freeman era un maledetto genio, io lo adoro, i suoi ruoli sono sempre divertenti e lui ha uno sguardo diverso per ogni volto che deve far nascere davanti a schermi differenti. Ma non avevo mai visto Tim Robbins prima d'ora e, inutile dire che... ho adorato anche lui. Forse più che lui il suo personaggio, Andy. Per tutto ciò che ho detto prima, e per tutto quel che riusciva a farmi sentire quando faceva quell'espressione da bimbo speranzoso, un po' birichino.
Questo è
un film davvero meraviglioso. Credo che
tutta la nuda crudeltà alla quale ci sottopone sia, alla fine, necessaria per renderci
finalmente più speranzosi poi, con un finale crudo anch’esso, pieno di
tensione e risvolti amari, ma bellissimo e indimenticabile.
Per concludere vi allego un video, la mia parte preferita del film (purtroppo l'ho trovata solo in inglese): la fuga di Andy.
Inoltre vi lascio una delle citazioni più belle (ed è stata dura sceglierla, perché ci sono frasi di pura poesia qui dentro, così come cose che fanno sganasciare dalle risate!, anche se è incredibile, lo so):
Sono così eccitato che non riesco a stare seduto, ne a concentrarmi su qualcosa. Credo sia l'emozione che solo un uomo libero può provare. Un uomo libero all'inizio di un lungo viaggio la cui conclusione è incerta.
Spero di farcela ad attraversare il confine. Spero di incontrare il mio amico e stringergli la mano. Spero che il Pacifico sia azzurro come nei miei sogni. Spero. (Red)
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