Dopo
aver visto il film ed aver ossessivamente cantato “Addio e grazie per il pesce”
per circa una settimana, ho finalmente deciso di leggere il primo libro facente
parte della collana della “Guida”, di Duglas Adams (1952 – 2001).
Tanto
per cominciare ne approfitto per rivedere il video, ed ecco a voi il canto dei
delfini:
Molto
difficile spiegare la trama di questo libro. Non lo farò perché mi sembra
troppo complicato, ma soprattutto perché penso che una trama lo farebbe
sembrare oltremodo sciocco e non gli renderebbe giustizia. In realtà è assurdo, qualcuno potrebbe addirittura
definirlo stupido, però è divertentissimo, e lo consiglio a tutti quelli che
non pensano che la letteratura debba per forza essere una spaccatura di maroni.
Ahivoi,
ora mi permetto di fare una digressione.
Non
so come mi sono avvicinata alla lettura, ma da quel che mi ricordo leggo fin da
quando ero bambina, e posso dire con assoluta sicurezza che avvicinarmi ai
libri è una delle cose migliori che ho fatto fin ora nella mia vita – certo,
inconsapevolmente, ma dovrò pur darmi qualche vanto, no?
Entrando
a contatto con lettori di ogni sorta (grazie alla passione dei libri ho avuto
la fortuna di conoscere persone meravigliose) ho capito che non tutti hanno la
mia stessa concezione della lettura. Prima non pensavo nemmeno che ci fosse,
una concezione della lettura. Io leggevo e basta, e davo per scontato che le
persone la pensassero come me. In realtà non è un pensiero profondo, è solo:
leggere mi piace, perciò lo faccio.
Ovviamente
con il tempo ho sviluppato dei gusti in fatto di letteratura, e ho iniziato a
preferire alcune letture ad altre, ma di una cosa sono sempre stata convinta e
tranquilli, fra poco arriveremo al nocciolo del discorso. Se per caso inizio a
leggere un libro che non mi piace prima di tutto significa che ho letto almeno
una buona porzione di libro, ma che misteriosamente ci ho messo secoli – quando
invece è risaputo che un libro che ti prende lo leggi in tutti i momenti liberi
della giornata e di conseguenza lo finisci in un petosecondo. Tuttavia sono
ottimista per natura e ad ogni pagina mi dico «dài che ci siamo, dài che adesso
succede qualcosa di veramente, veramente fico!» Solo quando a metà libro ancora
non accade nulla mi rassegno all’evidenza, lo lancio in qualche angolo oscuro
della camera, e penso amaramente che, ancora una volta, mi sono lasciata
ingannare dalla copertina (sì, io sono una di quelle che viene attratta dalle
copertine).
Il
punto è che non leggerei mai qualcosa che non mi piace per forza, e non
leggerei mai qualcosa solo perché è famoso anche se la trama non mi interessa.
C’è gente, invece, che lo fa. C’è gente convinta che la narrativa debba per
forza mandare un messaggio, avere uno scopo, ed essere in generale qualcosa su
cui spaccarsi la testa per comprenderla, con significati nascosti, metafore, e
chi più ne ha più ne metta.
Io
credo che prima di tutto la letteratura debba essere un piacere. Parto dal
presupposto che lo scrittore, quando scrive, lo fa per piacere personale in primis, perciò anche leggere la sua
opera dovrebbe essere un piacere. Secondo me Dante si offenderebbe a morte se
sapesse che generazioni di studenti sono costretti a studiare la Divina
Commedia, e che quindi per riflesso più della metà di loro pensa che sia utile
solo come fermaporte.
Purtroppo
ho conosciuto gente che considera certi libri sciocchi e superficiali perché
questi non sono pieni di ragionamenti filosofici, dialoghi strappalacrime, o parole
astruse.
Leggere dovrebbe essere qualcosa di piacevole. Ci lamentiamo perché le
persone non leggono più come una volta? Sinceramente non me la sento di
biasimare un ragazzo che non si avvicina alla lettura perché è abituato a
pensare che tutta la letteratura sia come quella che gli insegnano a scuola. Ha
ragione, cacchio! Se tutti i libri devono essere come “Il ciclo dei vinti” o
“Una stanza tutta mia” nemmeno io leggerei poi così tanto.
Non
è affatto un reato se un libro è leggero, scorrevole, facile da leggere. Non
significa che sia pessimo se parla di cose di tutti i giorni, o di cose
impossibili. Un libro può parlare di quello che vuole, ed è a seconda dei gusti
che ci rimarrà nel cuore o che ce lo dimenticheremo, non a seconda di quanto ci ha fatto scervellare durante e dopo la lettura.
Io, quando mi dicono che Jane Eyre è un bellissimo classico |
Okay,
questa era iniziata come una recensione, poi è finita in un… in un qualcosa che
non saprei definire, un’idea forse. Per un secondo ho pensato di staccare i due
argomenti e fare due post separati, ma poi ho pensato che non era un brutto
post così com'è venuto.
Riguardo a “Guida galattica per gli
autostoppisti”, se non siete quel genere di lettori che qui mi sono tanto
impegnata per denigrare, allora ve lo consiglio come libro, se non altro per
avere la risposta a La Vita, L’Universo E Tutto Quanto.
Nessun commento:
Posta un commento
Ogni commento sarà bene accetto!
Grazie dell'attenzione e del tempo dedicatovi.