Non
so in base a cosa scelgo un libro. A volte in base alle recensioni (ed è molto
rischioso, perché ti fai delle aspettative sul libro che forse non verranno
soddisfatte), altre volte perché la quarta di copertina è interessante, altre
volte ancora me lo consigliano e altre, lo ammetto, mi lascio ammaliare dalla
copertina. “Dieci Piccoli Indiani”, invece, l’ho letto perché era famoso, che è
un rischio anche quello perché uno può giustamente pensare che se il libro famoso
allora è un buon libro. Spesso fidarsi così ciecamente del buon senso
dell’umanità è sbagliato (Un esempio? “Twilight” Un altro esempio? “Firmino”)
ma i rischi si devono correre ogni tanto, no?
Volevo
leggere da tanto un libro di Agatha Christie, un po’ perché è la scrittrice di
romanzi gialli per eccellenza, un po’ perché ero curiosa di leggere un romanzo
giallo. Non ho mai letto un romanzo giallo, anche se il genere mi ha sempre
incuriosito, per cui alla veneranda età di vent’anni posso dire: «Ho letto il
mio primo romanzo giallo.» Fra tanti ho scelto proprio “Dieci Piccoli Indiani”
perché la trama era molto accattivante, per cui eccola qui senza nessuno
spoiler (anche perché altrimenti ci metterei una vita a scrivere solo la trama).
La
trama
Otto
persone vengono invitate a Nigger Island per motivi diversi e, all’apparenza,
da diverse persone. Una volta giunti lì ci sono due domestici, due coniugi, ad
attenderli, che li avvisano che i signori Owen, proprietari della casa a Nigger
Island, non saranno lì prima del giorno dopo.
Durante
la cena un disco che il maggiordomo Rogers mette sul grammofono annuncia le
malefatte di ognuno degli ospiti, che sono tutti accusati di aver ucciso o
comunque indotto alla morte, una o più vittime innocenti. Dopo l’iniziale
trambusto gli ospiti giungono alla conclusione che tutto si tratta di uno
scherzo di cattivo gusto, ma si scopre anche che nessuno conosce i signori
Owen. Quella sera muoiono due degli ospiti: uno avvelenato con del whiskey e
l’altra a causa di una dose troppo forte di medicinale.
Il
giorno dopo tutti gli ospiti sono certi che non si tratta di disgrazie ma di
omicidi, e giungono alla conclusione che il signor Owen sia uno di loro. Ogni
volta che muore una persona una delle dieci statue di porcellana raffiguranti
negretti scompare, e la morte di ognuno di loro somiglia volutamente alla
scomparsa dei negretti nella filastrocca per bambini che ricorre ovunque in
casa.
Uno
dopo l’altro gli ospiti vengono assassinati e si crea una situazione per cui
nessuno può essere escluso dai sospetti.
Come
vuole la filastrocca l’ultimo sopravvissuto si suicida, preso dallo shock e dai
sensi di colpa di quell’omicidio che adombra la sua vita, perché tutti gli
ospiti lì presenti avevano una grave colpa che era rimasta impunita ma che
opprimeva l’animo della maggior parte di loro.
Una
lettera firmata da uno dei personaggi rivela infine il mistero: come ha
attirato gli ospiti sull’isola dove non c’era via di fuga, come ha ucciso tutti
uno per uno e ha indotto al suicidio l’ultimo, e poi come si è tolto la vita
imitando le circostanze in cui, secondo la filastrocca, doveva morire.
Lo
stile
Considerando
che il romanzo si svolge ed è stato scritto nel 1939 è sorprendentemente
incalzante. Mi aspettavo qualcosa di molto più lento, mi aspettavo che ci
mettesse un po’ a ingranare, invece già da subito è molto interessante!
Si
percepisce una sorta di malessere man mano che la storia va avanti. La
filastrocca a cui gli omicidi si rifanno ha una fine ben precisa: «e nessuno ne
restar», per cui si va avanti a leggere con questo senso di inevitabilità,
molto incalzante.
I
piccoli dettagli sono quelli che rendono il mistero veramente inquietante: la
sparizione delle statue dei negretti, il fatto che la filastrocca decida le
morti.
Ci
sono due domande che ricorrono: chi è
l’assassino? E: chi sarà il prossimo?
L’atmosfera
che si viene poi a creare è stata magistralmente architettata. Il lettore segue
ogni personaggio anche nei suoi pensieri privati, è vero, ma questo non esclude
che qualcuno di loro sia l’assassino perché strane insinuazioni vengono fatte
per ognuno di loro, per cui c’è sempre la possibilità che tutti siano
assassini. Allo stesso modo alcuni omicidi fanno sospettare più di alcuni che
di altri, ma ad un tratto il lettore comincia a credere che tutto sia
possibile: che ci siano due assassini? Che si siano sbagliati e ci sia qualcun
altro sull’isola? Che qualcuno abbia finto di essere morto? Le risposte vengono
date solo alla fine.
I
personaggi
Trattare
dieci personaggi in modo abbastanza approfondito non è possibile, soprattutto
se consideriamo che questo romanzo non è molto lungo e che protagonista
indiscusso non è il personaggio ma il delitto, la situazione. La Christie ovvia
a questo problema eliminando abbastanza in fretta tre personaggi, così da
poterli trattare con superficialità, mentre tutti gli altri (con l’eccezione
forse della signorina Vera, e si capirà alla fine l’utilità di questa cosa)
sono alquanto stereotipati.
Mi
è piaciuta molto l’atmosfera che si è andata creando fra questi personaggi, che
ha contribuito al senso di velocità della storia. Prima di tutto occorre sapere
che sono persone di diversi status sociali, con diversi problemi e caratteri,
ma proprio per quello si comportano l’uno con l’altro in maniera cauta. Sono
estranei, fra di loro, quindi sono cortesi ma con freddezza. Dopo i primi
omicidi è quasi bello vedere come prosegue questa farsa: tutti si sforzano di
sembrare più calmi possibile, come se tutto fosse normale, ma si percepisce il
senso di disagio. Più avanti ci sono i primi attacchi di isterismo, di rabbia,
e tutte le convenzioni vengono finalmente gettate al vento. Alla fine, quando
rimangono solo in tre, il sospetto si è fatto spietato e terrificante. Sembra
di trovarsi in una gabbia, ed è proprio questo quel che la scrittrice voleva: è
lo stile di cui si avvale l’enigma della camera chiusa.
Il
fatto che pian piano tutte le persone, per istinto di sopravvivenza o per
terrore, abbandonino la ragione e le convenzioni e diventino in qualche modo
meno umane e più animali è qualcosa che mi ha affascinata molto, e da questo
punto di vista mi sento di promuovere il libro a pieni voti.
Agatha Cristie |
Curiosità
Il
titolo originale è “Ten Little Niggers (And Then There Were None)”, ossia
“Dieci piccoli negri (E poi non rimase nessuno). Provarono a pubblicare con il
titolo “E poi non rimase nessuno” ma venne poi cambiato con il più
politicamente corretto “Dieci piccoli indiani”.
Ormai
il libro è famoso in tutto il mondo con questo titolo, ma io credo che potrebbe
essere ripubblicato con il titolo originale, perché credo che sia più giusto
così. Non è un tentativo per offendere nessuno, dopotutto, ed essere così
maledettamente attenti a offendere qualcuno con la parola “negro”, al giorno
d’oggi, non fa che sottolineare ancora di più la faccenda che potrebbe
offendersi. (Ma offendersi per cosa, poi? Per essere negro come una delle
statuine di porcellana? Non è la “g” che fa il razzismo.)
Ovviamente,
questa è solo un’opinione personale.
In
conclusione
Come
prima lettura gialla devo dire che non mi ha delusa neanche un po’. In futuro
credo che proverò altri romanzi gialli, magari non della Christie, giusto per
vedere se è il suo stile che mi piace o proprio il genere.
Sono
accetti consigli!
se ne andarono a mangiar:
uno fece indigestione,
solo nove ne restar.
Nove poveri negretti
fino a notte alta vegliar:
uno cadde addormentato,
otto soli ne restar.
Otto poveri negretti
se ne vanno a passeggiar:
uno, ahimè, è rimasto indietro,
solo sette ne restar.
Sette poveri negretti
legna andarono a spaccar:un di lor s'infranse a mezzo,
e sei soli ne restar.
I sei poveri negretti
giocan con un alvear:da una vespa uno fu punto,
solo cinque ne restar.
Cinque poveri negretti
un giudizio han da sbrigar:
un lo ferma il tribunale
quattro soli ne restar.
Quattro poveri negretti
salpan verso l'alto mar:
uno se lo prende un granchio,
e tre soli ne restar.
I tre poveri negretti
allo zoo vollero andar:
uno l'orso ne abbrancò,
e due soli ne restar.
I due poveri negretti
stanno al sole per un po':
un si fuse come cera
e uno solo ne restò.
Solo, il povero negretto
in un bosco se ne andò:
ad un pino s'impiccò,
e nessuno ne restò.
Ciao ^^
RispondiEliminaTi consiglio, sempre della Christie, "Assassinio sull'Orient Express" e "L'assassinio di Roger Ackroyd".
Sennò, prova a leggere "La culla vuota" di Mary Higgins Clark o "Il mastino dei Baskerville" di Arthur Conan Doyle (il creatore di Sherlock Holmes).
Certo, Agatha rimane comunque un altro mondo! ;)
Credo che proverò "Il mastino dei Baskerville", mi sembra interessante.
RispondiEliminaGrazie mille! :)