Era
da molto tempo che volevo leggere Jane Eyre, perché è uno di quei classici
talmente famosi e apprezzati che sono curiosa di leggere per farmi un’opinione
personale. Inoltre ricordo di aver visto il film diversi anni fa, e mi piacque
moltissimo.
Ho
iniziato a leggere il libro con una certa fiducia, e anche se non è certo una
lettura che definirei “leggera”, e il tempo per leggere sta diminuendo a vista
d’occhio, le pagine sono scivolate via come niente, con diversi stati d’animo
da parte mia.
La
trama
Jane
Eyre vive con la zia e i cugini; disprezzata dalla famiglia viene mandata in un
collegio per signorine, Lowell. Nonostante le rigide regole dell’istituto Jane
diventa una delle più capaci allieve e all’età di diciotto anni trova lavoro
come governante per la pupilla di un ricco nobile, il signor Edward Rochester.
Dopo
appena alcuni mesi di convivenza il signor Rochester s’infatua di Jane, e viceversa.
I due trascorrono assieme molto tempo e hanno modo di conoscersi e apprezzarsi.
Nella
casa del signor Rochester, Thornfield Hall, spesso accadono cose strane che
Jane non riesce a spiegarsi: un incendio nel cuore della notte quasi uccide il
signor Rochester in persona e, alla visita di un suo caro amico, quest'ultimo viene
pugnalato e tutto quanto viene mantenuto segreto. In un primo momento Jane
attribuisce la colpa ad una certa Grace Poole, una misteriosa serva che abita
la casa. Sembra esserci un segreto a Thornfield, ma dopo qualche mese Jane è
occupata da altro:
Il
signor Rochester chiede a Jane di sposarlo e, dopo un mese di preparativi, nel
bel mezzo della cerimonia, un avvocato arriva a interrompere le nozze e
annunciare che queste non possono essere celebrate, perché Edward Rochester ha
già un’altra moglie.
Quindici
anni prima il signor Rochester aveva sposato una nobildonna che abitava nelle
colonie inglesi in Jamaica, Bertha Mason. Solo dopo il matrimonio si era reso
conto che la donna era una pazza e con il tempo il suo stato mentale poteva
solo peggiorare. Non l’aveva fatta rinchiudere in un manicomio per pietà. Era
così tornato in Inghilterra tenendo nascosta a tutti la sua sposa, affidandola
alle cure di un’infermiera, la signora Poole, e tenendola chiusa in una stanza.
Dopo
aver scoperto il segreto Jane lascia Thornfield e trova rifugio nella casa di
un pastore, St. John, e delle sue due sorelle. Pochi mesi dopo scopre che i
suoi benefattori sono anche i suoi cugini per parte di madre, e che un loro
comune zio che aveva fatto fortuna in Sud America le ha lasciato tutta la sua
eredità. Jane divide il denaro con la nuova riscoperta famiglia.
A
distanza di un anno dalla sua fuga da Thornfield, tormentata dalla curiosità,
Jane torna a cercare il signor Rochester. Scopre che pochi mesi dopo la sua
fuga il maniero è andato distrutto in un incendio provocato nel mezzo della
notte da Bertha Mason, che si è poi suicidata. Nell’incidente il signor
Rochester è rimasto cieco e privo della mano destra. Jane torna da lui e i due
finalmente si sposano; vivranno una vita felice e serena.
Charlotte Bronte |
Ora,
cari lettori, so benissimo che per leggere certi romanzi è necessario calarsi
nello spazio tempo storico dell’epoca, e vi giuro che l’ho fatto. Le seguenti lagne, infatti, non sono contro il
pensiero e le usanze dell’epoca, che certo vengono a galla nel romanzo, ma sono
tutte incentrate su fatti stilistici.
Purtroppo,
come potete aver intuito, “Jane Eyre” non mi è piaciuto affatto.
Ammetto
che ci sono delle cose positive nel romanzo, infatti una buona parte del libro
l’ho decisamente divorata. D’altronde, come resistere all’ambientazione e alla
situazione creata dalla Brontë nel libro? Immaginate di ritrovarvi in questa
grande casa sperduta nel nulla, al buio in una stanza solitaria, di notte,
mentre non riuscite a dormire. La luce della luna entra a sottili strisce dalle
persiane e tutto tace. Ad un tratto, una risata folle e un urlo terrificante vi fanno
sobbalzare nel letto!
Forse
non ho reso l’idea bene come lo fanno duecento pagine di libro, ma la
situazione in cui si trova Jane (e, di conseguenza, dove ci troviamo noi lettori, se la
narrazione ci prende) è quella. Incalzante, inquietante, e che
decisamente incuriosisce. Insomma, un'ottima lettura.
Una
delle cose a salvarsi, nel romanzo, è la trama, su cui non ho riserve. Anzi, al
contrario, credo di essere arrivata alla fine del libro solamente sospinta
dalla forza della curiosità per gli avvenimenti, ma non certo dallo stile (per
cui, sinceramente, non ho nemmeno intenzione di sprecare un paragrafo: lento e
tranquillo, emozionante dove lo richiede, non ha nulla di diverso dagli altri
libri dell’epoca) o dai personaggi.
L’altra
cosa che mi è piaciuta molto è come la Brontë affronta certi stati d’animo
dell’uomo. Ho trovato estremamente veritiero come descrive l’amore dei due
personaggi principali, romantico senza essere troppo
idealista.
I
personaggi
A
mio parere la pecca più grossa di questo romanzo sono i personaggi.
Il
mio naturale disprezzo per i protagonisti è risaputo (io sono colei che adora i
personaggi secondari e quelli
brutti-e-cattivi-che-vogliono-conquistare-il-mondo), ma credo di non aver mai
detestato nessuno come Jane Eyre.
In
parole povere: è una Mary Sue.
Ho mio malgrado scoperto che una delle più famose ed apprezzate eroine letterarie può benissimo essere uscita dalla fanfiction di una tredicenne in cerca di supporto psicologico virtuale. In quel glorioso momento di illuminazione ho guardato il libro come la peggiore delle piaghe della società moderna: l'origine delle Mary Sue.
Gli
estimatori del romanzo a questo punto potrebbero anche mandarmi a quel ridente paese,
ma non vedo come potrebbero negare quel che sto per dire.
Jane
è una donna forte, determinata, che si prefissa un obbiettivo e fa di tutto per
raggiungerlo. È anche onesta, giusta, ha un forte senso del dovere ed è
intelligente e per nulla frivola. Infine è generosa, segue le regole dettate
dagli uomini e si sforza di seguire quelle di Dio e del suo cuore.
“Che
c’è di male in tutto questo?”, chiedete voi, “Mi sembrano tutte cose
bellissime.” Peccato che a me piacciano i personaggi un poco veritieri, e io
non ho mai conosciuto né ho mai saputo di una persona perfetta in tutto e per
tutto! Scommetto che nella loro grandiosità anche personaggi di un certo
spessore avevano dei difetti: magari Ghandi si metteva le dita nel naso, e Malcom
X parlava con la bocca piena. Ma Jane, nooo, lei no! Jane Eyre è una Mary Sue,
ormai ne sono certa, e per convincermi del contrario qualcuno dovrà utilizzare
delle argomentazioni più che valide, ferree.
Gli
altri personaggi sono di una piattezza incredibile, vittime, purtroppo per
loro, dei cliché. In
loro difesa posso solo dire che, per lo meno, gli altri personaggi hanno pregi e difetti, al
contrario Jane, i cui difetti vengono da lei stessa riconosciuti, il che per
assurdo la rende ancora una volta perfetta, perché si rende conto dei propri
sbagli e subito rimedia.
Molto
probabilmente la Brontë, in un eccesso di zelo, ha anche dato all’infante Jane
un carattere che non le si addice. Si può dire che il suo carattere non cambia
mai nella narrazione: a dieci anni è uguale a quando ne ha diciannove, ed è
uguale a quando ne ha trenta. Ancora una volta, incontro bambini che si
comportano, ragionano e parlano come adulti! Tuttavia molto probabilmente è stato fatto con coscienza,
perché l’unica bimba che si comporta effettivamente da bambina viene
disprezzata, chiamata sciocca, vanesia e volgare. La cosa peggiore è che questa
bambina è Adèle, l’allieva di Jane, per cui lei nutre lo stesso affetto che si
prova verso un animaletto da circo.
Adèle agli occhi di Jane |
Il
film
Non
sono riuscita a trovare da nessuna parte il film del 1996, che tanto mi era
piaciuto ma che, purtroppo, non sono mai riuscita a vedere per intero, così mi
sono affidata al film del 2011.
Non
l’avessi mai fatto.
Sinceramente,
è uno dei film più noiosi che io abbia mai visto. Con tutte le possibilità che
c’erano di renderlo un film avvincente ed emozionante, che ti tiene con il
fiato sospeso, mi vengono a propinare una roba scialba e piatta!
Sicuramente
narrare la storia di Jane e del signor Rochester in una lunga serie di
flashback doveva essere un tentativo per rendere tutto quanto più interessante,
ma devo è miseramente fallito. E come si poteva sfruttare l’esistenza
di Bertha Mason! Apparizioni, urla, inquietanti voci e inspiegabili
avvenimenti; quanto si poteva fare per dare almeno un po’ della curiosità e
dell’apprensione che suscita il libro! Invece… niente. Assolutamente niente.
Bertha Mason appare sullo schermo per circa quindici secondi e non è affatto
quella presenza inquietante che descrive la Brontë nel libro, è una sottospecie
di autistica che anche quando ci prova non fa comunque male ad una mosca.
Gli
attori non mi hanno suscitato niente di che. Il massimo che ho raggiunto grazie
alla loro interpretazione è il disgusto, quando Jane (Mia Wasikowska) piange,
perché corruga il viso in un modo inumano tanto da sembrare un’uva passa.
In
fondo, però, non è colpa loro la cattiva riuscita del film: è colpa del
regista. A lui sì che darei un bel premio:
In
conclusione
Ancora una volta ripeto (forse non me ne
stancherò mai) che è questione di gusti, perché so benissimo che “Jane Eyre” è
considerato un capolavoro. Sinceramente, lo trovo sopravvalutato.
Vi consiglio di non leggerlo se avete
una grave allergia alle Mary Sue perché, per quanto possa sembrare assurdo, una
delle protagoniste più osannate della letteratura inglese, lo è.
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